Marcella ha una piccola libreria, che si trova in uno dei vicoli che si aprono sulla piazza di S. Maria in Trastevere.
Vicoli che respirano storia, vicoli vissuti, descritti dalle parole del grande Trilussa: “Li panni stesi giocano cór vento tutti felici d’asciugasse ar sole: zinali, sottoveste, bavarole, fasce, tovaje… Che sbandieramento![…]”.
E lì nella bottega, della zia Flora, dove una volta le signore del quartiere compravano stoffe e tessuti pregiati, ora c’è lei e i suoi libri.
Dopo la morte della zia, ha ereditato la casa e la bottega, così che dall’Abruzzo, rimasta ormai sola, Marcella si è trasferita a Roma.
Da piccola ci passava mesi interi in città e in quella bottega ore, a divertirsi con scampoli di stoffa a farne vestitini per le bambole.
“Marcella è arrivato il mio libro?” Il professor Astolfi, insegnante di greco in pensione, ogni mercoledì passa dalla sua libreria a comprare o a ordinare un libro.
“Professore, arriva domani. Se non vuole aspettare mercoledì, in serata glielo porto a casa”.
“No, preferisco passeggiare. Voglio godere di questo mite clima primaverile. A domani”.
Quando in libreria non ci sono clienti o inventari da fare, Marcella si immerge nella lettura, la sua passione, motivo per cui ha scelto di trasformare la bottega in libreria.
“ Dovunque mi fossi trovata, sul ponte di una nave o in un caffè di Parigi o a Bangkok, sarei stata sotto la stessa campana di vetro, a respirare la mia aria mefitica“ legge a voce alta, immersa nel libro di Sylvia Plath, La campana di vetro.
“Signorina Marcella!”
Come colta in flagrante, chiude il libro e si alza di scatto dalla sedia.
“Ti ho spaventata?”
“Sei tu!”
“E chi pensavi che fosse?” dice la sua amica Claudia “Volevo ricordarti di stasera, passo da te alle nove e non dirmi di no.”
E’ ora di chiusura.
La casa è il suo rifugio, dove ha portato ogni piccolo oggetto salvato dalla sua vecchia casa, anche il dolore, quello che non si tocca, ma che è sempre lì con lei.
Va sul balcone della camera da letto e si accomoda nella poltroncina, immersa tra piante pensili e rampicanti: si perde nei ricordi, ha in mano la foto dei suoi genitori, una leggera brezza le asciuga una lacrima.
E’ il 6 Aprile, da allora sono trascorse tante primavere e Marcella rinasce ogni volta.
Il rintocco delle campane del cupolone, che si scorge tra platani e qualche albero in fiore, al di là di Ponte Sisto, arriva fin lì.
La profondità del mare è proporzionale alla profondità dei sentimenti e delle emozioni presenti nei miei ricordi.
Il Mare che mi vide bambina.
La sveglia era alle sette del mattino.Che levataccia. A otto anni, dopo nove mesi trascorsi sui banchi di scuola, aspetti luglio e agosto per sonnecchiare, beatamente, tra le fresche lenzuola del lettino che ti accoglie. Invece no! Tocca alzarsi.
“Bisogna respirare l’aria salmastra, ricca di iodio, ne beneficerete tutto l’inverno” diceva mia madre. “Forza in piedi” gridava “Altrimenti arriveremo tardi e il nostro posto, vicino alla riva, sarà preso da altri”.
Appunto, il problema era quello: arrivare in spiaggia prima che tanta gente la affollasse. Malvolentieri, io e mio fratello, più piccolo di me di due anni, indossavamo il nostro costume, pantaloncini e maglietta, la mamma prendeva le sue borse cariche di asciugamani, creme e unguenti vari, e soprattutto… i panini e via di corsa al mare.
Già il panino… il suo sapore, chi lo dimentica.
Dopo aver sguazzato, nuotato e schizzato acqua fino ad avere le mani raggrinzite, la mamma ci aspettava sotto l’ombrellone e noi lì a ricevere in premio il nostro amato panino. Gustarlo fino all’ultimo boccone, seduti sulla sdraio a guardare il mare piatto, trasparente e il sole che lo accarezzava
Dolci ricordi che porterò sempre con me.
Il Mare che fu spettatore della prima delusione d’amore.
Avevo sedici anni e una sera di fine agosto avevamo organizzato con gli amici un falò sulla spiaggia e il bagno a mezzanotte.
Tra noi c’era un ragazzo che mi piacera, ma non riuscivo a capire se io piacessi a lui. Era gentile, carino con me, ma sfuggente. Avevo deciso che quella sera volevo capirne di più. Al tramonto eravamo tutti lì, seduti in riva al mare ad aspettare che il sole sparisse all’orizzonte.
Che calma si prova ad ammirare tanta bellezza. L’ultima calda luce del giorno che si cala nelle acque del mare, donandogli un arcobaleno di colori, l’unione di due forze che ferma il tempo.
Girai lo sguardo verso il ragazzo, cercando i suoi occhi, per condividere quel momento speciale: le sue braccia circondavano le spalle di una ragazza, ed io capii.
“Ma guarda intorno a te che doni ti hanno fatto: ti hanno inventato il mare “ cantai!
Aspettammo l’alba: la spiaggia deserta, il mare calmo, l’aria fresca del mattino, il giorno che nasce e l’estate che finisce.
Il Mare che sa essere crudele.
Quell’inverno era stato molto piovoso, avevo vent’ anni, e studiavo all’università. Lettere era la facoltà che avevo scelto e stavo preparando un esame.
Quella sera, seduta alla scrivania nella mia stanza, non riuscivo a concentrarmi.
Fuori c’era il diluvio, e guardando al di là della finestra, il mare sembrava impazzito, la forza potente con la quale infrangeva le sue onde sul porticciolo era spaventosa.
Il cielo, un manto nero schiarato solo da lampi e fulmini.
”Piove senza rumore sul prato del mare… “ recita Pavese, ma quella sera il rumore si fece sentire, eccome si fece sentire, tanto da restare svegli tutta la notte.
Dipinto diPeter Graham
Al mattino dopo, la rabbia del mare si era placata, ma i danni non si contavano.
Il porto, le strade che lo raggiungevano erano un ammasso di fango e sassi.
Quanto dolore provocò a quei pescatori che videro le loro barche distrutte, la pesca, unica ricchezza dalla quale riuscivano a trarre sostentamento, quel giorno s’era fermata.
La gente di mare c’è abituata, i pescatori lo sanno benissimo. Partono prestissimo, col buio, e ritornano quando la città si sveglia. Si apprestano a solcare quel mare, nella speranza di tornare con il pescato. Si allontanano lentamente, silenziosi, con le loro barche, in quel mare che si unisce al nero del cielo, in cui si scorge solo il luccichìo delle lampare.
I pescatori li riconosci subito: la pelle del viso cotta dal sole, le mani grandi, gonfie, raggrinzite dall’acqua di mare. Uomini e mare una sola identità.
“È durante la tempesta che conosciamo il navigatore.” canta Seneca.
I “navigatori” della mia città furono degli eroi, seppero rialzarsi e ricominciare, come hanno sempre fatto, e a dimenticare quella terribile notte di fine febbraio.
Il Mare che mi ha vista felice.
Avevo programmato quella vacanza dal mese di Aprile: una settimana a Capri con le mie amiche. Ai primi di Luglio si parte.
Il traghetto che ci portava all’isola impiegò quasi due ore per raggiungerla, ma il viaggio fu meraviglioso.
Lo scenario che si presentò ai nostri occhi era quasi irreale: la costiera amalfitana ricca di bellezze naturali, le sue scogliere a picco nel mare blu, che gli fanno da palcoscenico, le case una tavolozza di colori. Una visione mozzafiato, sembrava di essere in un dipinto di Peter Graham, nei suoi paesaggi marini.
Dipinto di Peter Graham
Eccola Punta Campanella, col suo faro e la torre, l’estrema propaggine della Penisola Sorrentina, che guardava l’isola di Capri.
La storia narra che la torre serviva per avvistare le navi dei pirati e una campanella, posta in cima ad essa, suonava l’allarme in caso di pericolo: da qui il nome.
