L'Altra Musica

La Musica d’animazione

a cura di Giovanna Ferro

Se la musica influisce sul bambino prima ancora che questo sia nato, e secondo gli studi di Edwin E. Gordon durante i primi cinque anni di vita i bambini devono essere esposti a diversi tipi di musica in modo che possano imparare a comprenderne il linguaggio, la società deve accompagnarne la crescita e lo sviluppo, azione che di per sé dovrebbe essere naturale,contribuendo alla diffusione e alla competenza del linguaggio musicale.

La musica ha svolto un ruolo di protagonista nell’educazione, sia come arte che riesce a suscitare e a stimolare emozioni, sia come divertimento ed intrattenimento dei più piccoli, attraverso la commistione di più linguaggi: non solo quello musicale, ma anche quello visivo, legato alle immagini.

Se un bambino non riesce sin da subito, durante la sua crescita mentale e fisica, ad avere un adulto, come guida verso il mondo sonoro , può essere molto d’aiuto il pianeta immaginario, fantastico e visivo dei cartoons, prima che arrivi la formazione scolastica.

 Il cartone animato risponde al bisogno del bambino di meravigliarsi e di rendere tutto possibile animando gli oggetti che stanno intorno a lui.

I cartoni animati sono realizzati facendo corrispondere ad ogni disegno colorato un fotogramma della pellicola con una tecnica chiamata “passo uno”: nota a livello internazionale come stop-motion. Questa tecnica anziché impiegare disegni eseguiti a mano, utilizza delle fotografie realizzate su un modellino/pupazzo, di qualunque natura o materiale, che viene movimentato dagli animatori fra una fotografia e l’altra.

L’effetto di movimento è dato dalla rapida successione delle immagini. Il fatto di coinvolgere dei reali oggetti fisici, e non degli oggetti disegnati manualmente, ha permesso l’uso di questa tecnica anche nella comune cinematografia, per la quale ha rappresentato la prima fonte di effetti speciali.

Se la colonna sonora di un film è più o meno complementare a quanto avviene sullo schermo e può anche non esserci, la musica dei cartoni animati è invece sempre parte integrante delle scene.

Per sua stessa natura, quindi, la musica dei cartoni si è sviluppata in modo particolare: in essa è necessaria una perfetta sincronia tra movimenti dei personaggi e suoni, e largo uso hanno i *suoni onomatopeici, realizzati con le percussioni e con tecniche speciali.

*suoni onomatopeici o parole onomatopeiche:   sono quelle parole che riproducono attraverso un gioco fonetico i suoni naturali e i rumori reali. Nel fumetto le parole onomatopeiche non “rappresentano” semplicemente un suono, ma lo rendono anche in maniera visiva, attraverso quello che in gergo si chiama lettering, ossia i caratteri della parola. Infatti sono disegnati in modo tale da suggerire la velocità e la forza con le quali la parola va pronunciata.

L’origine del termine è greca, viene da ónoma-atos che significa nome e poiéinfare = creare un nome. L’onomatopea è un processo del linguaggio che tende a saltare molti passaggi del pensiero, così da ottenere una comunicazione immediata, diretta e istintiva.

Nell’animazione, la tecnica cinematografica basilare che permette di sincronizzare ogni azione sullo schermo con gli effetti sonori e con la musica di accompagnamento prende il nome da Mickey Mouse (Topolino) e viene detta mickeymousing music.

Consiste nel sottolineare e accompagnare le azioni e i movimenti che avvengono nelle immagini del film mediante figure e azioni musicali esattamente sincrone, che possono al tempo stesso esprimere i rumori, stilizzati e trasposti in note musicali.

La prima magistrale fusione di musica e disegni si deve a Walt Disney, che nel 1929 iniziò con la Danza Macabra la fortunata serie delle Silly Symphonies /Sinfonie buffe:

questo lavoro precedette di una decina di anni il grande capolavoro del 1940 Fantasia.

In questo film è la musica stessa che, anziché adeguarsi ai disegni, ne suggerisce forme e colori. I brani musicali inseriti in Fantasia, diretti da Leopold Stokovski sono tutti famosissimi. Vi compaiono fra gli altri: Toccati e fuga in re min di J.S. Bach, La danza delle ore di A. Ponchielli, e La Sagra della Primavera di I. Stravinskij.

Ascolto – Silly Symphonies – Music Land

Già da tempo, però, Disney aveva intenzione di realizzare un cartoon con Topolino alle prese con la musica classica; infatti nel 1937 aveva acquistato i diritti del brano sinfonico L’apprendista stregonedi Paul Dukas. E’ in quegli anni che venne a contatto con il famoso direttore d’orchestra Leopold Stokowski, disposto ad approfondire il rapporto suono-immagine.

Inizialmente il lungometraggio disneyanoaveva come titolo Concert Feature

 e le musiche da utilizzare erano famose composizioni musicali scelte da Stokowski, da Disney e dal critico musicale Deems Taylor.

L’apprendista stregone è un poema sinfonico composto nel 1897 dal compositore francese Paul Dukas. A sua volta, Dukas si era ispirato all’omonima ballataDer Zauberlehrling, di Johann Wolfgang von Goethe scritta nel lontano 1797.

L’apprendista stregone  è il terzo episodio di Fantasia, che ruota attorno ai guai di Topolino -Mickey Mouse invece di sgobbare come richiesto dal suo maestro lui trova il libro degli incantesimi e ha un’idea: far imparare alle scope a pulire il pavimento. All’inizio tutto bene poi si addormenta e si ritrova mille scope che lanciano acqua dappertutto, un disastro. Topolino prova a fermarle, ma non ci riesce.Tutto sembra essere finito quando Yen Sid non torna e ferma tutto il disastro.

Ascolto – L’apprendista stregone

Biancaneve e i Sette Nani fu il primo lungometraggio animato della Disney, tratto da una nota fiaba dei fratelli Grimm, diretto da David Hand. Pietra miliare della comunicazione del Novecento. Uno dei titoli che fanno parte della leggenda vivente del cinema.

Il compositore Frank Churchill scrisse 25 canzoni del lungometraggio, di cui solo otto vennero impiegate. Alcune furono scelte perché erano più efficaci dal punto di vista narrativo e dinamico, altre invece perché si ponevano come parentesi lirica, interrompendo il flusso narrativo, similmente a quel che avviene nel melodramma, in cui l’azione si ferma per far posto all’aria incaricata di manifestare gli stati d’animo e i sentimenti.

Facile, infantile, sentimentale, dolciastro, ma solo apparentemente. In realtà il film portava in sé precisi significati, anche molto seri: l’iperattività dei nani, in un momento in cui l’America si dibatteva ancora nella crisi economica.

Per quanto riguarda i personaggi, una caratteristica tipica di Disney era la commistione tra personaggi “umani’” che cantavano esprimendo dolcezza, fragilità, mielosità”, come le canzoni sentimentali di Biancaneve e del Principe. “ Some day my prince will come”, e personaggi vivaci, umoristici, inventivi come gli animali o come i nanetti.

La musica aiuta a rappresentare la tensione dei personaggi, come accade ad esempio nella sequenza in cui i nani, rientrando dalla miniera, scoprono che c’è qualcuno nella loro casa; in questa sequenza il carattere comico dei personaggi rivaleggia sulla tensione drammatica, infatti essi si avvicinano cautamente su una marcia pesante in tempo lento al fagotto, risolta in scalette rapide nel flauto e negli archi sulle loro fughe, poi segue un momento di suspense fino a quando i nani infilano la testa nella porta e si accorgono che una fanciulla dorme sui loro lettini.

Quindi, il dialogo strumentale tra il flauto e il fagotto riesce a rendere interessante la scena, come se si trattasse di un duello fra la paura e la caricatura della paura.

