Interviste

DORA SISTI: la voce che incanta

DORA SISTI: la voce che incanta

intervista di Giovanna Ferro

  A sette anni di distanza dal debutto con l’opera prima “Mai prima d’ora”, in cui Dora Sisti, cantante e compositrice abruzzese, narra la musica, in cui i versi diventano canto, accompagnati da citazioni colte e passaggi autobiografici, trasmettendo una parte di sé e trasformando pensieri astratti in immagini vere, arriva il suo nuovo album.

  Dora Sisti ha presentato insieme al suo Quintetto, il 15 febbraio scorso alla casa del Jazz di Roma, il suo nuovo progettoRime of the ancient mariner, una Suite, non nel senso barocco del termine, composta musicando le liriche della Ballata del vecchio marinaio  tratte dall’omonimo poemetto del poeta inglese Samuel Taylor Coleridge, pubblicato nel 1798 e divenuto un manifesto della corrente del romanticismo.

  Durante la performance sono state proiettate illustrazioni realizzate dall’artista tedesca Aurelia Luitz, che ripercorre il cammino del Marinaio, dando  maggiore forza visiva alla musica.

  Un’opera originale, una moderna Lyrical Ballad, “Rime of the ancient mariner” dicui Dora è cantante e autrice delle musiche, è un progetto ambizioso, un contest album dove trovano posto poesia e letteratura, esplorando nuove armonie jazzistiche. Le canzoni descrivono un mistico mondo soprannaturale ben calibrato con il mondo del reale; l’opposizione tra razionalità e irrazionalità, tra ragione e immaginazione. Undici tracce che riassumono le sette parti delpoema delloscrittore romantico inglese e che lasceranno, a loro volta, traccia nel Jazz italiano.

«Dio ti salvi, vecchio Marinaio,
dai demoni che così ti torturano! –
Perché guardi così?» – Con la mia balestra
Io trafissi l’Albatro.” 

 da La ballata del vecchio Marinaio

 Dora Sisti, con un curriculun di tutto rispetto, ha una voce che incanta: leggera, ma al tempo stesso potente. Pur avendo una formazione jazzistica, il suo canto non eccede mai in svolazzi e tecnicismi; anche nelle improvvisazioni la sua voce resta naturale e il suo timbro cristallino, limpido, che rivela passione ed eleganza nelle sue interpretazioni.

Da Rime of the ancient mariner :

Ora vorrei che fosse Dora a raccontarsi:

Il nostro è un blog principalmente al femminile. Avrei piacere di conoscere Dora prima come donna e poi come artista. E quanto della donna c’è nell’artista Dora Sisti?

  Che domanda bella e difficile! Sono una donna di quasi trentadue anni, nata e vissuta in una piccola cittadina della provincia abruzzese. A 19 anni mi trasferisco a Roma, una città che ho sempre amato e sognato e in questa città scelgo la Musica, mi innamoro e divento mamma. Penso che nella Dora artista ci sia moltissimo della donna, la semplicità, le insicurezze e la voglia di riuscire della ragazza di provincia, la pazienza e l’amore della mamma, la passione e la premura dell’amante.

Quanto la passione per la poesia, la letteratura hanno influenzato la scrittura  delle tue canzoni?

  Moltissimo, la mia prima composizione è nata da alcuni versi di Emily Dickinson. Questo per dire che la “poesia” da sempre ha rappresentato l’incipit del mio essere compositrice, è un qualcosa di innato, su cui probabilmente non ho meditato neanche più di tanto, è una parte di me. Penso abbia origini lontane, una nonna (preside) che mi parlava in versi, un fratello poeta e amante della poesia, un Liceo Classico (quello di Lanciano) di cui ricordo docenti illuminati e compagni meravigliosi.

Nelle canzoni del tuo primo disco Mai prima d’ora troviamo pensieri astratti, trasformati in vere e proprie immagini: citazioni colte, passaggi autobiografici e addirittura l’arrangiamento in note di una poesia di Emily Dickinson “Robin’s Waltz”.

  Quando uscì Mai Prima D’ora avevo appena compiuto 24 anni ed ero nel pieno dei miei studi jazzistici. Il legame con il Jazz emerge in modo chiaro, nonostante fossero già presenti influenze e contaminazioni. La scrittura è aulica, ma non per questo poco sincera. Dal punto di vista dei significati, in Mai Prima D’ora mi sento soprattutto “figlia”, figlia nella vita e figlia di un genere. Non a caso il brano di punta è Everytime I see you, dedicato al mio papà, “You’re my only love, you’re my only prince”.