Sentivo solo il rumore dei motori del traghetto e il mare che si apriva al suo passaggio.Onde altissime che raggiungevano le mani protese a toccarle.
Un mare azzurro, profondo, potente. Un mare immenso che non puoi recintare.
In lontananza apparvero i tre isolotti dell’arcipelago Li Galli, sui quali, secondo la mitologia, avevano vissuto le sirene dell’ Odissea: Partenope, Leucosia e Ligia. Si racconta che il loro canto magico ammaliasse i marinai causando il naufragio delle loro navi, schiantandosi sulle rocce degli isolotti. Ma Ulisse, come ci ricorda il mito, scampò al triste destino.
Eccoli, finalmente, i Faraglioni, i fari dell’isola di Capri. Li attraversammo, due masse potenti di roccia si ergevano su di noi. La grandiosità di quell’immagine lascia senza respiro.
Giungemmo al porto, prendemmo la funicolare che ci portava da Marina Grande su a Capri.
Era già sera quando arrivammo in albergo,il tempo di fare una doccia, mangiare, cambiarci e fare una passegiata nelle stradine affollate dell’isola.
Al mattino una colazione veloce e di corsa al mare.
Ci incamminammo per i vicoletti e le scale, che portavano giù a Marina Piccola, per raggiungere il mare. Il bianco delle case, il profumo dei gelsomini inarpicati sui muri, le cascate di bouganville che facevano da cornice alle stradine, le limonaie che emanavano il loro acre profumo, un sogno ed io lo stavo attraversando.
Finalmente in acqua. Ebbi la sensazione che quel mare mi stesse abbracciando. Lo lasciai fare, mi feci trasportare lontana. Chiusi gli occhi, ero in pace, ogni pensiero svanì e alzando lo sguardo un’immensa massa rocciosa mi fronteggiava impetuosa: era l’isola.
Le sensazioni che provai in quei giorni non mi abbandoneranno mai.
“Capri non puoi vederla se non l’hai sognata prima. Solo così può apparirti ancora come il luogo mitico dove la natura incontra la bellezza.” Raffaele La Capria e come darti torto.
Mare, ora sono lontana, il lavoro mi trattiene, non ti respiro, ti sogno, ti vivo attraverso i ricordi, tante foto mi fanno compagnia quando la nebbia e la frenetica vita della città, che mi ha accolta, mi soffoca: ritornerò.
Il Mare: la mia sostanza, la mia casa.
Racconto pubblicato nell’antologia ” Storie di mare e orizzonti” a cura di Culturalfemminile, edito da Gli scrittori della porta accanto.
“Una mail non può contenere l’alone di una lacrima”
Josè Saramago
Le lettere il lietmotiv di questo libro, non l’icona che appare sul pc o sul cellulare di una nuova mail o di un nuovo messaggio, ma una busta che il postino lascia nella cassetta delle lettere. Appunto, il postino è quello che ha animato l’inverno della piccola cittadina spagnola di Porvenir.
Ma a cosa serve un postino in un mondo in cui non si scrivono più lettere? Un mondo in cui gli Sms, le mail e whatsapp hanno avuto la meglio anche in questo paesino arroccato tra le montagne.
Sara il postino di Porvenir rischia di essere trasferita da quella cittadina che l’ha vista crescere e dove ora crescono i suoi tre figli, perchè , per mancanza di lettere, l’ufficio postale rischia di essere chiuso.
Ma la sua vicina di casa Rosa, che ha visto Sara bambina, non si dà per vinta. Innesca una catena di lettere spedite senza mittente, col solo indirizzo. Mittenti e destinatari ignorano le rispettive identità, eppure decidono di partecipare a quel “gioco” nato per solidarietà, forse un pizzico di egoismo, ma anche per tanto amore.
La vita di ognuno di loro viene stravolta: c’e l’urgenza di aiutare una donna a salvare il proprio posto di lavoro, ma è anche l’occasione per raccontarsi, per chiedere scusa a qualcuno, ad aprire il cuore per dichiarare sentimenti mai espressi, scrivere di sogni, del passato o di ciò che desiderano per il futuro.
Chi sono le persone che in un freddo inverno hanno cambiato la vita tranquilla, ma noiosa, di Porvenir?
Rosa, un’ottantenne nostalgica che coraggiosamente ha dato vita a quella catena epistolare; Alma, giovane poetessa fuggita da una famiglia che non la sostiene nel suo sogno; una semplice donna dedita alla famiglia e amante della cucina; una peruviana che ha dovuto abbandonare nel suo paese i figli per riuscire a mantenerli, facendo pulizie; Alex, un giovane che aveva tanti sogni, il primo quello di lasciare Porvenir, ma che la vita lo ha costretto a rinunciarci. E tanti altri personaggi che nella scrittura hanno trovato il modo di riscoprire il senso di comunità e di appartenenza: mi piacerebbe che foste voi a scoprirli…
Ángeles Doñate è nata a Barcellona si occupa di insegnamento e comunicazione istituzionale nell’ambito del sociale e questo è il suo primo romanzo.
Il club delle lettere segrete è un libro che man mano cresce in gioia e solarità, nella speranza che un piccolo gesto possa far cambiare il mondo: il piccolo mondo femminile, visto che soprattutto le donne sono le protagoniste di questo romanzo. Donne capaci di cadere e rialzarsi, di darsi e di dare una seconda possibilità.
Tante citazioni famose di scrittori e poeti del passato sono presenti in questo romanzo e
c’è sicuramente un incitamento a ritornare alla scrittura, quella “antica” con carta e penna.
“ [… ] Scrivi una lettera. Non importa che sia lunga o scritta bene. Mandala a un’altra persona del paese. Anche se non la conosci, condividi con lei alcuni minuti della tua vita. Formiamo una catena di parole così lunga da arrivare fino in città, e così forte che nessuno possa spezzarla.”
Per chi ha voglia di una lettura semplice e leggera, di una lettura che fa sorridere e sognare, per chi crede nella forza delle parole e per chi cerca una storia d’amore dolce, ma non stucchevole “Il club delle lettere segrete” è il libro che corrisponde a tutto questo.
La XXVI edizione 2022 del VICENZA JAZZ FESTIVAL apre le porte ad artisti internazionali dall’11 al 20 maggio e con una edizione estiva che si terrà dal 14 al 17 luglio.
Il Festival internazionale ritorna in Live con nomi prestigiosi della musica jazzistica e globale.
Protagonista è il Jazz, in tutte le sue sfumature, ma si alterneranno interessanti e diversificati eventi culturali per promuovere la città di Vicenza e tutto il suo territorio.
Un programma ambizioso, con produzioni originali, un cartellone vasto e vario di concerti finalizzati a mettere in rilievo le molteplici e affascinanti sfaccettature e contaminazioni del jazz.
Artisti affermati, nazionali ed internazionali, e tante donne, tra cantanti e musiciste, saranno in scena nei luoghi più simbolici del Vicentino: da Bill Frisell a John Scofield, Joe Lovano( in trio con la pianista Marilyn Crispell e la batterista Carmen Castaldi), Avishai Cohen, Richard Bona con Alfredo Rodriguez, David Murray, John Surman, pianista armeno Tigran Hamasyan, il ritorno dei Doctor 3(ovvero Danilo Rea, Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra), Enrico Rava con Fred Hersch, Maria Pia De Vito, Ada Montellanico, voce di riferimento nel panorama jazzistico italiano. Tanti altri nomi altisonanti prenderanno parte a questa Rassegna internazionale.
Joe Lovano
Non solo i Teatri, gli artisti avranno come palcoscenico, ma anche locali, palazzi antichi, chiese, musei, cinema, librerie e, le strade e le piazze del centro storico si riempiranno di coinvolgenti street band.
Evento particolarmente importante del Festival vicentino è l’omaggio a una delle figure più rilevanti della storia della musica afroamericana, Charles Mingus, per i suoi 100 anni. La sua musica sarà la colonna sonora di una numerosa serie di concerti ed eventi.
A sostegno dei giovani musicisti emergenti del territorio, con proprie produzioni discografiche, ci sarà la rassegna “Proxima”, curata in collaborazione con l’associazione Bacàn.