Ascolto – Some day my prince will come da Biancaneve

Ehi-Ho! – Biancaneve

L’unione di musica e disegno suscita emozioni e diverte intrattenendo i più piccoli e, perché no, anche gli adulti.

Pensieri sparsi

Per sempre Madre

Dipinto di Antonella Sportelli

di GIOVANNA FERRO

Sei nato all’alba di una giornata di pioggia.
Due giorni prima avevamo festeggiato, col tuo papà, l’arrivo di un nuovo anno.
Tu scalpitavi, ti rigiravi nel mio pancione, forse per avvisarmi che da lì a poco saresti
arrivato a sconvolgerci meravigliosamente la vita.


Ricordo le prime notti con te in ospedale: sempre sveglio, con quegli occhietti vispi che si affacciavano al mondo con curiosità.
Tornammo a casa il giorno della Befana, mai regalo più bello avrei pensato che potessi
ricevere da quella buffa vecchina.
La tua cameretta pronta ad accoglierti, ma tu c’hai dormito solo molto, ma molto tempo
dopo.


Di notte ti guardavo dormire al mio fianco, sereno, ogni tanto accennavi un sorriso ed io
pensavo a se tu stessi sognando. Controllavo se respiravi, avevo il terrore che smettessi difarlo. Poi mi sono abituata a quel tuo sonno tranquillo e beato, dopo le tue ingorde poppate. Le giornata erano piene, tra pipì, cacche, cambio di pannolini, biberon e pisolini.

Che bella la nostra prima estate al mare. La tue sgambettate nell’acqua e quando qualche schizzo ti arrivava in viso piangevi disperato.
E poi il tuo primo Natale, il tuo sguardo incantato dalle luci del nostro albero, quante
palline finite spiaccicate a terra e la stanza riempita di giocattoli da nonni e zii.
Eccola, la tua prima candelina. Giornata piovosa, come il giorno in cui sei nato, ma dentro casa nostra c’era il sole, c’erano i colori dei tanti palloncini che riempivano la stanza. I parenti tutti a batterti le mani e ad invogliarti a spegnere la candelina. I tuoi occhioni si riempirono di lacrime e soffiai io al posto tuo. Ma fu bello lo stesso.


I tuoi primi passi. Non c’ero, ti ho visto attraverso un video, lasciavi la mano del tuo papà
e ti incamminavi impacciato e timoroso da solo. Ed io non c’ero, quanto mi è mancato quel momento, ero a combattere l’inizio di un grande battaglia.


Sono tornata, ci siamo ripresi la nostra vita: io al lavoro, tu all’asilo nido.
Sei stato bravo, un ometto giudizioso sin da piccolo. Quando venivo a prenderti, mi
vedevi arrivare e ti precipitavi, col tuo passo ancora incerto, a prendere lo zaino nel tuo
armadietto. Alzavi le braccia ed io ti accoglievo con gioia, come se non ci vedessimo da giorni. Ti sbaciucchiavo e tu ti aggrappavi al mio collo.


Amore mio, come vorrei tornare a quei giorni, quando tutto era così lontano e
inconsapevole.
Le tue prime recite, eri un piccolo scricciolo, i tuoi primi lavoretti, tutti conservati.
Delle poesie che ci recitavi, qualche parolina la saltavi, perchè più che recitarle ce le
cantilenavi. Per non parlare delle canzoncine, provavi sempre vergogna nel cantarle con gli altri.


Figlio mio, quanto mi hai fatto penare nel vederti sempre un po’ in disparte, timoroso,
diffidente nell’affrontare una nuova situazione.
Quante volte mi sono chiesta se tutto quello che mi stava accadendo avesse, in qualche
modo, condizionato il tuo carattere.
Ho cercato, seppur faticando, di darti tutta la serenità possibile e di infonderti sempre tanta positività. Spero che qualcosa ti sia arrivato.


Ti vedo nel tuo grembiulino nero e lo zaino, più grande di te, il tuo primo giorno di scuola. Ti abbiamo accompagnato io e papà.
Ti ha accolto una maestra che sorridendoti ti ha teso la mano, ma tu non volevi lasciare la mia. Ti ho incoraggiato ad andare con lei, anche se il mio cuore non avrebbe voluto.

Non si direbbe, timidone come sei, ma abbiamo sempre chiacchierato tanto io e te.
Mi chiedevi perchè stessi così male, perchè le mamme dei tuoi amici erano sempre con
loro ed io spesso ero lontana da te, per curarmi. Perchè? Non ho mai trovato una risposta convincente.


Quanto ti sei divertito ad indossare le mie parrucche? Le abbiamo sempre scelte insieme.
Ti rispondevo con un sorriso quando mi dicevi di non farmi vedere dai tuoi amici
imparruccata. Lo so che ti vergognavi, non me lo hai mai detto, ma ho rispettato i tuoi
sentimenti. Sei solo un bambino e avresti dovuto vivere di gioia.


Vita mia sei cresciuto troppo in fretta.
Quante litigate abbiamo fatto perchè ogni giorno dovevamo guardare sempre lo stesso
film della Disney? Non c’era verso di staccarti dalla tivù, recitavi ogni parola e cantavi tuttele canzoni. Testa dura!


Ricordi le nostre vacanze all’Isola d’Elba? Quanto ami quell’isola.
La prima volta avevi solo tre anni ed ogni estate ci siamo ritornati.
L’ho ribattezzata l’Isola della felicità, perchè lì eri il bambino più felice del mondo.
Assaporavi ogni attimo della giornata. Le tue paure, i tuoi perchè in quei luoghi sparivano, lasciando posto alla spensieratezza, ed io ero grata per questo.


Anche quest’estate ci siamo ritornati. Avevo già capito che quella sarebbe stata l’ultima,
ma volevo vederti felice. Ho trascorso dei giorni con te senza pensare al futuro, che per me non ci sarebbe mai stato. Ho fotografato nella mia mente ogni momento di quell’estate, non volevo perdermi neanche un attimo. La mia ultima drammatica felicità.
Ho lottato e tanto, per te. Ho perso, ma non ho perso te.


Sei ritornato a scuola, a giocare a calcio, alle feste con i tuoi amici del cuore, alla tua
normalità, fortunatamente, perchè così deve essere.
E’ il tuo papà la tua spalla ora e ,mi raccomando, non litigate come fate sempre.
Me ne sono andata con la disperazione nel cuore di doverti abbandonare, di non vederti
crescere, di non poter essere con te quando gioirai e quando piangerai.
Lo so che ti mancheranno i miei baci, i miei abbracci, le nostre discussioni sulla vita,
come le chiamavi tu, le nostre litigate, ma non ti mancherà il mio amore.


Qualsiasi cosa farai, io sarò con te. Stringerò la tua mano quando avrai paura. Ti
proteggerò dai pericoli e dalle cattiverie. Gioirò con te quando ti innamorerai per la prima volta. Sarò seduta al tuo fianco quando prenderai decisioni importanti.
Vivi amore mio e come ti ho sempre detto: “La vita è fatta di cose belle e di cose brutte.
Ne regala tante belle, ma dobbiamo accettare anche quelle brutte”.

Tu sei il regalo più bello che potessi ricevere, anche se per poco, ma il nostro amore NON è volato via con me.
Adorato bambino mio, io sarò la tua mamma per sempre!

Dedicato a te sorella cara.

Racconto pubblicato nell’antologia ” Madri allo specchio – riflessioni in prosa e versi” a cura di Culturalfemminile, edito da Gli scrittori della porta accanto, 2021

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Musica classica

AMADEUS…

a cura di GIOVANNA FERRO

Dio aveva bisogno di Mozart per palesarsi al mondo

questo disse il commediografo Peter Shaffer nel suo dramma Amadeus.