Invece The Rime of The Ancient Mariner, tuo ultimo lavoro, è una suite composta musicando le liriche, tratte dall’omonimo poemetto del poeta inglese Samuel Taylor Coleridge. Ce ne parli?

  Il mio incontro con Coleridge è stato del tutto casuale e risale a una telefonata di Carlo Ferro (pianista del gruppo) “Ma la conosci La Ballata del Vecchio Marinaio, beh, dobbiamo assolutamente scriverci una suite.” Non esitai un secondo, comprai immediatamente il libro e iniziòun percorso di conoscenza reciproca.E’ un poemetto di fine Settecento, pietra miliare del Romanticismo inglese. Il Marinaio durante un banchetto di nozze ferma un convitato ed inizia a narrare la storia del suo viaggio di cui vi svelerò i due momenti salienti, perlomeno secondo la mia lettura. Il primo momento è l’incontro con il male assoluto, quel male che non ha bisogno di moventi e che conduce il Marinaio all’uccisione crudele e gratuita di un Albatro; il secondo momento invece è la benedizione inconsapevole delle creature marine da parte del Marinaio. Morale della favola? Prega bene e ama bene colui che sa amare tutte le creature, grandi, piccole, uomini, uccelli e bestie. E’ di un’attualità sorprendente.

Dal punto di vista strettamente musicale la scelta di una ballata letteraria (lyrical ballad) ha agevolato moltissimo la “messa in musica”, la ballata infatti nasce come tipologia poetica di origine popolare ed è caratterizzata da una metrica che ne esalta la cantabilità.

Jazz, musica d’autore: come definiresti il tuo genere musicale?

  Ad essere sincera, non saprei definirlo. Talvolta questo sfuggire dalle etichette di genere rappresenta una grande ricchezza, talvolta, dal punto di vista del mercato, mi fa sentire un pò “orfana di genere”. La matrice è sicuramente jazzistica, ma c’è molto altro. Rock, prog, r&b, pop, musica classica contemporanea. In questi casi una parola che funziona molto è “Jazz Crossover”, ma non so quanto possa rendere l’idea. Quando ho scritto la suite non mi sono posta neanche per un istante il problema del “genere”, cercavo di ascoltare le parole del Marinaio e di connetterle con il mio sentire umano ed artistico.

Nonostante il tuo ruolo di leader, dietro ad ogni componimento c’è un grande lavoro d’insieme: come è nato il Quintetto? Mi parli dei suoi componenti?

  Quando penso al mio gruppo avverto nel cuore un fortissimo senso di gratitudine. Ci siamo conosciuti nel 2009 a Roma, nelle classi del Saint Louis College of Music, un’importante accademia musicale, tutti fuori sede e con un amore sconsiderato per la musica. Per un bel pò siamo stati l’uno la famiglia dell’altro. Quando siamo sul palco, questo senso di famiglia si avverte fortissimo. Carlo Ferro, un pianista eccezionale, è sempre stato un grande punto di riferimento musicale, mi fido ciecamente di lui, conosce a fondo la mia musica e sa valorizzarla come pochi. Giuseppe Salvaggio al basso e Marco Tardioli alla batteria, una ritmica spaziale, fatta di piedi per terra e lanci in orbita, groove, intesa e sensibilità. Dulcis in fundo, Andrea Verlingieri al sassofono soprano e tenore, nonostante la natura solistica del suo strumento, si è messo al completo servizio della suite e del Marinaio. Le mie indicazioni avevano ben poco di musicale, ero alla ricerca di suggestioni “qui sei l’Albatro, qui sei la Tempesta, qui sei il ricordo del Marinaio”.

Quali sono i tuoi progetti futuri dopo l’uscita di quest’ultimo grande Album?

  La cosa che amo fare di più è scrivere, scrivere musica. Sto scrivendo cose nuove, completamente nuove, prevalentemente in italiano. E’ una strada inaspettata, che non ho cercato. Ci sono cose che sedimentano nei terreni della mente e del cuore e che poi, semplicemente fioriscono. Quando scrivo mi sento così, a raccogliere fiori che non appassiscono.