La prima serata del Festival si apre con la Semifinale “Olimpico Jazz Contest”, che vedrà protagonista il “Furio Di Castri Quintet” presso l’Auditorium Fonato di Thiene; Contest giunto alla sua seconda edizione, in cui si confronteranno voci nuove del panorama musicale europeo.
Il Vicenza Jazz Festival dopo maggio da appuntamento agli appassionati del “genere”, con una serie di “eventi collaterali”, dal 14 al 17 luglio: un Festival nel Festival.
Vicenza Jazz Festival chiuderà questa edizione di maggio e luglio 2022, ricchissima, con Vijay Iyer, uno dei solisti che stanno definendo più chiaramente i contorni del pianoforte jazz contemporaneo.
Il festival New Conversations Vicenza Jazz 2022 è promosso dal Comune di Vicenza in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, in coproduzione con Trivellato Mercedes Benz (azienda protagonista del festival fin dall’inizio, grazie alla passione e all’impegno di Luca Trivellato), con Aquila Corde Armoniche di Vicenza come sponsor e Acqua Recoaro come sponsor tecnico.
Ma di tutto questo e tanto altro ce ne parlerà il Direttore Artistico della kermesse RICCARDO BRAZZALE.
Riccardo Brazzale
Culturalfemminile lo ha incontrato:
Caf: Vicenza Jazz è giunto alla 26a edizione. Chiedo al direttore artistico Riccardo Brazzale quando e come nasce il Festival Internazionale.
“New Conversations Vicenza Jazz” nasce nel 1996, dopo alcuni anni di test. Nasce per la compresenza in città, in quegli anni, di alcuni stake holders appassionati e determinati: fra questi, il sottoscritto, allora consulente musicale dell’assessorato alla cultura del Comune di Vicenza, quindi l’allora assessore Francesca Lazzari e poi alcuni imprenditori fra cui l’attuale coproduttore Luca Trivellato, la cui azienda compie cent’anni nel 2022 come Mingus e Kerouac. Fu una scommessa incredibilmente vinta quasi subito per aver saputo portare una musica così votata ai nuovi linguaggi nei luoghi e nei templi palladiani, primo fra tutti il Teatro Olimpico, il più antico teatro coperto al mondo.
Caf: Ci sarà un tributo a una figura storica della musica afroamericana, quella di Charles Mingus: quali sono gli eventi a lui dedicati?
Ce ne saranno molti. Ricordo almeno i progetti in quintetto e in solo di Furio Di Castri, quello in duo di Salvatore Maiore ma soprattutto quello dei rinati Doctor 3 “Mingus Three” e una vera e propria produzione quale quella pensata dal sassofonista David Murray che, con l’altro tenorista Shabaka Hutchkings, rileggerà in prima assoluta una storica pagina mingusiana come “Pithecanthropus Erectus”.
Caf: Come si riesce a far convivere il jazz puro, con tutte le sue commistioni musicali, e la cultura jazzistica afroamericana?
È la vera, autentica vitalità del jazz, di ieri e di oggi, una musica che è sempre stata, sin dalla nascita, una musica di sintesi per antonomasia, una musica di incontri, musicali e culturali, una musica che non teme e anzi cerca le diversità. Oggi, e oramai da tanti anni, si fa jazz di grande qualità tanto nelle Americhe che in Africa, nell’Europa del nord e nell’Asia orientale. Anzi, a ben vedere, è lo stesso melting pot americano che è sempre più colorato di diversità culturali ed etniche, con provenienze da ogni dove. E in fondo è così anche in Italia e in Europa, dove lo scambio e la condivisione, non solo in musica, fanno parte della quotidianità. C’è da tempo una musica autenticamente globale, che vive tanto di ritmi nordafricani che di melopee indonesisane, di polimetrrie balcaniche e di melodie mediterranee, all’interno della quale il jazz si trova perfettamente a suo agio, perché avvezzo sin dai primi decenni del secolo scorso a confrontarsi con le culture più diverse.
Caf: Oltre ai tantissimi concerti in programma, Vicenza Jazz Festival prevede anche un contest: di che si tratta?
Quest’anno siamo alla seconda edizione di un concorso, l’Olimpico Jazz Contest, che il coproduttore Trivellato ha voluto dedicare ai giovani under 30, sia strumentisti che compositori. Per questo 2022 era inevitabile che il concorso fosse dedicato a Mingus, quindi ai contrabbassisti e ai compositori. I candidati provengono da varie parti d’Europa: è già questo un piccolo successo che fa ben sperare per il futuro di questa musica. La giuria ha selezionato i giovani che saranno protagonisti di semifinali e finali delle diverse sezioni.
Caf: I concerti saranno alternati e affiancati da eventi culturali di natura diversa?
Certamente. Ne cito solo alcuni. Vi saranno presentazioni di libri, come quello a fumetti di Flavio Massarutto, seminari, come quelli del contrabbassista Ares Tavolazzi e del musicologo Maurizio Franco, proiezioni di film in prima nazionale, come. in lingua originale e in italiano, “Gli Stati Uniti contro Billie Holiday”. Ma anche eventi concertistici in luoghi non convenzionali: i musei (ricordo il quartetto d’archi della contrabbassista Federica Michisanti), le chiese e persino il cimitero monumentale, dove si esibirà la cantante Ada Montellanico, con un progetto ad hoc. In realtà, le donne saranno molto presenti a Vicenza Jazz: oltre alle citate, vorrei ricordare almeno Maria Pia De Vito per il particolare progetto con Enrico Rava e Fred Hersch e poi il trio del sassofonista Joe Lovano con Marilyn Crispell al pianoforte e Carmen Castaldi alla batteria.
Caf: Dall’Emilia Romagna al Veneto, in cui le origini musicali sono ben diverse, il jazz è il protagonista assoluto dei noti festival internazionali che vi si organizzano: cosa ne pensa?
L’Italia, in generale, si è sempre caratterizzata per la vitalità di moltissimi centri, anche non metropolitani, con una maggiore capillarità di iniziative e attività culturali decentrate e diffuse, al di là di quanto succede nelle città capitali. È una situazione che non ha paragoni all’estero e che si riflette anche nel panorama jazzistico. In particolare, va sottolinerato che il nord-est italiano vive da anni una felice congiuntura anche in campo jazzistico, in particolare fra Emilia e Veneto, quantunque per motivi diversi: in Emilia, storicamente, vi è una certa attenzione allo sviluppo delle attività culturali; in Veneto ha giovato molto sia l’attività accademica, molto sviluppata, dei conservatori e delle università e sia, nel bene e nel male, l’esistenza di una sorta di grande città metropolitana diffusa, che unisce le attività produttive a quelle culturali. E il jazz, indubbiamente, è parte di tutto questo, avendo trovato vita anche nei tantissimi locali, bar ristoranti che fanno musica, ovunque, persino nei centri piccoli.
Grazie al Direttore Artistico per averci dedicato un po’ del suo tempo illustrandoci, oltre agli eventi musicali, quanto lavoro e passione c’è dietro ad una kermesse di tale portata.
Ringrazio Daniele Cecchini dell’ufficio stampa per la sua disponibilità e, intanto, per chi volesse vivere momenti musicali unici, vi lascio il Link da poter consultare con le date dei Concerti e degli eventi che si terranno al Vicenza Jazz Festival 2022: https://www.vicenzajazz.org
In un momento storico così tragico e difficile voglio, con questo articolo, regalarvi un po’ di leggerezza. Vi porto nel magico mondo della Disney, in castelli fatati e immagini sognanti, tra regine e principesse, vi racconto le loro storie, il loro essere donne e ascolterete le loro voci.
La Walt Disney Company ha regalato al suo pubblico, fin dalla sua nascita nel 1923, una serie infinita di personaggi straordinari e molte rivoluzioni nel mondo dell’animazione, e non solo. Tra questi regali l’aver dedicato fin dal suo primo lungometraggio, quasi sempre, il centro delle proprie storie ad una protagonista femminile.
Da Biancaneve a Frozen la storia della Walt Disney è ricca di avventure, amori, amicizie valorizzate dalle canzoni create ad hoc per entrare nel cuore dei fan.