Trentacinque anni e dieci mesi di vita , più di seicento composizioni: una musica sublime, che a distanza di oltre duecento anni continua a parlare al cuore, al cervello, all’orecchio, generazione dopo generazione.

Quale visione del mondo migliore ci hai dato,Mozart!” Schubert

Il 27 Gennaio del 1756 na sce a Salisburgo Wolfgang Amadeus Mozart.

Non poca importanza ha , nella vita di Mozart, la storia dei genitori. La madre, Anna Maria Pertl è una donna semplice, ma è da elemento equilibratore nei complessi rapporti tra Amadeus e il padre; il padre Leopold , ottimo violinista e vice-maestro di cappella alla corte dell’arcivescono di Salisburgo, oltre che compositore ed autore di un pregevole trattato per violino, fu lui che valorizzò le prodigiose doti musicali di Amadeus.

Infatti, Amadeus non ha ancora cinque anni che scrive le prime note di un Concerto per clavicembalo: il padre lo esamina, e quello che legge è di una tale difficoltà che nessuno sarebbe in grado di eseguirlo. Leopold comincia a rendersi conto che ha a che fare con un bambino fuori dal comune. Comincia a tenere un quaderno dove trascrive le prime composizioni di Amadeus, dove vi troviamo i primi cinque numeri di catalogo ,K.* 1/5: un Allegro per pianoforte e quattro Minuetti, melodie piacevoli e aggraziate.

Amadeus ha una sorella più grande, Nannerl, che studia il clavicembalo, e il padre decide che è tempo di esibire i due bambini. Dopo una prima esibizione a Monaco per il principe di Baviera, Leopold decide di partire, con la famiglia alcompleto, per una tournèe.

Nannerl e Wolfgang

Per tre anni e mezzo trascina i figli di capitale in capitale, di corte in corte, e ovunque Amadeus fa strabiliare il pubblico.

C’è un episodio tenero e buffo che racconta un gran scivolone di Amadeus, mentre si trova alla corte dell’ imperatore Francesco I, sui lustri pavimenti di legno degli appartamenti della reggia; a soccorrerlo è la piccola Maria Antonietta, figlia imperiale e futura regina di Francia, che lo aiuta a rialzarsi: “ Sei buona, ti sposerò” le sorride Amadeus.

Dopo un breve rientro a Salisburgo, durante il quale inizia, per Amadeus, “l’abitudine “ di ammalarsi anche se durante la convalescenza studia e compone,si riparte, mete Londra e Parigi. Durante il viaggio si fermano a Monaco, a Francoforte, dove un giovane Goethe ascolterà i piccoli Mozart in concerto. A Ludwigsburg Amadeus conoscerà Niccolò Jommelli, a Schwetzingen potrà ascoltare la famosa Orchestra Sinfonica di Mannheim, diretta da Cannabich, uno dei centri musicali più importanti d’Europa. Poi nei Paesi Bassi, a Bruxelles, Amadeus continua a studiare e rimane affascinato dalle mostre dei pittori fiamminghi.

Un mondo fantasmagorico e velocissimo si sgrana davanti agli occhi di un bimbo prodigio: si può solo immaginare l’effetto.

A Parigi incontrerà alcuni dei più bei nomi della musica, da Schobert a Eckard, i filosofi Diderot, Rousseau, D’Alembert, che introdurranno Amadeus nelle grandi famiglie nobili ed intellettuali di Parigi. Ha sette anni quando scrive quattro Sonate per pianoforte, K. 6,7,8,9, con accompagnamento, secondo la moda del tempo, di violino.

Giunti a Londra, la famiglia Mozart è ospite alla corte del re Giorgio III, principe di Hannover, Leopold, nel 1764, scrive ll’amico Lorenz Hagenauer “ La gentilezza con cui, tanto Sua Maestà il Re che la Regina, ci hanno ricevuto è indecrivibile[..] entrambe queste amabilissime perone ci hanno fatto dimenticare che esse sono il Re e la Regina d’Inghilterra. In tutte le cortisiamo stati accolti con grande gentilezza, ma la cortesia che abbiamo sperimentato qui supera tutte le altre…”. E’ in questo periodo che Amadeus scrive le sue prime Sinfonie: la K. 16, per piccola orhestra, una delle più belle Sinfonie dell’infanzia, cui segue la K. 19.

Alla corte del principe d’Orange all’Aja esegue per la prima volta la Sinfonia K. 22, cui seguiranno sei Sonate per pianoforte e violino, K. 26/31.

Finalmente alla fine di novembre del 1766 il rientro a Salisburgo.

Amadeus ha quasi 11 anni ,ha visto grandi cose, ha folgorato l’Europa del Nord. E’ maturato tanto che presto non sarà più il bambino prodigio, un fenomeno da mostrare, perchè l’età non glielo consente più, d’ora in poi il suo prodigio lo deve dimostrare.

Mozart a soli 11 anni, dopo la tournèe europea, riesce a scrivere un Oratorio “L’obbligo del primo comandamento”, K. 35, composto a sei mani e in tre parti: la prima è sua, la seconda di Michael Haydn e la terza di Adlgasser: La leggenda racconta che il committente, l’Arcivescovo Schrattenbach, lo chiuse in una stanza per tutto il tempo della scrittura, per provare che fosse lui l’autore. L’Oratorio viene rappresentato nel 1767. Scrive i primi Concerti per pianoforte e orchestra, K. 37, 39, 40, 41.

La famiglia Mozart riparte per un’altra tournèe che durerà fino al 1769. In quel momento un grave lutto a corte e un’epidemia di vaiolo non fa di Vienna una capitale non accogliente, tanto che i Mozart riparano a Olmutz, ma i due ragazzi non passano indenni dal contagio. Amadeus scrive, dopo la malattia, un Singespiel, cioè una forma teatrale costruita su parti cantate e parti recitate, su narrazioni fiabesche e linguaggio realistico popolare.

A commissionarlo è un medico austriaco Franz Anton Mesmer “inventore” della teoria del magnetismo animale, che infiammò molte fantasie nell’ Ottocento.

L’Opera che il medico desiderava era la storia due amanti e un mago, tratto dal librettista Weiskern da un testo di J.J. Rousseau Le devin du village. Mozart consegna un’Opera freschissima Bastien und Bastienne, K. 50, , che viene rappresentata nella residenza di Mesmer.

A Mozart viene commissionata La finta semplice, K.51, opera buffa in tre atti su testo di Goldoni. Questo ragazzino di 12 anni suscita negli altri musicisti una profonda invidia, ritenendolo un bluff che trovano qualsiasi stratagemma per coglierlo in fallo. Mozart non cade nelle loro trappole, ma la messa in scena de La finta semplice viene rimandata. Su richiesta dell’ Arcivescovo viene rappresentata l’anno successivo.

Nel 1769 arriva il momento del suo viaggio in Italia. Secondo papà Mozart Amadeus non ha più l’età dell’ enfant prodige, quello che deve meravigliare di lui è come esegue e come scrive.

A fine Settecento l’Italia è sinonimo di Melodramma, una tradizione gloriosa qui nata un secolo prima, dal quale Mozart viene catturato. Sarà proprio in Italia che il genio Mozart , chiuso il capitolo del bambino prodigio, darà i primi straordinari bagliori, sarà il periodo più felice della sua vita.

Viene accolto da grandi musicisti, Sammartini a Milano, dove padre e figlio parteciparono a

feste, che fruttarono la commissione per Amadeus di un’Opera da rappresentarsi per il Natale “Mitridate Re di Ponto, su libretto del torinese Cigna-Santi; musicò Ascanio in Alba su versi di Giuseppe Parini e Lucio Silvadi Giovanni da Camera. A Bologna prese lezioni da padre Martini, all’Accademia filarmonica;a Firenze conosce Nardini. Giunsero finalmete a Roma dove li accoglir, non senza perplessità il cardinale Pallavicini.