Dora Sisti
Dora Sisti

Eventi

SALERNO LETTERATURA FESTIVAL 9a edizione

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a cura di Giovanna Ferro

Gli ultimi due giorni, quelli del 25 e 26 giugno, di Salerno Letteratura sono stati intensi e carichi di emozioni. Tanti gli incontri con scrittori. Di seguito ve ne propongo qualcuno.

Daniela Ranieri, antropologa, scrittrice, giornalista del Fatto quotidiano, dove scrive di politica e cultura, presenta il suo ultimo romanzo Stradario aggiornato di tutti i miei baci edito da Ponte alle Grazie.Si tratta del diario di una donna in dialogo costante con se stessa e con il mondo, dal quale emergono ossessioni, il rapporto con l’amore e il corpo, ipocondria e nevrosi. Dalla pandemia di Covid-19 alla vita quotidiana di Roma, tutto viene fatto oggetto di narrazione ironica e burrascosa, ma in special modo le relazioni d’amore: le tante sfaccettature di Eros – l’incontro, il flirt, il piacere, le convivenze sbagliate, la violenza, l’idealizzazione, la dipendenza, l’amore puro – vengono sviscerate nello stile impareggiabile dell’autrice, un misto di strazio, risentimento, ironia impastati con la grande letteratura europea. Grazie a una voce femminile estranea a qualunque cliché, Stradario aggiornato di tutti i miei baci è un esempio originale di abilità narrativa, capacità di osservazione e intelligenza profonda.

 Incontro con Jonathan Bazzi che presenta Febbre edito da Fandango.Il romanzo autobiografico alterna il presente del 2016 al passato del bimbo cresciuto a Rozzano, facendo emergere l’incredibile forza di un ragazzo che vuole vivere e vive, lasciando che la sopravvivenza appartenga a chi non sa di poter andare oltre. Bazzi rivela un talento narrativo capace di fare la differenza, regalandoci una storia di debolezze umane e resilienza, che esula dai giudizi e sposta il baricentro sull’accettazione delle fragilità.Una febbre che arriva un giorno di gennaio e non va più via: costante, spossante. Poi, la scoperta: Jonathan è sieropositivo. La diagnosi dà inizio a un viaggio all’indietro, nella storia del protagonista. La vita difficile in periferia, Rozzano, il desiderio di riscattarsi, di accettarsi. Un esordio di successo. In dozzina allo Strega del 2020, sarà portato presto sullo schermo. La rivelazione di un nuovo scrittore, che racconta al pubblico di Salerno Letteratura il suo cantiere espressivo ed emotivo.

Figlio di genitori ragazzini che presto si separano, allevato da due coppie di nonni, cerca la sua personale via di salvezza e di riscatto, dalla predestinazione della periferia, dalla balbuzie, da tutte le cose sbagliate che incarna (colto, emotivo, omosessuale, ironico) e rendono diverso. “

Alessandro Valenti autore di Ho provato a morire e non ci sono riuscito edito da Blu Atlantide, giovane esordiente, vincitore del premio Bagutta Opera Prima. Ho provato a morire e non ci sono riuscito è l’oggetto della mail che Valenti inviò all’editore, con all’interno il testo di questo primo romanzo. L’autore racconta di sé e di quando a 14 anni lui, cresciuto in una bella casa di Verona, conosce su Instagram Emma, sua coetanea che vive in una periferia di Roma. Si innamorano, poi si incontrano. Emma però è cinica, incostante. Moltiplica storie parallele, alcune vere e altre le inventa, e Alessandro ne soffre, ma non si sottrae. La famiglia nel frattempo contrasta l’unione, ma lui imperterrito scappa, si trasferisce a Roma, si inventa una nuova identità pur di stare con Emma. Gira con un coltello in tasca e rischia la morte più volte, si scontrerà con la solitudine, la disapprovazione sociale, la mala romana.Raccontato in prima persona, direttamente dal protagonista, ci permette di immergerci totalmente nella storia. Alessandro racconta e rappresenta al meglio la generazione “millennials”, quella dei primi anni duemila, cresciuta ad Instagram e Tik Tok. Una generazione devastata dai social network, infettata dall’invadente presenza della tecnologia.

Susanna Tartaro, curatrice del noto appuntamento radiofonico sui libri Fahrenheit, nonché responsabile dei programmi culturali di Radio3, autrice di La non mamma edito da Einaudi, in pochi versi, simili agli haiku giapponesi, si mette nei panni di chi i bambini ce li ha davvero, sfidando tutti e rispondendo con questo suo libro a una famosa frase:

“Tu non puoi capire, non hai figli”.”Ma perché non posso capire? È a questo che ho cercato di dar voce”.