Canzoni indimenticabili che resteranno con noi per sempre e che per un attimo ci fanno tornare bambini, rendendo le canzoni e i suoni dei suoi film unici e riconoscibili.
Chi compone musica d’animazione lo sa bene: ogni nota è studiata per il singolo movimento del personaggio o dell’ambiente.
Il valore iconico delle canzoni disneyane è talmente forte che spesso è proprio quel dettaglio che rimane nella testa e nei ricordi delle persone.
Diventare adulti significa anche dimenticare qualche passaggio narrativo, ma ricordare perfettamente le parole della canzone del film Disney che abbiamo ascoltato per diversi anni durante l’infanzia.
Leggete, chiudete gli occhi, ascoltate e sognate…
BIANCANEVE Il nome Biancaneve significa “con la pelle bianca come la neve”.
Biancaneve
Dolcissima, bellissima e soave, Biancaneve non canta solo come un usignolo, ma con gli usignoli. Si fa amare da tutti: uomini, donne, bambini, animaletti, nani misantropi e un principe; solo l’altera regina cattiva la odia tanto intensamente da perderci la ragione. Biancaneve, principessa per diritto di nascita, incarna il modello disneyano classico.
Buonissima e paziente, sopporta gli strali del destino anche quando infierisce di più: da erede al trono finisce a fare la servetta per sette rudi minatori, mentre gli attentati alla sua vita si susseguono. Tutti, meno lei stessa, si prodigano per la sua sopravvivenza finché la deliziosa e inopportuna ingenuità della fanciulla la conducono alla morte, apparente.
Simbolo dell’eterno femminino (definizione felicemente concepita da Wolfgang Goethe), creatura dalla presenza quasi impalpabile, verso la quale qualsiasi pensiero carnale appare sacrilego: Biancaneve è l’indifesa per eccellenza, proteggerla è una missione da tramandarsi: prima il padre, poi i nani, infine il principe.
La sua bontà e la sua innocenza sono adorabili, ma la sua pura passività non è un grande esempio per le piccole donne che crescono.
CENERENTOLA Cenerentola è la forma italiana del nome Cinderella, che deriva dal francese Cendrillon e che significa “fanciulla delle ceneri, fanciulla tra le ceneri”.
Cenerentola
Disney sceglie la favola di Charles Perrault e, come è ormai nel suo stile, alla giovane orfana vessata dalla matrigna e dalle sorellastre, affianca una schiera di animaletti parlanti che la aiutano a trasformare i suoi sogni in realtà.
“Un sogno svelato non si avvera più”, perché dopotutto “i sogni son desideri”. Le parole di Cenerentola che si rivolge ai suoi amici uccellini al risveglio del mattino, apre ad una delle più iconiche canzoni Disney. I sogni son desideri,da un lato, è uno scacciapensieri per la protagonista, costretta a lavorare come sguattera per la matrigna e le sue sorellastre; dall’altro un accorato inno alla libertà di sognare un futuro migliore, nonostante il triste presente.
Walt Disney sceglie la favola diCharles Perraulte, come è ormai nel suo stile, alla giovane orfana vessata dalla matrigna e dalle sorellastre, affianca una schiera di animaletti parlanti che la aiutano a trasformare i suoi sogni in realtà. Cenerentola diventa un classico dell’animazione insieme al castello disegnato per il film, ispirato a quello di Ludwig, il castello di Neustwanstein in Baviera, che diventa il simbolo della Disney ed è in seguito realizzato a grandezza naturale nel Walt Disney World in Florida.
La fiaba ha come tema il riscatto di Cenerentola, aiutata dalla Fata madrina, una creatura in grado di regalarle una serata magica con il tocco della sua bacchetta. Ma è la scarpetta di cristallo a cambiare per sempre la vita della fanciulla.
Il successo del film è dovuto anche alla colonna sonora e le canzoni di Cenerentola, tra cui “I sogni son desideri”e “Questo è l’amor”.
AURORA Aurora deriva dal sabino Ausel, nome di una divinità solare romana corrispondente alla dea greca Eos, ed ha il significato di “luminosa, splendente”.
Aurora
La bella addormentata nel bosco è stata ampiamente rivalutata nel corso dei decenni, considerata una delle produzioni di punta all’interno dei Classici Disney.
Versione molto libera della fiaba di Charles Perrault, La bella addormentata nel bosco musicalmente è soprattutto ricordata per il canto della giovane Aurora nel bosco, al quale si aggiunge improvvisamente il principe Filippo, con la canzone “Io lo so”.
La musica, come gran parte dei temi musicali, è presa dal balletto La bella addormentata nel bosco di Ciajkovskij.
Aurora rappresenta, se possibile, un’involuzione rispetto a Biancaneve e Cenerentola.
La sua breve vita è in balìa delle decisioni del prossimo: viene maledetta per colpa dei familiari incauti, murata in casa per tutta la vita nella speranza di scongiurare il maleficio.
La principessa Aurora si distingue per il suo temperamento, venendo rappresentata in modo malizioso e meno docile rispetto alle già citate Cenerentola e Biancaneve.
ARIEL Il nome Ariel deriva dall’ebraico e significa “leone di Dio”, nell’Antico Testamento è anche uno dei nomi della città di Gerusalemme.
Ariel
La sirenetta Ariel dai capelli rosso vivo è la più giovane delle sette figlie di Re Tritone. Ha una grande passione per il mondo degli umani e vorrebbe poter vivere sulla terraferma.
In un ipotetico podio delle canzoni disneyane più conosciute al mondo, probabilmente non mancherebbe mai “In fondo al mar”.
Innamorata dell’aitante Eric, Ariel sogna una vita fuori dalle acque del mare. Sarà proprio con questa canzone che Sebastian cercherà di convincerla che in fondo al mar non si sta poi così male.
Grande successo di pubblico e critica per La sirenetta e per questa canzone, che vinse il premio Oscar, il Golden Globe nel 1990 e un Grammy Award nel 1991.
Anche se non è umana, è anche lei una principessa. Ci sono voluti trent’anni per imbattersi finalmente in una principessa Disney animata dalla ribellione, dalla curiosità e dallo spirito giovanile.
La Sirenetta si fa valere anche senza voce: la baratta con un paio di gambe umane che l’irresistibile furfante Ursula le dona; sebbene muta risulti più assertiva delle principesse classiche, tanto da conquistare l’amato nonostante l'”handicap”. Disubbidisce agli ordini dei genitori, è cocciuta e per fortuna non si dissolverà in spuma di mare: il lieto fine disneyano è inevitabile.
Ariel rappresenta, in ogni caso, un grandissimo passo avanti rispetto ad Aurora, per spirito di ribellione, intraprendenza e sprezzo del pericolo.
Belle deriva dall’aggettivo latino bellus e significa “bella, graziosa”.
Belle
La passione di Belle, la ragazza più bella del villaggio, è quella di leggere e poter vivere le avventure narrate nei suoi libri. È una ragazza molto coraggiosa, altruista e riesce a vedere oltre le apparenze.
Una delle sequenze più romantiche del cinema d’animazione disneyano è coronata dalla splendida canzone omonima del titolo, cantata dal personaggio di Mrs. Bric e magnificamente interpretata da Angela Lansbury.
I testi di Howard Ashman sono un riassunto perfetto della relazione tra la giovane Belle e la Bestia, sfociata in un amore capace di sfidare l’impossibile.
La canzone de “La Bella e la Bestia” ebbe un successo clamoroso in tutto il mondo, suggellata dalla vittoria del premio Oscar 1992 alla miglior canzone.
Belle non è una principessa per diritto di nascita, ma è colta, finora di eroine Disney con un libro in mano se ne sono viste poche. La passione di Belle per le storie fantastiche, unita al suo status di emarginata, le hanno lasciato il desiderio di una vita avventurosa fuori dal suo piccolo villaggio. Non è sola graziosa è anche coraggiosa, tanto da sacrificarsi per il benessere del padre consegnandosi al suo posto alla spaventosa Bestia.