Il racconto di uno degli storici prodigi di Amadeus è che dopo aver ascoltato una sola volta nella Cappella Sistina il celebre Miserere di Gregorio Allegri ( che non poteva venir copiato, né dato in lettura, pena la scomunica) lo trascrive tutto a memoria. I Mozart sono molto colpiti dalle bellezze di Roma e dal fasto della corte pontificia. In una lettera in italiano alla sorella Amadeus descrive le sue giornate, divise fra funzioni in chiesa, concerti, ricevimenti, composizione e per fortuna anche divertimenti. Si firmava scherzosamente “ Sono Wolfgango in Germania e Amedeo in Italia” e datava la sua lettera “Roma caput mundi ,il 25 aprile anno 1770 e l’anno prossimo 1771, davanti come dietro e doppio in mezzo”. Mozart si riferiva al fatto che il numero era palindromo, dimostrando una volta di più il gusto per i numeri e per l’enigmistica.

E l’ora di Napoli, sulla quale, sul Vesuvio, sui reali, Amadeus racconta le sue impressioni in una lettera alla sorella “ Qui il popolo, i ‘lazzaroni’, ha un capo che riceve ogni mese dal re 25 ducati d’argento solo per tenere l’ordine fra i ‘lazzaroni’”. A Napoli assistono all’Opera di Jommelli “Armida innamorata” che lui ritiene “bella, ma troppo seria e vecchia per il teatro”.

Mozart a Napoli in un dipinto di Pietro Fabris

L’Italia per Amadeus è il paese dei sogni. Al suo ritorno a Salisburgo, dove lavita diviene sempre più insopportabile, scrive in una lettera a Padre Martini:” Quante volte dal desiderio d’esser vicino a voi . Vivo in un paese dove la musica ha poca fortuna”.

Passa il tempo a scrivere musica sacra e profana, mottetti e litanie, sonate e concerti.

Qui viene in urto con l’arcivescovo e lascia il servizio come violino di spalla alla Cappella. Urge il bisogno di guadagnare e quindi non gli resta che esibirsi come virtuoso, suonatore ovunque e di tutto: passa dall’organo al violino, dal violino al clavicembalo.

Gli amici lo esortano a ritornare a Parigi, ma nel frattempo a Mannehim si innamora della cantante Aloysia Weber. La famiglia è nell’indigenza e il padre lo richiama alla triste realtà: torna a Parigi, qui muore la madre che lo accompagna. Ma la sua avversione per i francesi è irriducibile, così scrive:

Se la gente a Parigi avesse orecchie e cuore per sentire e quel minimo indispensabile d’intelligenza e di buon gusto per la musica, io mi riderei di tutto. Ma sono circondato di bruti e di imbecilli…”

Nel 1781 rappresenta l’Idomeneo composto per il teatro di Monaco; nello stesso anno scrive Ilratto del serraglio. Si stabilisce a Vienna senza incarichi professionali fissi e nel 1782 sposa Costanza Weber, sorella di Aloysia, contro la volontà paterna: qui conduce una vita di privazioni.

I momenti di successo e di un certo benessere economico, coincidono con le rappresentazioni delle sue opere: Le Nozze di Figaro, ben accolta a Vienna, e il successo trionfale a Praga del Don Giovanni.

ASCOLTO Ouverture da Le Nozze di Figaro https://www.youtube.com/watchv=pb1tlh9xn38

Non più andrai, farfallone amoroso” https://www.youtube.com/watch?v=bKBGRO-GYYo

dal Don Giovanni “Là ci darem la mano” https://www.youtube.com/watch?v=iJnJjpMdT3Y

Intanto la fama di Mozart si spande rapidamente, ma aumenta anche la sua miseria. La

situazione peggiora per una malattia della moglie, ma negli ultimi tre anni scrive la sua maggiore produzione: le ultime tre Sinfonie, scritte in tre settimane, Così fan tutte, Il flauto magico, La clemenza di Tito: il Requiem che resterà incompiuto.

ASCOLTO Sinfonia n. 25 in sol min K183 https://www.youtube.com/watch?v=ApvqOhbsriA

Sinfonia n. 35 in re mag K385 https://www.youtube.com/watch?v=yw92MJruqsk

Muore nel 1791 a Vienna, di nifrite cronica, ma anche di sfinimento per essersi sottoposto ad un lavoro intenso sin da bambino.

Sinfonia n. 38 in re mag K504 https://www.youtube.com/watchv=xkN8UFNVVOo

Sinfonia n. 40 in sol min K550 https://www.youtube.com/watch?v=qzBwa2jI1Oc

Sinfonia n. 41 in sol min K551 https://www.youtube.com/watchv=WRf70SaNCok

49 Sinfonie: composte tra il 1764 e il 1788, mostrano l’evoluzione strumentale di Mozart e la maturazione del suo genio. Nelle prime evidente è l’influenza di Bach, le ultime lsciano presagire Beethoven, per l’intensità espressiva, il carattere energico dei temi l’armonia più evoluta.

La n. 25 ,compendia già la vasta esperienza e maturità del compositore.

La n. 35 “Haffner”, composta come serenata su preghiera del padre e poi rielaborata come Sinfonia fu destinata a festeggiare il borgomastro di Salisburgo “Haffner” in occasione del conferimentodi un titolo nobiliare.

La n. 38 “di Praga”, l’Adagio è ricco di contrasti e di sviluppi ora drammatici, ora pieni di mestizia; l’Allegro prelude a sviluppi grevi di espressione; l’ Andante di carattere pastorale; la presenza del Minuetto e il Presto dove riprende l’allegro iniziale.

La n. 40, è pervasa da uno spirito di intima mestizia. Si conclude dolorosamente come s’era iniziata, canto amaro e sublime di un uomo che sembra presentire l’immatura fine.

La n. 41 “Jupiter”, Classicamente protesa a coronamento dellaproduzione sinfonica di Mozart, illuminante affermazione difede razionale, imponente testamento spirituale d iun artista grandissimo.

17 Sonate per pianoforte, 5 a quattro mani, 5 fantasie, variazioni e piccoli pezzi

ASCOLTO Sonata per 2 pf, K.448 https://www.youtube.com/watch?v=9iePyP2HOr8

pianisti Daniel Barenboim & MarthaArgerich

Sonatas K282, K545, K310 https://www.youtube.com/watch?v=qknbWY_i_1A

pianista Sviatoslav Richter

Wolfgang Amadeus Mozart, di formazione “europea” operò in un ambiente ricco di stimoli e più che mai atto a valorizzarne il suo genio. In lui convengono le esperienze di più civiltà musicali: i lunghi viaggi lo portarono a contatto con la musica francese e il suo aggraziato rococò , con la scuola italiana e il relativo “bel canto” allora più che mai imperante, con la tradizione barocca tedesca e la scuola di Mannehim. Tutte queste esperienze furono assorbite dal giovane Mozart che seppe intuitivamente sceverarne gli elementi più caratteristici che plasmò e fuse nella sua inconfondibile personalità.Partito dall’opera italiana, iniziò l’opera tedesca, dando via ad un genere che nel secolo successivo raggiungerà grande splendore.

Mozart è l’unico musicista che sia riuscito ugualmente grande in tutti i generi: religioso e profano, teatrale e strumentale.
Le opere teatrali si distinguono da quelle dei contemporanei per l’equilibro fra la libertà dell’invenzione musicale e le esigenze drammatiche delle vicende rappresentate.Le arie, i concertati, i cori, irecitativi esprimono fedelmente i sentimenti, ma sono al tempo stesso brani di rara bellezza vocale ed orchestrale.