Annotato in anni recenti di peregrinazioni tra la città, la redazione, la propria camera da letto, gli appartamenti degli amici, le stanze di albergo, La non mamma è un collage lucido e poetico di haiku, non nel senso rigoroso dei tre versi giapponesi, ma per il dono della semplicità profonda.

Simonetta Agnello Hornby presenta il romanzo Piano nobile edito da Feltrinelli.“Nel mio libro c’è un pezzo di Francesco Durante”dice la scrittrice”Uno dei pochi intellettuali puliti che abbia conosciuto. Non è stato l’unico, ma è sicuramente la persona alla quale sono stata più legata”. La AgnelloHornby, ha voluto ricordare così Francesco Durante, per anni direttore artistico del festival, prematuramente scomparso. E il lavoro di Durante, le sue ricerche, il suo impegno etico profuso nella cultura, sono stati alla base di una porzione importante del suo ultimo libro, Piano nobile, presentato nell’atrio del Duomo, secondo volume di una trilogia iniziata con Caffè amaro e che vedrà in libreria a ottobre Punto pieno.“Le famiglie sono famiglie, e chissà ancora per quanto impediranno, nasconderanno, confonderanno.Una maestosa trilogia dal sapore siciliano. Questo secondo episodio inizia dall’estate 1942 in cui è in atto la II guerra mondiale fino alla metà degli anni cinquanta. La storia di una famiglia siciliana nobile, i cui componenti sono della discendenza baronale Sorci, che vede finire un mondo e nascerne uno nuovo. Un romanzo a più voci come in un concerto in cui i personaggi principali del capitolo danno la loro personale versione dei fatti attraverso memorie, testimonianze che sottolineano l’animo umano fatto di gelosie, vendette, ripicche e passioni.Sulla copertina del romanzo c’è ritratta l’immagine della nonna materna della scrittrice Maria Caramazza, il dipinto fatto dal pittore Francesco Camarda, la cui frase è presente nel libro: “Esprime la sua effettiva intesa capacità di carpire l’animo di chi ritrae”.

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 Incontro con i finalisti Naoise Dolan, Edouard Louis, Elvis Malaj del Premio Salerno Libro d’Europa accompagna il festival fin dalla prima edizione. La terna dell’edizione 2021 Premio, sottoposta alla lettura della giuria popolare, è composta da: Il mare è rotondo , edito da Rizzoli di Elvis Malaj, Tempi eccitanti edito da Atlantide di Naoise Dolan, Chi ha ucciso mio padre edito da Bompiani dÉdouard Louis. La scelta è caduta su tre giovani autori assai diversi tra loro, un francese, una irlandese e un italo-albanese, tutti, seppur giovanissimi, già riconosciuti oltre i confini nazionali e capaci di trattare temi forti con una personalità stilistica già sorprendente.

Autilia Avagliano presenta Din Don Down! La storia di Alberto e della sua famiglia che imparò a volare con lui, edito da Marlin.

“Il dispiacere iniziale dovuto alla nascita di un figlio con sindrome di Down, che si trasforma via via in forza da utilizzare per contribuire, a proprio modo, a rendere il mondo un po’ più adeguato per tutti, anche per chi, apparentemente, non sembra omologabile in prototipi di bellezza o di performance predeterminate

dice la scrittrice, mamma di Alberto. La Avagliano inizia a scrivere questo libro come analisi introspettiva del suo essere madre di un figlio con disabilità. Allo sconcerto iniziale alla nascita, è subentrato poi, col passare degli anni, una sempre maggiore consapevolezza di quanto sia in salita il percorso di una persona con disabilità, di quanto sia distante una vera inclusione sociale, scolastica e lavorativa, confermata da mille esperienze che enfatizzano le diversità piuttosto che appiattirle. Ma giorno dopo giorno, quella stessa disabilità ha fatto sempre più spazio alla Persona e non alla sua condizione, persona capace di esprimere sentimenti fuori dal comune che gioiosamente travolge e insegna e che, piano piano, capovolge i ruoli, insegnando a vivere e a cogliere l’essenza stessa della vita.Gli introiti saranno donati dall’autrice a favore di progetti d’inserimento lavorativo di persone con sindrome di Down nell’ambito dell’APDD, Associazione Persone con Sindrome di Down e Disabilità intellettiva.