Belle è un’icona in cui si immedesimano tutte le donne che amano leggere perché è capace di interpretare i loro valori: l’amore per i libri e la cultura, l’ambizione di veder realizzati i propri sogni, la tenacia e la testardaggine senza però mai rinunciare alla propria femminilità e alla dolcezza.
POCAHONTAS Il nome Pocahontas significa “giocosa”.
Pocahontas
E’ una principessa Algonquin, figlia del capo Powhatan, vive la sua vita rispettando la natura e gli animali, ma non sa ancora quale sia la sua strada.
E’ un rinfrescante esempio di bellezza femminile che rompe i canoni occidentali, riuscirà a dimostrare che l’amore è più forte dell’odio.
È la prima principessa a non avere un referente nelle favole bensì nella realtà: purtroppo la vera Pocahontas era una ragazzina indiana finita tra le grinfie dei coloni inglesi che la portarono in Inghilterra e la sfoggiarono come un fenomeno da baraccone finché non morì giovanissima.
Pocahontas è una ragazza forte, rispettata dai suoi cari, disposta ad agire per difendere quello in cui crede, in questo caso un affascinante ragazzo britannico, questa volta privo di nobili natali.
Come Ariel e Belle, dimostra frequentemente di sapersi confrontare con chi vuole abusare di lei, è sveglia e intelligente.
Conosciuta maggiormente in Italia anche con il titolo inglese ” Let It Go / All’alba sorgerò” lo straordinario successo mondiale di “Frozen – Il regno di ghiaccio” è dovuto in buona parte anche all’incredibile canzone cantata dalla regina Elsa.
Elsa e Anna
Ispirata alla fiaba di Hans Christian Andersen, la trama di Frozen racconta la storia di due principesse sorelle, Elsa e Anna, costrette a gestire i grandi poteri magici di Elsa, anche dopo la scomparsa dei genitori.
Elsa è una principessa che, nell’esatto momento in cui viene incoronata si ritrova nella schiera delle sovrane cattive della Disney. Come Grimilde o Malefica, è dotata di poteri spaventosi e non ha interesse amorosi, mentre Anna è una principessa ingenua. Quest’ultima viene presentata con tutti i crismi delle suddette: rimane orfana in giovane età, soffre in silenzio quando la sorella la allontana inspiegabilmente, si innamora di un principe, che si rivelerà un mascalzone imbroglione e perfido. Anna è soggetta a una sensibile evoluzione nel corso della pellicola: il suo è un percorso di formazione che la aiuta a prendere le distanze dalle prime principesse e a emanciparsi: per salvare la sorella, considerata una regina cattiva, intraprende un viaggio avventuroso.
Elsa non è cattiva, è un’outsider e può essere considerata alla stregua di Grimilde in quanto ostacola le velleità di principessa classica di Anna.
E’ presente una relazione protettiva e sicura tra le due principesse, le quali si differenziano per la vivacità, noncuranza delle regole e iperattività di Anna da un lato e per la posatezza di Elsa dall’altro.
Le due, insieme rompono definitivamente gli schemi, sfumando i confini tra eroina e antagonista.
La XXIII Edizione 2022 di Crossroads ha avuto inizio il 4 marzo e proseguirà fino al 24 luglio.
Noa
Saranno 20 i Comuni dell’Emilia Romagna che faranno da palcoscenico a più di 60 concerti.
Protagonista è il Jazz, in tutte le sue sfumature: dal jazz puro che si fonde con la classica cosiddetta “colta”, dal mainstream di matrice afroamericana alle avanguardie europee, dal jazz gitano alla fusion, dallo swing agli ibridi linguaggi musicali attuali.
Il programma è vasto e vario, come diversi saranno i luoghi in cui gli artisti si esibiranno.
Un vero e proprio viaggio con la musica alla scoperta di posti mai preposti prima ad accogliere eventi musicali di tale portata.
Crossroads è un’ iniziativa musicale e culturale ad ampio raggio che offre quattro mesi di alta intensità jazzistica.
Sono oltre 450 i musicisti che prenderanno parte a questo lungo Festival: artisti affermati, nazionali ed internazionali, ma anche giovani proposte, e tante donne, tra cantanti e musiciste.
I principali jazzisti italiani, Paolo Fresu, Enrico Rava, Fabrizio Bosso, Javier Girotto, cosiddetti artisti residenti, che nel corso degli anni hanno proposto e condiviso innumerevoli progetti musicali, si esibiranno da solisti e duetteranno con artisti di caratura internazionale. Affiancheranno voci, parole e ricordi di artisti come Lucio Dalla e Fabrizio De Andrè.
Enrico Rava & Fred Hersch
Tanti saranno i musicisti internazionali di provenienza europea e americana, e tante le voci femminili del “nostro” jazz, tra le altre Tiziana Ghiglioni, Maria Pia De Vito, Lisa Manara.
Molti gli omaggi dei tanti magnifici gruppi musicali ospiti ad altrettanti grandi musicisti.
Al festival Ravenna Jazz, che si terrà dal 4 al 13 maggio, ritroveremo gli artisti residenti, il cui programma confluisce nel cartellone della Rassegna e nella seconda metà di maggio Crossroads sarà in pianta stabile a Correggio: possiamo definirlo un festival nel festival.
La Rassegna è un viaggio nella storia del Jazz che attraversa i continenti giungendo nei Teatri e nelle sale delle città e dei paesi dell’Emilia Romagna, in cui i concerti dal vivo daranno vita ad eventi memorabili e, si spera, restituiscano socialità e condivisione di emozioni.
Fabrizio Bosso
Crossroads 2022 è organizzato da Jazz Network in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia Romagna, con il sostegno del Ministero della Cultura e di numerose altre istituzioni, e con il patrocinio di Anci Emilia Romagna.
Direttrice artistica di Croassroads èSANDRA COSTANTINI e Cultura al Femminile l’ha incontrata:
Cf: Crossroads è giunto alla 23a edizione. Chiedo alla direttrice artistica Sandra Costantini quando e come nasce questa Rassegna che coinvolge l’intera Emilia Romagna.
Crossroads è nato nel 2000, allora coinvolgeva quattro città capoluogo: Bologna, Ravenna, Reggio Emilia e Modena. Anno dopo anno il festival si è esteso sul territorio regionale, fino a comprendere ad ogni edizione più di 20 località dell’Emilia-Romagna, dai grandi centri ai piccoli paesi, di solito ignorati dai circuiti culturali, per un totale di oltre 60 concerti. Oggi tutte le province vi sono rappresentate, e portare il jazz di qualità specialmente in località periferiche e decentrate continua ad essere missione prioritaria per la nostra associazione Jazz Network, che si assume il cosiddetto “rischio culturale”. La trasversalità, la ricchezza del molteplice, la ricerca del nuovo sono l’anima del festival: così come gli artisti delle più varie generazioni spaziano dalle star acclamate ai giovani emergenti, provenienti da ogni parte del mondo, e le proposte artistiche si estendono dalla tradizione all’avanguardia alla commistione con altre musiche, anche i luoghi che ospitano gli eventi vanno dai teatri classici ai moderni auditorium, dai club alle chiese sconsacrate, dai cortili di chiostri alle corti, ai centri giovanili…
CF: Cosa c’è dietro alla programmazione e alla preparazione di un Festival così articolato e diversificato?
Un grande lavoro, a cominciare da una continua tessitura di rapporti, ogni volta rinnovati, con tutti i partner di Crossroads: non solo le istituzioni locali, i Comuni delle varie località ma anche altre associazioni operanti sul territorio (che gestiscono club e locali), alcune fondazioni… Poi, non secondaria, la stesura del programma, con ogni concerto pensato per ogni luogo diverso, la complessità degli “incastri”, tra la disponibilità degli artisti e quella delle sedi in cui si vuole farli esibire… Si inizia non per nulla l’anno prima, e non si finisce mai…
CF: Dal programma leggo che Crossroads 2022 non è solo un viaggio musicale nella cultura Emiliana e Romagnola. Cosa si prevede?