Nella musica strumentale non introdusse sostanziali innovazioni di forma; egli adottò lo schema di Haydn, senza apportarvi modifiche. La scrittura per orchestra è più densa di quella haydniana. Ispirandosi al quartetto d’archi, Mozart creò il quintetto e il quartetto con pianoforte.

La sua arte si sviluppò in tre periodi: il primo di assimilazione, il secondo di ricerca stilistica, l’ultimo di massima espressione, anche quando i dolore rende più tormentate le sue esperienze umane ed artistiche.

K* Ogni composizione di Mozart è normalmente contrassegnata con un K seguito da un numero. Si tratta della numerazione data alle opere da L. Von Kochel (da cui deriva l’abbreviazione K) nel suo catalogo pubblicato per la prima volta nel 1862.Nei programmi dei concerti viene conservata la numerazione tradizionale della prima edizione, l’abbreviazione KV, che sta per Kochel-Verzeichnis, cioè catalogo Kochel.

Video tratto dal film Amadeus https://www.youtube.com/watch?v=Cy10pGVmc20

Amadeus, il film
Musica classica

IL LABORIOSO BACH

Johan Sebastian Bach

a cura di GIOVANNA FERRO

Un grande musicista tedesco finchè visse fu conosciuto e stimato più come esecutore, improvvisatore sull’organo ed insegnante, che come compositore. Dopo la sua morte grazie a Johann Nikolaus Forkel con la sua biografia e a Mendelssohn che riesumò la Passione secondo Matteo, la sua musica e la sua figura divennero un “culto”.

Sto parlando di Johan Sebastian Bach, che con Georg Friedrich Haendel parlerò nel rappresentano il momento culminante della Musica Barocca.

Il Barocco è un movimento culturale che abbraccia un periodo che va dal 1600 al 1750, circa. Coinvolge le arti figurative, ma anche la musica, la letteratura e la filosofia.

Sull’origine del nome c’è chi lo fa derivare dal francesebaroque, che significa “bizzarro” e chi dal portoghesebarocco, nome dato a una perla irregolare.

Questo periodo è caratterizzato dal grande sviluppo della musica strumentale : la scrittura rigorosamente polifonica, in cui tutte le voci hanno la stessa importanza; si afferma la monodia accompagnata e l’incontro delle parti in senso verticale che determina lo sviluppo dell’armonia.

Nato con la monodia accompagnata si sviluppa il basso continuo: una linea più grave di una composizione(scritta in chiave di basso), sopra la quale gli strumenti con possibilità polifoniche (organo, clavicembalo, chitarrone e simili) realizzavano estemporaneamente, durante l’esecuzione, gli accordi adeguati (l’armonia appunto)

Parallelamente alla musica strumentale, si affermano in campo vocale i generi
dell’oratorio, della cantata e del melodramma.

La vita di Johan Sebastian Bach è quella di un onesto e laborioso organista tedesco del nord.

Nasce a Eisenach (Turingia) nel 1685, discendente da una famiglia di musicisti, ebbe due mogli e venti figli. Morì a Lipsia nel 1750

La sua immensa produzione musicale fu messa assieme con un lavoro assiduo e tutte le sue opere rispondono ad uno scopo preciso. Egli coltivò tutti i generi musicali, eccetto il teatro. Composizioni sinfonico-vocali: Oratorio di Natale e di Pasqua; la Passione secondo San Giovanni, la Passione secondo San Marco e la Passione secondo San Matteo, quest’ultima la più conosciuta, opera grandiosa, su testo di Picander, in cui sono impiegate tutte le forme vocali, dall’Aria col da capo* al corale luterano*: il testo è spesso inframmezzato da commenti delle azioni dettate dal Vangelo.

Bach scrisse molto per organo durante gli anni giovanili, ma il suo nome resta legato alla forma della Fuga: con la risposta alla quinta e l’intreccio contrappuntistico*; le fughe del Clavicembalo ben temperato , due raccolte ognuna di 24 Preludi e fughe, sono esempi perfetti di altissima espressione artistica . Nello stile di Bach notiamo che la melodia è usata con la più grande arte del contrappunto, l’armonia è sempre essenziale e ricca di trovate cromatiche, il ritmo ha grande rilievo. Questa raccolta è’ un esempio di musica a scopo didattico, di alto valore tecnico e spirituale. Della sua produzione musicali fanno parte :Suite, Invenzioni, Partite, Fantasia cromatica e fuga, Variazioni Goldberg.

I 6 Concerti Brandemburghesi rispecchiano l’attrattiva che ebbe di Vivaldi nella struttura del Concerto grosso*; Concerti per clavicembalo, Suite per orchestra e altro ancora nel suo vastissimo repertorio. Due opere teoriche l’Offerta musicale e L’Arte della fuga.

In Bach confluiscono le due scuole organistiche della Germania del nord e quella del sud: la prima un’arte severa, la seconda amava i forti contrasti di colori e di ritmo. Maestro della polifonia, il suo stile è intimo, il quale riassume tutta l’arte contrappuntistica del passato.


_ASCOLTO : https://www.youtube.com/watch?v=Cwas_7H5KUs

Variazioni Goldberg eseguite da Glenn Gold

C’è un aneddoto che racconta l’origine di questa composizione per clavicembalo: il nome viene ricondotto al clavicembalista Johann Gottlieb Goldberg, brillante allievo di Bach, che era al servizio del conte Hermann Carl von Keyserling, il quale, soffrendo d’insonnia, chiese a Bach di comporre per lui una serie di variazioni per allietare le notti insonni.

“Ci sono tutti i pianisti del mondo, poi c’è lui. Era di una coerenza spietata rispetto alla descrizione della genialità. Era canadese, pieno di manie e un pianista come nell’ultimo mezzo secolo non se n’erano mai visti: era Glenn Gould.” (cit.)

_ASCOLTO : https://www.youtube.com/watch?v=h1mzBccy3a8

Passione secondo Matteo Un ampio ventaglio di sentimenti e situazioni umane, grazie a una musica capace di strepitosa evidenza rappresentativa. E’ la trasposizione musicale dei capitoli 26 e 27 del Vangelo secondo Matteo nella traduzione tedesca di Martin Lutero, inframezzata da corali e arie su libretto di Picander. Come una scultura che prende vita, un monumento della storia musicale prende corpo sulla scena. Composizione sacra di Johann Sebastian Bach.

*Aria col da capo -L’aria col da capo si basa su due strofe di versi, la prima delle quali ripetuta alla fine dell’aria

*Corale luterano-forma musicale, tipica degli inni religiosi e diffusa nella Chiesa luterana tradotti in tedesco

*Contrappuntistico -deriva dal latino punctum contra puctum, cioè punto contro punto, nota contro nota , ed è l’arte di sovrapporre due o più linee melodiche secondo principi e regole, legate alla tradizione musicale occidentale.

* Concerto grosso – un dialogo fra un piccolo gruppo di solisti, detto concertino o soli, e l’intera orchestra, detta , tutti o, appunto, concerto grosso.

_ASCOLTO : https://www.youtube.com/watch?v=83wY_IegKqU

6 Suite per violoncello solo BWV 1007-1012 eseguite da M. Rostropovich

– Queste suite sono una parte essenziale del repertorio per violoncello, innanzitutto per le loro qualità musicali, in cui Bach evidenzia tutte le possibilità polifoniche dello strumento.