 Incontro con Natale Rossi, autore di Poema di mare e di migranza edito da BertoniNella prefazione si legge:

… Mediterraneo, testo in versi, è poema che respira l’atmosfera tragica delle abbaglianze, delle speranze (o spiranze) e degli esiti dei flussi migratori”. E poi: “Nei paesi d’origine, la lotta alla fame, la fuga dalla guerra, dai cambiamenti climatici che desertificano, e, a volte lo strapparsi dalla schiavitù, la ricerca della sopravvivenza, il diritto alla vita, spingono masse di uomini, neri, e non, ad abbandonare i luoghi della propria cultura e interiore storia collettiva. Si cedono al mercato della migranza, sono captati da quello clandestino della tratta degli uomini e dei loro organi. Per le donne, spesso fanciulle e ragazze che partono per aiutare le famiglie, violenze e stupri, schiavitù e prostituzione non hanno verbo per narrarli. E poi il mare, il mar è Mediterraneo”.

Il poema manifesta il disagio per una realtà inaccettabile dalle poliedriche sfaccettature disumane.L’autore di Mediterraneo cerca di svegliare le coscienze umane ricordando i principi universali dell’umanità, in antitesi con le strumentalizzazioni demagogiche che alimentano un odio razziale mai sopito.Alla fine della prefazione, il professor Rossi spiega:

Per questo, Mediterraneo, poema di mare e di migranza’ ama coloro che in qualsiasi parte del mondo si trovino, sono in affanno per la ricerca di una loro identità, per la libertà di espressione, per il diritto alla vita, a vivere dove vogliono. In Dio, se si vuole, con Dio. Senza dio.

Maria Rosaria Selo presenta L’albero di mandarini edito da Rizzoli.La storia attraversa il Novecento come un’onda terribile e tenace, e ci racconta una vita eccezionale, fatta di sogni, di fatica e di passione.Fortissime le figure femminili che emergono dalle pagine del romanzo: Maria, Nunzia, Severina. Ma anche Pupella, prostituta affettuosa e materna; Elena, sorella di Maria, così diversa e determinata; Rosa, la figlia rinnegata di Severina, cresciuta in collegio; Silvia, la figlia amata, che soccomberà al dolore più grande che una donna possa sopportare. E le bimbe di Maria, Livia, Flavia e Rosaria, l’ultima nata che assorbirà su di sé tutte le contraddizioni, le angosce e i tormenti familiari. Ma su tutte si staglia Severina, dura e affilata come un diamante, cattiva, perfida. Un ruolo disegnato con grande forza. Donne indurite dai torti della vita, segnate da un destino di infelicità, rassegnate ma mai indomite, anzi per ciò stesso abituate a vivere a voce e a testa alta, senza paura, use a fare a pugni con la povertà. Donne che a volte si portano dentro lacerazioni dell’infanzia, violate da padri abbruttiti dall’alcol e dalla miseria, e da madri schiacciate che voltano il capo dall’altra parte per non farsi massacrare di botte.Il pregio del romanzo sta tutto nella contrapposizione dei personaggi femminili, nel loro riempire le pagine con la forza del proprio carattere.La storia attraversa il Novecento come un’onda terribile e tenace, e ci racconta una vita eccezionale, fatta di sogni, di fatica e di passione.

Maria Grazia Calandrone presenta il suo romanzo Splendi come vita edito da Ponte alle Grazieuna lunga lettera d’amore che la scrittrice dedica alla madre adottiva.La prima pagina di Splendi come vita riporta l’articolo tratto da un quotidiano datato 10 luglio 1965 nel quale si racconta la vicenda di Maria Grazia, bambina di 8 mesi, abbandonata dalla madre nel parco di Villa Borghese. Dopo il gesto disperato, la madre decise di togliersi la vita annegandosi nel Tevere e il padre la seguì nello stesso tragico destino. Maria Grazia venne dapprima affidata alle balie del brefotrofio di Villa Pamphili, poi felicemente adottata dai coniugi Calandrone. Il racconto di Maria Grazie parte dal momento in cui, a soli quattro anni, la madre le racconta della sua adozione. La “caduta nel Disamore”, così viene chiamata dalla protagonista, corrisponde al momento in cui tra lei e la madre adottiva si insinua una sottile distanza che, giorno dopo giorno, le allontana. Equivoci, accuse e sgarbi si sommano tra loro a definire un distacco incomprensibile, nato da una colpa mai compiuta. Una donna allo specchio, una poetessa, trova le parole esatte per dire il suo crescere al mondo, con tenacia, irriverenza, gioia e abbandono.