L’Emilia Romagna è la terra dei granducati: un territorio così vario e ricco di particolarità, che andare a un concerto vuol dire anche scoprire angoli di una bellezza inimmaginabile, architetture affascinanti, panorami suggestivi, cibi e vini caratteristici di straordinaria qualità…
CF: All’interno del cartellone ci sono nomi altisonanti del jazz italiano, americano ed europeo, generazioni a confronto, ma leggo, soprattutto, con piacere che c’è un’alta presenza di donne.Questo vuol dire che le donne hanno fatto proprio un linguaggio che fino a qualche tempo fa era prerogativa maschile? Cosa ne pensa?
Sì, le donne stanno entrando sempre più in questo mondo un tempo riservato quasi esclusivamente ai soli uomini, sia da protagoniste sui palcoscenici (sono molte e brave le artiste, non solo cantanti ma anche strumentiste e compositrici!), sia come spettatrici, sempre più assidue fra il pubblico. Direi che è un ottimo segno, ed è indubbiamente interessante veder arricchire la scena improvvisativa di una prospettiva femminile. Il jazz ne guadagna, così come il nostro ascolto.
CF: I concerti saranno alternati o affiancati da eventi culturali di natura diversa?
Alcune attività collaterali accompagneranno gli eventi concertistici, da presentazioni di libri a vari workshop, seminari e guide all’ascolto…
A Imola in marzo, sotto il titolo “Tra Jazz e Fumetto”, Vanni Masala presenterà il suo libro “Le muse del jazz. Storie e misteri di 68 personaggi femminili che hanno ispirato le composizioni più belle”, mentre Flavio Massarutto parlerà del suo “Mingus”.
Nella prima metà di maggio, protagonisti dei classici workshop ravennati di “Mister Jazz” saranno tre docenti d’eccezione: il chitarrista Roberto Taufic (“Jazz & Brasile”), il batterista Roberto Gatto (“Ritmi & colori del tempo”) e l’illustre fotografo Roberto Masotti (“Jazz Photos @live&studio, variazioni sul tema”). Sempre a Ravenna, a conclusione di vari incontri-laboratori dell’iniziativa didattica “Pazzi di Jazz”, si terrà il 9 maggio (inserito nel programma di Ravenna Jazz) il concerto finale che coinvolge un imponente organico di giovanissimi tra orchestra e coro, diretti da Tommaso Vittorini autore degli arrangiamenti, a esibirsi sul palco coi propri maestri: Enrico Rava, Mauro Ottolini e Alien Dee.
Nella seconda metà di maggio, a Correggio sono previsti i seminari intensivi “On Time”, quattro giornate con molteplici laboratori, sia per strumento che di musica d’insieme e a tema, tenuti da otto docenti, con incontri nelle scuole, jam session nei locali e nelle vie cittadine, commissione nuova opera e concerto finale in teatro con allievi e insegnanti.
I primi di giugno, lo storico del jazz Francesco Martinelli terrà due guide all’ascolto di Nina Simone (al Conservatorio Maderna di Cesena e alla Scuola Comunale di Musica Sarti di Faenza) in vista del concerto in omaggio alla Simone previsto a Rimini a fine mese, con Italian Jazz Orchestra, Maria Pia De Vito e Flavio Boltro.
CF: Una domanda forse scontata: gli ultimi tragici accadimenti potrebbero influenzare il clima all’interno degli eventi musicali?
La musica e la cultura in generale costituiscono il più forte antidoto contro le ingiustizie, le tensioni sociali e perfino le guerre… Non andrebbero mai nel modo più assoluto censurate, cosa a cui purtroppo stiamo assistendo. Il jazz in particolare, coi suoi princìpi e valori universali, metafora eccellente di solidarietà, interrelazione paritaria, quindi insuperabile modello sociale ed educativo e paradigma di comunità ideale, è per sua natura inclusivo e vocato alla convivenza fra uguali, condizione basilare per il mantenimento della pace.
Non a caso l’Unesco ha dichiarato il jazz “patrimonio dell’umanità”, dedicandogli dal 2012 una giornata celebrativa, il 30 aprile di ogni anno (International Jazz Day).
Il jazz è “cultura universale”, ponte tra i popoli, esperanto contro ogni barriera, ogni pregiudizio, ogni forma di razzismo.
Grandissimi jazzisti, da Archie Shepp a Benny Golson, hanno affermato che “se il jazz governasse il mondo, non ci sarebbero più guerre”.
La cultura è l’arma più potente contro ogni forma di intolleranza e di violenza. Conoscere le culture altrui vuol dire rispettarle, comprendere le diversità significa essere capaci di convivere pacificamente e condividere. Purtroppo oggi il mondo è sotto attacco di ignoranza e oscurantismo.
Vogliamo esattamente il contrario: che la musica dalle miriadi di concerti, suonata dalle centinaia di artisti di ogni dove, etnia e credo, come fosse un’unica immensa orchestra, si levi sulla terra con la sua voce potente ad accompagnare il Coro dell’Opera di Odessa, sconfigga gli orrori e unisca i popoli in una pace consapevole e duratura.
Voglio ringraziare la Direttrice Artistica di Croassroads SANDRA COSTANTINI che nella sua miriade di impegni, con la Rassegna in corso, ha trovato uno spazio anche per noi.
Oltre ad illustrarci gli eventi musicali che si sussegueranno, ha voluto sottolineare quanto la musica può dare voce a tanti che in questo momento storico particolare hanno bisogno di vicinanza e aiuto concreto.
“Un giorno anche la guerra s’inchinerà al suono di una chitarra” diceva un artista musicale tra i più leggendari: Jim Morrison.
Ringrazio Daniele Cecchini dell’ufficio stampa per la sua disponibilità.
Intanto, appassionati di jazz e non, vi lascio il Link di Crossroads 2022 dove poter consultare le date dei Concerti che si terranno in Emilia Romagna tra marzo e luglio dell’anno in corso.
“ A parte il dramma, nessuna arte richiama tante folle quanto la Musica, cui partecipano in numero sempre maggiore molti praticanti. […] La musica non limita le sue mervigliose manifestazioni a opere per le masse: va incontro alle più diverse necessità della nostra anima e le colma di tutte le impressioni di cui è capace. Non si farà sfuggire nessuno degli stati d’animo di noi stessi […]. Essa partecipa alla vita esteriore e chiassosa come a destino delle singole anime, ai loro dolori e alle loro gioie, risuona nel tempio come nel bosco. Col suono dei ricordi, il risonante richiamo di guerra, vessillo di un’intera nazione o simbolo di un amore segreto, essa risuona attraverso la storia dei popoli, non resta estranea a nessun luogo e a nessuno.”Franz Liszt
Liszt fu uno dei musicisti più fervidi e attivi di tutto i secolo XIX.
Egli esercitò una estesa influenza, tra il 1830 e il 1880, sull’intera vita musicale europea.
Franz Liszt nacque a Doborjan, attuale Raiding, in Austria nel 1811. Il padre, di origine tedesca, amministratore del principe Estherhàzy e buon musicista, fu il suo primo maestro.
Fu un ragazzo prodigio: a nove anni si esibì in pubblico come pianista, e munito di una borsa di studio sottocritta da un gruppo di nobili ungheresi si trasferì a Vienna, dove si perfezionò sotto la guida di Czerny, per il pianoforte e Salieri per la composizione; a Parigi nel 1823 studia con Reicha contrappunto e con Paer, composizione.
Nel 1824 si fece conoscere come pianista a Londra, frequentò ambienti culturali e artistici, stringendo amicizia con Hector Berlioz e più tardi con Paganini e con Chopin.
Fino al 1830 visse dedito essenzialmente all’insegnamento, riprendendo poi l’attività di esecutore e compositore che lo impose ben presto all’attenzione dei pubblici parigini, viennesi, romani e di tutte le altre città europee.
Nel 1834 in casa di Chopin conobbe la contessa Marie d’ Agoult, colta e letterata, che scriverà romanzi con lo pseudonimo di Daniel Stern. Franz e Marie si stabilirono insieme a Ginevra: dalla loro unione, durata sette anni, nacquero tre figli. Iniziò una lunga ed intensa attività pianistica.
Liszt inventò il Recital: è il primo ad eseguire un concerto tutto di musiche pianistiche, il primo ad eseguire un intero programma a memoria.