Il grande pubblico conosce Mstislav Rostropovich come l’artista che l’11 novembre 1989 suono’ il violoncello davanti al muro di Berlino che crollava per festeggiare la fine della guerra fredda. Gli appassionati di musica, che frequentano i concerti, lo conoscevano invece per la sua straordinaria maestria di violoncellista (il piu’ grande del nostro tempo), applaudito nei cinque continenti, dove ha suonato instancabilmente per anni. (Ansa it)

”Quel maledetto muro – disse Rostropovich – ha diviso la mia vita, e’ stata una lacerazione per il mio cuore. Nel 1974 l’Unione Sovietica mi ha buttato via come uno straccio, prima di allora non potevo suonare a Berlino Ovest, dopo non potevo andare a Berlino Est. Quando il muro e’ crollato la mia vita si e’ riunita. Non volevo suonare per la gente, ma per ringraziare Dio di quello che era accaduto. Quando sono arrivato li’ ho dovuto chiedere in prestito una sedia ad un abitante di Berlino. Ho suonato arie con accordi maggiori perche’ ero felice, la mia vita si era riunita. Poi ho visto un giovane ed ho pensato che per quel muro erano morte molte persone. Allora ho suonato un’aria in re minore. Alla fine quel giovane si e’ messo a piangere” (Ansa it)

Musica classica

L’ORCHESTRA

a cura di GIOVANNA FERRO

Quando si parla di Musica Classica si pensa subito alla cosiddetta musica “colta“, musica “seria“, musica “d’arte“; atmosfere infrangibili di sale da concerto, teatri, quasi come fossero musei.

La Musica Classica é uno stile: lo stile è quello della musica “esatta”, cioè musica scritta esattamente per come deve essere eseguita: note, ritmo, strumenti, voci, sarà l’esecutore o il direttore d’orchestra a deciderne la dinamica, ma la partitura resta la stessa. La musica “stabile”, la musica “immutabile” , quella musica in cui i compositori cercavano di raggiungere la perfezione nelle forme delle loro composizioni.

L’evoluzione dell’Orchestra

Fino al Medioevo la musica strumentale ha scarsa importanza, poiché fino ad allora prevale nettamente la musica vocale sacra, tanto che l’uso di strumenti musicali è bandito dalla chiesa, eccezion fatta per l’organo. La musica profana, invece, si serve spesso di piccoli gruppi strumentali per accompagnare i canti e le danze, ma l’idea di “orchestra” non esiste ancora.

Intorno al Seicento gli strumenti cominciano ad acquistare importanza e a volte si staccano dal ruolo di semplici accompagnatori per divenire protagonisti. Il musicista Claudio Monteverdi (1567-1643) è stato il primo a riunire tutti gli strumenti allora esistenti e a formare la prima “orchestra”, nella quale gli archi hanno un ruolo predominante.

Alla corte del Re Sole, Luigi XIV, in Francia, il compositore Giovanbattista Lulli (1632-1687) aumenta l’organico strumentale, inserendo gli strumenti a fiato e i timpani.

In Italia si sviluppa il “concerto grosso”, che prevede l’orchestra divisa in due gruppi: il “concertino”, un piccolo gruppo di solisti, e il “ripieno”, che dialoga con i solisti creando contrasti dinamici.

Nel Settecento si definisce la conformazione dell’Orchestra classica, con un organico strumentale di 25 elmenti, con un maggior equilibrio tra fiati e archi.

A questi 25 elementi il musicista Franz Joseph Haydn (1732-1809) aggiunge clarinetti, trombe, tromboni e timpani , per un totale di 33 elementi.

Anche Mozart(1756-1791) si serve di orchestre simili, mentre Beethoven (1770-1827) apporta dei cambiamenti relativi non tanto alla quantità, bensì alla espressività degli strumenti: dà maggiore importanza ai fiati, ai timpani, usa la grancassa e altri strumenti a percussione, aumenta l’estensione melodica degli strumenti ad arco verso i suoni gravi.

L’Orchestra romantica, quella usata dai compositori dell’Ottocento dopo Beethoven, viene arricchita considerevolmente con nuovi strumenti fino a raggiungere un numero di 80-90 elementi.

Secondo il musicista Hector Berlioz (1803-1869), autore di un importante Trattato di strumentazione, l’orchestra ideale doveva essere composta di ben 467 strumenti, di cui 120 violini.

Ma è con Richard Wagner (1813-1883), il grande compositore tedesco, che l’orchestra romantica assume proporzioni grandiose e diventa un enorme strumento espressivo.

In essa vengono sfruttate tutte le possibili combinazioni timbriche per ottenere sonorità nuove; ogni strumento acquista rilievo e viene sfruttato al massimo delle sue capacità espressive-sonore; le sezioni strumentali si frazionano in gruppi sempre più piccoli, quasi a renderla un insieme di strumenti solisti.

Dopo Wagner il sinfonista Gustav Mahler (1879-1964), uno degli ultimi grandi compositori del tardo romanticismo, si serve di orchestre ancora più numerose, anche 140 elementi, come nella sua VII Sinfonia.

Ma agli inizi del Novecento si fa strada una decisa reazione alle esagerate proporzioni che l’orchestra andava assumendo ed ecco che compositori come Igor Stravinskij (1882-1871), Alban Berg (1885-11835), Arnold Schonberg (1874-1951) e altri, tornano ad usare complessi ridottissimi, talvolta con l’eliminazione di tutti gli archi, per ricercare un’espressione musicale più intima e più “pura”.

Nella ricerca orchestrale contemporanea, anche il “rumore” entra a far parte del discorso musicale: si usano strumenti non tradizionali, le percussioni sono ampliate con i più vari oggetti sonori e vengono utilizzati suoni prodotti con strumenti elettronici.

Ascolto – Guida del giovane all’Orchestra (Variazioni e fuga su un tema di Purcell) op. 34 di Benjamin Britten

Questo brano scritto nel 1946 ci guida a capire la funzione dei singoli strumenti. I suoni sono eseguiti dai diversi strumenti di 100 musicisti; ognuno esegue qualche nota a caso come se parlassero tutti insieme.

Questi suoni sono un po’ come le lettere dell’alfabeto, gli elementi di cui è composto il linguaggio della musica. Ogni strumento è un attore che ha una parte da recitare e un racconto da narrare. L’inizio di tutto è un’idea: chi scrive musica sa trasformare le proprie idee in suoni. Quando poi lega in fila certi suoni ne nasce una bella melodia.

L’Orchestra Sinfonica è di grandi dimensioni e può comprendere gli strumenti di tutte le famiglie:

Archi: violini, viole, violoncelli, contrabassi; arpa.

Legni: fagotti, controfagotto, oboi, clarinetti, corni inglesi, flauti traversi, ottavini.

Ottoni: corni, trombe, tromboni, tuba.

Percussioni: timpani e percussioni varie.

Laddove è previsto dalla partitura: il pianoforte.

Chi tiene insieme tutto questo è il Direttore d’Orchestra.

In senso moderno, come interprete musicale, nasce nell’Ottocento: al direttore è richiesta una conoscenza approfondita sia dell’estensione degli strumenti e della partitura d’orchestra, sia del carattere e dell’atmosfera espressiva dell’opera da eseguire.

E’ lui che “interpreta” la musica seguendo le indicazioni della partitura sul leggìo e far capire agli esecutori il giusto andamento col quale devono eseguire obbedendo a ciascun gesto della sua bacchetta.

Riccardo Muti

Ogni musicista conosce molto bene la propria parte e non può concentrarsi sulla propria e allo stesso tempo su tutte le altre. In sostanza il direttore d’orchestra  è l’unico che conosce ciò che suona ogni singolo momento, deve capire lo spirito di colui che ha scritto la musica, immedesimandosi con esso, calarsi nel periodo in cui è vissuto.

Ecco perchè una stessa partitura, eseguita magari dalla stessa orchestra, può avere interpretazioni molto diverse tra loro a seconda del direttore che dirige.

Il Direttore d’orchestra in sintesi è soprattutto un “interprete espressivo” che deve saper cogliere ciò che il compositore ha voluto esprimere.

Ma il lavoro del direttore non è solo quelloche guida gli orchestrali solo al momento dell’esecuzione in pubblico. Il lavoro vero, quello più difficile e faticoso, inizia molti mesi prima, in cui cura nei minimi particolari l’organizzazione orchestrale. Questo lavoro di preparazione, di prova, è chiamato “orchestrazione”.

Egli è il responsabile della magia che si crea in sala, colui che dà il colore, l’elemento che filtra la musica attraverso il suo sentire e la esprime con il suo corpo, coniugando tecnica ferrea ed emozione. Dunque è il Direttore che crea l’armonia, quella sintonia perfetta che esiste tra lui, l’orchestra, il coro ed i solisti.

Dirigere può farlo anche un asino. Ma fare musica è un’altra cosa” ArturoToscanini  

Ascolto : https://www.youtube.com/watch?v=t132rQ6i_zU

La prima cosa che chiedo ai giovani: conoscere la composizione, poi saper suonare il pianoforte e avere un buon bagaglio culturale sono le tre cose essenziali se non vuoi essere un vigile urbano ma trasmettere una idea musicale” Riccardo Muti

Ascolto : https://www.youtube.com/watch?v=4DRXk289RZk

Orchestra Sinfonica
Oltre la musica

INTERFERENZE

a cura di GIOVANNA FERRO

Di tutte le arti la musica è quella più capace di evocare emozioni.

Che sia gioia, commozione, serenità, eccitamento, malinconia, nessuna emozione è assente dalla tavolozza della musica, e non vi è nessuno che non abbia provato uno speciale sentimento all’ascolto di uno speciale brano.

La musica rievoca i ricordi e questi, a loro volta evocano le emozioni. Sono i ricordi più che la musica a suscitare l’emozione.Essa ha la capacità di evocare potenti risposte emotive negli ascoltatori; questa capacità è universale. Può succedere di ascoltare della musica che inevitabilmente ci riconduce ad un evento significativo vissuto in passato: ciò può innescare in noi un’esperienza emotiva molto profonda, la sensazione non è nella musica, ma in ciò che ricorda. 

Ma una musica può evocare emozioni anche quando la sentiamo per la prima volta: le evoca “per come è”, non perché già legata a nostre precedenti esperienze.

La relazione tra musica ed emozioni è molto importante.

L’emozione è una energia ancestrale e naturalmente “primitiva” come può esserlo l’onda del mare, paragonabile all’onda del “mare interiore” dell’uomo. Le emozioni rappresentano, quindi, un livello primordiale più vicino ai centri delle energie del profondo, proprio perché più “primitivo” e non razionale, ma non per questo non intelligente, anzi, depositario di una intelligenza non mediata ed intuitiva che spesso sorprende la razionalità.

Caricare una parola di emozione e di significato equivale a renderla vicina alla musica e quindi di dotarla di potenzialità vibratoria in grado di far vibrare i Chakra e di armonizzare l’essere umano durante il movimento delle energie interiori. Con il suono e le vibrazioni, pertanto, siamo in grado di raggiungere le componenti emozionali più profonde.

La musica può attivare le aree del cervello tipicamente associate alle emozioni e sembra che molti degli aspetti positivi che la musica ha sulle persone (concentrazione, rilassamento…) siano dovute proprio a questa influenza.

Ricorriamo alla musica in moltissimi momenti, che sia di forma consapevole o inconsapevole.

La musica può modificare i nostri ritmi fisiologici, alterare il nostro stato emotivo ed essere in grado di cambiare il nostro atteggiamento mentale, apportando pace e armonia al nostro spirito.

 Il ritmo può avere un potente effetto sul movimento, perché il sistema uditivo ha una ricca connessione con i sistemi motori del cervello. Queste connessioni aiutano a spiegare perché la musica ci fa spesso venire voglia di ballare e perché sentiamo una naturale inclinazione a muoverci a ritmo.

La musica esercita una potente influenza sull’essere umano a tutti i livelli.

La musica è l’arte che è più vicina alle lacrime e alla memoria.” Oscar Wilde

L’ascolto di musica, unitamente alla scelta dei brani da ascoltare, ha suscitato l’interesse degli studiosi, che negli ultimi anni si sono occupati degli effetti causati dalla scelta di specifici brani, e del motivo per il quale si scelgono alcuni brani piuttosto che altri.

Le persone infatti, usano strategie differenti per la scelta musicale e tale scelta dipenderebbe in primo luogo dagli obiettivi che ogni individuo si pone per giustificare la propria scelta.
Se l’interesse per l’elaborazione cerebrale della musica affascina i neuroscienziati da oltre un secolo, è solo nell’ultimo decennio che l’argomento è diventato un ambito di studio intenso e sistematico, e questo perché in ambito neuroscientifico ci si è resi conto che la musica offre un’opportunità unica per comprendere meglio l’organizzazione del cervello umano, sollevando quesiti importanti su una varietà di funzioni cognitive complesse: essa rappresenta, infatti, un prezioso strumento di indagine non soltanto per i sistemi uditivi e motori coinvolti nella percezione e nella produzione musicale, ma anche per le interazioni multisensoriali, la memoria, l’apprendimento, l’attenzione, la progettualità, la creatività e le emozioni.

Ci sono musiche che non hanno bisogno di parole per trasmettere emozioni, in cui le note degli strumenti bastano e avanzano per dare vita a melodie capaci di incantare chiunque le ascolti.

Non bisogna però pensare che un musicista possa manipolare le emozioni umane. La relazione che c’è fra cervello e musica rimane un argomento molto complesso e personale, alcuni brani possono avere effetti molto diversi tra ascoltatore e ascoltatore.

La musica per l’armonia e il ritmo è una scienza dei fenomeni d’amore” Platone

Quando si guarda un film si provano delle sensazioni ed emozioni, spesso queste vengono attivate grazie alla colonna sonora:

_Ennio Morricone – C’era una volta in America

La colonna sonora di C’era una volta in America, film del 1984, è considerata il capolavoro assoluto di Morricone. La pellicola è considerata, sia dalla critica che dal pubblico, una delle più belle di sempre. Ennio compose le musiche molto tempo prima dell’inizio delle riprese, per cui gli attori spesso giravano con la colonna sonora in sottofondo.

_Ennio Morricone – Nuovo Cinema Paradiso

Datato 1989, Nuovo Cinema Paradiso vede la collaborazione tra Morricone e Giuseppe Tornatore. La pellicola ha vinto l’Oscar come miglior film straniero e il Grand Prix Speciale della Giuria al 43° Festival di Cannes. Le musiche, invece, si aggiudicarono un David di Donatello, un BAFTA e il Prix Fondation Sacem al Festival di Cannes.

Quando la musica classica scatena emozioni differenti:

La prima versione di questo delicato brano fu scritta per pianoforte, ma la seconda, per orchestra da camera, è di gran lunga la più nota. La condotta melodica, nobile e trattenuta, affida al timbro dolce ora del corno, ora del flauto, ora dell’oboe, il compito di comunicarci un sentimento di dolore tenero e senza enfasi; mentre l’armonia tersa e vagamente arcaicizzante evidenzia tratti già fortemente caratterizzati.