La produzione pianistica di Liszt è sterminata e annovera , accanto a composizioni di impegno e di valore, una quantità di opere trascurabili. Molte di esse hanno conosciuto successive redazioni. Tra le composizioni tuttora eseguite: 3 raccolte di “Anni di pellegrinaggio”, Svizzera 1836, Italia 1838-39, e Le fontane di Villa d’Este; “24 Grandi Studi” dedicati al suo maestro Czerny, “in segno di riconoscenza e amicizia” ; “12 Studi trascendentali”; “6 Studi d’esecuzione trascendentali da Paganini”; “6 Consolazioni”; “19 Rapsodie Ungheresi”.
Liszt pose le basi della moderna tecnica pianistica.
Ascolto Franz Liszt ‒ Années de pèlerinage II – Michele Campanella
Ascolto Franz Liszt ‒ 6 Consolazioni-Aldo Ciccolini
Franz Liszt nei suoi 12 Studi d’esecuzione trascendentalepiega il suo virtuosismo tecnico all’evocazione dei moti dell’animo: hanno la capacità di gettare l’ascoltatore in un vortice emotivo paralizzante, fra l’angoscia, la malinconia e l’energia vitale, a tratti distruttiva, che risiede nell’eroe romantico.
L’ascolto è complesso, faticoso e meditativo, l’intensità emotiva conferisce all’intera opera un’aura magica, soprannaturale. Il grande virtuoso sfruttò al massimo le potenzialità dello strumento, ne esplora le possibilità timbriche, compone attraversando una vasta gamma di tonalità insolite e ardite.
La raffinatissima e complessa tecnica compositiva non è un ostacolo, ma anzi un veicolo di sentimenti ed emozioni che conducono l’ascoltatore al raggiungimento del più sublime e romantico stato dell’animo umano: la trascendenza
Ascolto Franz Liszt ‒Tanscendantal Etude ‘Appasionata’ – Seiong-Jin Cho
Ascolto Franz Liszt ‒Tanscendantal Etude-Miroslav Kultyshev
Nel 1831 Liszt ebbe occasione di ascoltare, in un concerto a Parigi, l’”infernale violinista”Nicolo Paganini, e restò profondamente colpito dalla virtuosità interpretativa del violinista genovese, virtuosità senza precedenti e sino allora senza eguali. Il pianista ungherese si sentì spinto ad emularlo, e per realizzare questo suo disegno ricostruì completamente la propria tecnica pianistica, cercando di trasportare sul pianoforte la “diabolica tecnica” paganiniana, anche per mezzo di «trascrizioni»; nacquero così i 6 Studi di bravura , di un’audacia e di una novità veramente prodigiose.5 costruiti su 5 Capricci, e l’ultimo sul Rondò “La campanella”.
Nel 1842, a proposito di questi Studi Schumann scriveva:
“Non si può parlare di un puro riempimento armonico della parte di violino: il pianoforte agisce con altri mezzi che non il violino. Produrre effetti analoghi, non importa in qual modo, era il compito essenziale del trascrittore. Come Liszt conosca i mezzi e gli effetti del suo strumento ben sa chiunque l’abbia udito. E’ dunque del massimo interesse avere le composizioni del più grande violinista-virtuoso, Paganini, commentate dal più grande pianista-virtuoso del tempo, Liszt… Pare che Liszt abbia voluto riversare nell’opera tutte le sue esperienze e lasciare ai posteri i segreti del suo modo di suonare… “
Ascolto Franz Liszt ‒ Paganini/Liszt Etude 6-Alexander Lubyantsev
Ascolto Franz Liszt ‒Sogno d’amore(Liebestraum) Lang Lang
Nel 1847, dopo la fine della sua relazione con Marie d’Agoult, conobbe a Kiev la principessa Carolyne Sayn-Wittgenstein e si trasferì con lei in Polonia.
Nel 1848 Liszt si stabilì a Weimar, dove divenne Maestro di cappella, adoperandosi in favore della nuova musica tedesca, di cui fu considerato fautore e mentore.
Grazie all’impulso da lui dato la città divenne uno dei centri più attivi della cultura musicale europea: dirige le “prime” di Lohengrin e del Vascello fantasma di Wagner e del Manfred di Schumann; ripropone opere di Mozart, Beethoven, Schubert.
Risale a questo periodo la composizione dei Poemi Sinfonici e delle 2 Sinfonie.
Ascolto Franz Liszt ‒Hungarian Rhapsody n.2- Valentina Lisita
Ascolto Franz Liszt ‒ “Mazeppa” – Berezovsky
Il nucleo della produzione per orchestra è costituito dai 12 Poemi Sinfonici, dedicati tutti alla principessa Carolyne Sayn-Wittgenstein; 2 Sinfonie programmatiche Faust e Dante.
Tra i compositori del primo romanticismo fu Liszt quello che diede un apporto determinante allo sviluppo dell’orchestrazione. Nella sua opera curò specialmente l’individuazione solistica dei vari strumenti, nei singoli valori timbrici e nelle possibilità evocative delle situazioni.
La sua scrittura sinfonica è trasparente e leggera e si giova del frequente ricorso ai contrasti di colori e dinamiche; riversò, nei poemi, una ricca sensibilità e una ricca ispirazione.
La sua opera fu d’esempio e stimolo ai compositori contemporanei per la spregiudicatezza , la notevole novità e arditezza di linguaggio.
Ascolto Franz Liszt- Waltz da Faust-Nobuyuki Tsujii
Contrasti ed incomprensioni, nonché l’ostilità dell’ambiente, alimentata dal pretesto della sua unione con la principessa russa Carolyne che per lui aveva abbandonato i marito, nel 1859 lo indussero a dimettersi e a lasciare la città, e nel 1861 si trasferisce a Roma.
Qui Liszt ebbe una crisi di misticismo, ripreso dall’aspirazione alla vita religiosa che lo aveva già colto in gioventù, ottenne dal Papa gli ordini minori e diventò “l’ Abate Liszt”.
“Giunge per me il momento («nel mezzo del cammin di nostra vita»), di liberarmi della crisalide del virtuoso e di lasciare libero volo al mio pensiero… Lo scopo di cui m’importa innanzi tutto e soprattutto, in quest’ora, è di conquistarmi un teatro per il mio pensiero, come l’ho conquistato in questi ultimi anni per la mia personalità d’artista.“ Franz Liszt
Anche la sua musica orchestrale risentì l’influsso delle diverse civiltà, da quella ungherese a quella francese, dalla tedesca all’ italiana
Listz superò la forma romantica creando nuove strutture, come il Poema-sinfonico e la Sinfonia a programma, dando l’avvio al secondo romanticismo.
Ascolto Franz Liszt- Les Préludes -Daniel Barenboim/ Berlin Philharmoniker
Ascolto Franz Liszt-Totentanz -Danza Macabra-Valentina Lisitsa
Nel 1869 Liszt abbandonò la solitudine romana e tornò a Weimar, dove si riconciliò con l’ambiente della corte. Riprese a girare l’Europa: dirige, compone, tiene corsi di interpretazione. Gli ultimi anni di vita li trascorse tra Roma, Weimar e Budapest dove fu nominato presidente dell’Accademia di Musica fondata nel 1875. Nel 1886 fu a Parigi e a Londra, ma a Bayreuth, dove si era recato per assistere a rappresentazioni wagneriane, Franz Listz muore, colpito da una forte polmonite.
Liszt seppe dar voce ad una sua precisa istanza espressiva che lo qualifica come uno dei più significativi compositori romantici oltre che il più grande pianista di tutti i tempi.
“Sarebbe un’illusione credere che si possa fissare sulla carta ciò che determina la bellezza e il carattere dell’esecuzione.“
PADOVA JAZZ FESTIVAL: 10 novembre – 21 novembre 2021
a cura di Giovanna Ferro
L’edizione 2021 del Padova Jazz Festival ha preso il via mercoledì 10 novembre e si concluderà il 21 novembre.
Due edizioni in una quella di quest’anno, che è giunta alla sua 23a, fermatasi l’anno scorso per il lockdown, che conferma quasi tutti gli artisti del 2020 a cui si aggiungono altri prestigiosi quest’anno.
Il Festival padovano come sempre organizzato dall’Associazione Culturale Miles, con la direzione artistica di Gabriella Piccolo Casiraghi, grazie al contributo dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, al sostegno del Ministero della Cultura e alla collaborazione con il Centro d’Arte degli Studenti dell’Università di Padova, è quest’anno un inno all’Europa, con artisti provenienti da Italia, Svezia, Germania, Russia, ma non mancano musicisti statunitensi che dell’Europa hanno fatto la loro seconda casa.
Prima di entrare nel vivo della manifestazione vorrei tornare un pò indietro nel tempo, quando Gabriella Piccolo Casiraghi, la direttrice aristica del festival, ha voluto creare a Padova, grazie alla sua passione per il jazz, un luogo in cui appassionati del genere musicale e artisti ascoltavano e facevano musica.
Alla sua passione per la Porsche, con la quale corre su pista e su circuiti di tutta Europa, Gabriella si innamora del Jazz ascoltando per la prima volta un disco di Keith Jarret: è il 1978. Per lavoro, negli anni ’80, si reca spesso a Milano e le capita di andare al famoso locale “Capolinea”, per ascoltare concerti e reunion di musicisti che fanno musica. Compra un pianoforte nella speranza che sua figlia si appassioni allo strumento. Si ritrova, invece, ad organizzare concerti con amici, ai quali si aggiungono musicisti professionisti. Così nasce l’idea, con un gruppo di soci, di portare a Padova un po’ di quell’atmosfera che lei respirava al “Capolinea” di Milano.
L’ edificio della Fornace di Mestrino, dopo il suo restauro, dal 1995 al 1998, diviene il centro di attrazione di famosi artisti ed appassionati del jazz. Un periodo breve, ma intenso.
Nel 1998 Gabriella vince la Formula Club Porsche Italia e, dopo una conversazione con il Presidente, riesce ad ottenere lo sponsor da Porsche per il primo Festival di Jazz, da lei organizzato con l’Associazione Miles, nome con duplice riferimento a Miles Davis e alle “miglia” percorse nelle gare.
Così sono trascorsi anni di Festival tra concerti, mostre fotografiche e performance artistiche che coinvolgono la citta di Padova e la periferia.
Donna coraggiosa e determinata Gabriella Piccolo Casiraghi che collabora con giovani generazioni, “Perchè da loro si impara sempre”, dice, e ad ogni nuovo Festival l’entusiasmo è sempre quello della prima volta.
Ringrazio Daniele Cecchini, dell’ufficio stampa, che mi ha dato qualche dritta e al quale ho rivolto delle domanda:
Caf: Bologna Jazz Festival chiude e Padova apre, c’è continuità tra i due o sono completamente diversi? Senza nulla togliere all’uno e all’altro.
Direi che quest’anno l’unico punto in comune ai due festival sono io, in quanto responsabile per entrambi della comunicazione mediatica. A parte ciò sono manifestazioni completamente indipendenti che si svolgono nella stessa stagione.
Sono comunque festival esteticamente affini, entrambi di notevole importanza a livello nazionale, tra i quali esiste un rapporto di ottimo vicinato.
CaF: Il Festival è solo musica o tanto altro ancora?
Il Padova Jazz festival ha sempre riservato un posto di rilievo alla fotografia (ovviamente di contenuto jazzistico) ospitando ogni anno una o più mostre.
Il festival ha spesso ospitato anche presentazioni editoriali e così farà anche quest’anno.
Detto ciò, sottolineo comunque che in un festival musicale è giusto che l’elemento più rilevante sia…la musica. E non lo dico come cosa scontata, visto che per necessità spesso le amministrazioni e gli enti pubblici tendono a dare risalto più agli eventi secondari di contorno che ai contenuti principali.
Eccoci all’ampia ed interessante programmazione.
Nel concerto di apertura del Festival, il 10 novembre alla Sala dei Giganti, si sono esibiti gli svedesi Angles 7, che daranno prova della loro capacità di improvvisare spregiudicatamente.La loro musica si deve al sassofonista Martin Küchen, che trae ispirazione da fonti disparate: dal jazz più intellettuale, sia britannico che statunitense, alla musica balcanica, il folklore svedese ai ritmi di danza africani.
L’11 novembre è stata la volta del pianista Fabrizio Puglisi con i suoi Guantanamo, gruppo dedito al grande patrimonio ritmico della tradizione afro-cubana, rivisitato con un tocco di alterata lucidità, preceduto dalle sonorità mistiche del sassofonista Dimitri Grechi Espinoza.
Il 13 novembre due fenomenali pianisti come Dado Moroni e Danny Grissett si sono confrontati sul repertorio di Charlie Parker, preceduti dal vibrafonista Pasquale Mirra.
Dopo l’apertura della contrabbassista Federica Michisanti, in duo con il sassofonista Errico De Fabritiis, il 15 sarà la volta dei Monk’s Casino, quintetto tedesco nel quale spicca la presenza del pianista Alexander von Schlippenbach, il loro programma sarà frenetico e incalzante dalla propensione free della band.
Il 17, il sassofonista statunitense David Murray si presenterà alla testa di un trio per esaltare il suo percorso stilistico, partito dal free e poi approdato a un jazz più “ecumenico”, concerto anticipato dall’esibizione dei fiati di Marco Colonna e il basso di Silvia Bolognesi.
Le serate al Teatro Verdi saranno inaugurate, il 18, unica data italiana del sassofonista Charles Lloyd, mito del jazz anni Sessanta, uno dei solisti dalla più intensa carica espressiva tra quelli in attività.
Il trombettista Enrico Rava e il pianista Fred Hersch, che è uno dei momenti più poetici dell’attuale panorama jazzistico, suoneranno il 19 e si assisterà ad un faccia a faccia tra jazz statunitense e italiano.
Il 20 si esibirà la Fire! Orchestra CBA. Il concerto, frutto di una produzione originale del Centro d’Arte in collaborazione con Padova Jazz Festival e Università degli Studi di Padova, sarà la prima assoluta di questa formazione, una compagine di quindici strumentisti che coinvolge artisti scandinavi ,guidati dal trio Fire!, nucleo dell’ensemble allargato, e un gruppo di “spericolati” musicisti italiani.
Le serate in stile jazz club si svolgeranno al Caffè Pedrocchi, in cui tra artisti e pubblico non esiste la barriera del palcoscenico. Caffè d’arte di giorno, lo storico locale del centro cittadino si trasformerà per tre sere in live music club: il 12 novembre con la cantautrice Lucy Woodward, che con la sua band propone una personale miscela R&B dal groove molto marcato e venato di jazz; il 14 con l’Expanding Trio del pianista Greg Burk, fautore di un modernismo che mantiene un profondo rapporto con la tradizione; il 16 con il sassofonista Maurizio Giammarco, il cui quintetto Halfplugged Syncotribe strizza l’occhio al crossover tra classico e moderno.
Come la tradizione vuole, i principali concerti del Padova Jazz Festival saranno affiancati dagli appuntamenti di Jazz@Bar, che porteranno la musica dal vivo in numerosi locali del centro e della periferia.
Nella Chiesa di San Gaetano, il 21 novembre ci sarà il Concerto di chiusura del Festival, concerto sotto il segno dell’intimismo e del chiaroscuro, con il duo formato dal chitarrista Ermanno Maria Signorelli e il contrabbassista Ares Tavolazzi.
Come accennava Daniele Cecchini, Padova Jazz Festival conferma il profondo legame tra programmazione concertistica e arti visive, imprescindibili come documentazione storica, ma anche capaci di definire l’estetica del jazz: le mostre fotografiche dedicate agli scatti di Carlo Verri e di Giuseppe Craca (di cui sopra) e la presentazione del libro fotografico di Alessandra Freguja.
Il nostro paese ha bisogno di “questo”: di donne e di uomini che, come in questo caso, con la passione, la tenacia e l’impegno fanno della musica un momento di socialità, cultura, prestigio e crescita collettiva. Speriamo che di eventi come il Padova Jazz Festival in Italia se ne vedano sempre di più. Grazie! Attendiamo la 24a edizione.
“Prima lascia che io suoni, poi più tardi te la spiegherò” Miles Davis
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