Il titolo si riferisce all’idea di descrivere “una pavana/danza che una piccola principessa(infanta) può aver ballato in tempi passati presso la corte spagnola

_Maurice Ravel – Pavane pour une infante défunte

La prima versione di questo delicato brano fu scritta per pianoforte, ma la seconda, per orchestra da camera, è di gran lunga la più nota. La condotta melodica, nobile e trattenuta, affida al timbro dolce ora del corno, ora del flauto, ora dell’oboe, il compito di comunicarci un sentimento di dolore tenero e senza enfasi; mentre l’armonia tersa e vagamente arcaicizzante evidenzia tratti già fortemente caratterizzati.

Il titolo si riferisce all’idea di descrivere “una pavana/danza che una piccola principessa(infanta) può aver ballato in tempi passati presso la corte spagnola

_Modest Mussorgskij – Una notte sul Monte Calvo, per Orchestra https://www.youtube.com/watch?v=zKP7F3p18SU

Mussorgskij stesso indica il “programma” di questo poema sinfonico, che si ispira al sabba delle streghe: “Suoni sotterranei di voci soprannaturali – Apparizioni degli spiriti dell’oscurità seguito da quelli di Satana – Glorificazione di Satana e celebrazione della messa nera – Il sabba delle streghe – Al culmine dell’orgia la campana della chiesa di un villaggio suona e disperde gli spiriti dell’oscurità – L’alba

_Dmitrij Shostakovic -Suite per Orchestra Jazz n. 2

E’ una composizione che noi oggi conosciamo nell’orchestrazione del compositore e musicologo inglese Gerard McBurney del 2000. Fu composta ed eseguita a Mosca nel 1938 per la neonata Orchestra Jazz Nazionale Sovietica, diretta da Wiktor Knuschewitzki. Nel tragico trambusto della seconda guerra mondiale, la partitura andò perduta, ma una sua riduzione per pianoforte fu riscoperta nel 1999 da Manashir Yakubov. Solo tre movimenti della suite furono ricostruiti e orchestrati da Gerard McBurney, ed eseguiti per la prima volta a Londra il 9 settembre del 2000 dalla BBC Symphony Orchestra sotto la direzione di Andrew Davis.

Sino ad anni recenti, un’altra suite di Shostakovic, articolata in otto movimenti, è stata erroneamente identificata e registraome la Jazz Suite n. 2. Quest’opera è ora correttamente nota come laSuite per orchestra di varietà, il cui “Valzer n. 2” è stato reso celebre dalla colonna sonora del film di Stanley Kubrick.

Dal 2008 la sinfonia è anche utilizzata come colonna sonora ufficiale del Giffoni Film Festival.

Quando la musica e le immagini evocano dolore:

_Henryk Mikolaj Gòrecki (1933-2010) – Sinfonia n.3


Probabilmente la musica più carica di emozioni mai scritta.
Ogni movimento include un Soprano che canta testi sulla guerra e sulla separazione. Ma è il secondo movimento che davvero emerge, qui il testo è preso da scarabocchi trovati su un muro di una cella della Gestapo durante la seconda guerra mondiale e, come si può immaginare, è qualcosa di straziante anche se l’autore lo rende in modo così trascendentale da lasciare stupefatti.

Non basta questo post per raccontare tutta la musica, tutti i generi musicali, ma avrò tempo e modo per farne ascoltare altre di meravigliose.

La musica trasmette a ciascuno significati diversi e a volte può comunicare cose diverse in momenti diversi ad una stessa persona.” Daniel Barenboim

Musica classica

LA SCRITTURA MUSICALE

a cura di GIOVANNA FERRO

La scrittura musicale o notazione nasce dall’esigenza di tramandare le melodie dei canti cristiani.

Fino circa al IX secolo i canti venivano tramandati mnemonicamente, senza l’aiuto di alcuna scrittura. Solo se si conosceva la melodia si poteva cantarla, altrimenti non vi erano supporti.

Il primo sistema di scrittura musicale documentato e interpretato è stato quello greco, che ha visto due fasi distinguibili: una notazione greca strumentale che si serviva di segni, lettere di un alfabeto arcaico che potevano assumere tre posizioni (dritta, rovesciata e orizzontale) per indicare le note ; altro era un sistema vocale , che utilizzava una lettera dell’alfabeto ionico per ogni suono, senza distinzioni di posizione.

L’alfabeto ionico fu introdotto ad Atene da Archino nel 403/402 a.C., sotto l’arcontato di Euclide, e di lì si diffuse nel resto della Grecia, soprattutto in età ellenistica. 

I romani lo adottarono questo sistema, ma sostituirono le lettere greche con le prime quindici dell’alfabeto latino.

Verso il X secolo Oddone di Cluny venerato come santo dalla Chiesa cattolica, fu il secondo abate dell’abbazia di Cluny e fu tra gli artefici della riforma cluniacense, applicò la notazione alfabetica al sistema dei greci.

La prima scrittura medioevale detta chironomica, poteva essere utilizzata solo da chi conosceva già i brani musicali, in quando chi dirigeva col solo gesto della mano, oltre a dare indicazione del tempo, mostra l’andamento ascendente o discendente della musica.

Parallelamente a queste notazioni alfabetiche, nel medioevo, nacque e si sviluppò la notazione neumatica, che si basava sui simboli grafici degli accenti acuto e grave del linguaggio parlato: questi segni vennero chiamati neumi. I primi segni furono molto semplici e generici: un accento acuto ( / ) dava l’idea di una melodia ascendente, un accento grave ( \ ) dava l’idea di una melodia discendente. I neumi in un primo tempo erano collocati direttamente sopra le sillabe del testo da cantare.

La notazione neumatica ebbe uno sviluppo estremamente differenziato nei vari paesi europei e l’unificazione delle diverse scritture neumatiche avvenne con la notazione quadrata, invece quella diastematica introdusse il concetto di altezza con due linee, una per il Fa e una per il Do.

Il monaco benedettino Guido D’Arezzo (995-1050) può essere definito il fondatore della moderna notazione musicale. A lui spetta il merito di aver definito un insieme di quattro linee, chiamato tetragramma, dal greco tetra/quattro e gramma/linea, che potevano essere attraversato verticalmente da stanghette per dividere tra loro le frasi musicali.

Inoltre fissò i nomi di sei suoni con le sillabe Ut RE MI FA SOL LA , tratte dalle sillabe iniziali dei versi di un Inno composto nell’VIII secolo da Paolo Diacono: l’ Inno a San Giovanni.

UTqueant laxis REsonare fibris MIra gestorum FAmuli tuorum SOLvi polluti LAbii reatum

Sancte Joannes

Affinchè i tuoi servi, a gola spiegata, possano esaltare le tue gesta meravigliose, togli, o San Giovanni, ogni impurità dalle loro labbra”

La nascita del vero e proprio rigo musicale risale al sec. XI, quando Guido d’Arezzo propose l’adozione del tetragramma (rigo di quattro linee), che poteva essere attraversato verticalmente da stanghette per dividere tra loro le frasi musicali. Con questo tipo di notazione si poteva indicare con precisione lo svolgimento della melodia dal punto di vista dell’altezza. Rimaneva da definire la durata. Nel gregoriano il ritmo era sostanzialmente affidato all’orecchio, che, con una certa libertà, seguiva gli accenti delle parole. Con la nascita della polifonia questa libertà non poteva più esserci.

I segni scritti offrono di conservare la musica nel tempo, e di trasmetterla a distanza nello spazio. Noi non potremmo oggi ascoltare composizioni del Medioevo o del Rinascimento o dell’Ottocento se non ci fossero rimaste le partiture che ci permettono di leggerle e riprodurle. La scrittura serve dunque ad assicurare la durata di un prodotto della espressività umana che diversamente, affidato ai soli mezzi della memoria, tenderebbe ben presto ad alterarsi e a svanire. Contemporaneamente, la scrittura permette a chiunque, anche se non ha sentito l’esecuzione originale, di conoscere la composizione e di suonarla o cantarla.