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Simona Lo Iacono autrice di La tigre di Noto edito da Neri Pozza. Simona Lo Iacono ha romanzato una delle storie più belle, e meno conosciute, dell’Italia civile. È la vicenda di Marianna Ciccone. Siciliana di Noto, Marianna si laurea in Matematica e poi in Fisica alla Normale di Pisa, unica donna del suo corso. Prosegue gli studi in Germania; e la conoscenza del tedesco giocherà un ruolo determinante nella sua vita. Tornata in Normale salva,seppellendoli, i libri della biblioteca dell’Istituto di Fisica dalle razzie della Gestapo e presidiare quel che restava dell’edificio dopo i bombardamenti, affrontando con fermo ciglio i soldati tedeschi. Il suo coraggio di cittadina e di scienziata fu così ripagato da una Nazione solitamente prodiga di onori: nonostante due abilitazioni a professore ordinario, le fu sempre negata la cattedra, in quanto donna. Sarebbe importante se questo libro desse avvio a un risarcimento postumo. La vita di Marianna Ciccone torna a noi grazie al ritrovamento di una lettera datata 1944 e firmata Luigi Russo, allora Rettore della Normale di Pisa.L’incontro con la scrittrice segna l’avvio della collaborazione tra Salerno Letteratura e Città della Scienza / Fondazione IDIS, in vista dell’edizione 2021 di Futuro Remoto.

Maurizio Serra autore di Amori diplomatici edito da Marsilio. Dopo le biografie di Malaparte e D’Annunzio, insignite rispettivamente di un Premio tre movimenti, la cui materia è un mondo, la diplomazia, che l’autore conosce dall’interno, essendo stato ambasciatore.Di quel mondo, Serra restituisce il senso di sradicamento, il nomadismo, la melancolia, la noia dell’attesa, la violenza dissimulata dietro rituali e protocolli, ma anche la stilizzazione estrema dell’esistenza imposta dal ruolo.L’ambasciatore Serra debutta nella narrativa con tre storie “a tema”, fra professione e passioni.

 Lo scrittore salernitano Manlio Castagna conosciuto per la saga di Petrademone ci racconta due delle sue ultime produzioni letterarie pubblicate da Mondadori: La notte delle malombre, romanzo di successo che narra la storia vera, potente, dimenticata della più grande sciagura ferroviaria europea, avvenuta in una galleria di Balvano il 3 marzo del 1944. Un libro che ci riporta nella vita quotidiana dei ragazzi a Salerno e a Napoli durante la seconda guerra mondiale, mescolando verità storica e spunti narrativi fantastici. La seconda opera è un manuale di cinema per ragazzi intitolato 116 film da vedere prima dei 16 anni, una guida illustrata splendidamente per scegliere i film giusti da vedere divisi per tema e per fascia d’età, con testimonianze di grandi protagonisti del cinema italiano contemporaneo.

  Jhumpa Lahiri autrice americana, nata a Londra da genitori bengalesi, presenta Il quaderno di Nerina edito da Guanda. Chi è Nerina? L’autrice dello scritto, la sua destinataria, la musa o semplicemente il titolo attribuito al testo? Parte da questo ritrovamento il racconto in versi di una donna che è l’alter ego dell’autrice, ma che vive di vita propria in queste pagine. Apolide, poliglotta e colta, la scrittrice ricorda gli studi classici, si sofferma sul rapporto con le parole e sulle relazioni familiari. Scrivendo in italiano, sua lingua di adozione. Entrando per la prima volta nella sua casa romana, l’autrice fa spostare un’antica scrivania, un mobile imponente, con il piano d’appoggio di cuoio consunto incorniciato da un bordo di legno. Dai cassetti foderati di carta fiorentina a gigli saltano fuori alcuni oggetti dimenticati dai vecchi proprietari: francobolli, un dizionario greco-italiano, un uncinetto, alcuni bottoni, la ricetta di una dieta e la foto di tre donne in piedi, sorridenti, davanti a una finestra. Infine, vengono ritrovati dei quaderni di diversi tipi e colori, tra cui uno verde con il nome “Nerina” scritto a mano sulla copertina.È questa la circostanza da cui prende il via Il quaderno di Nerina, costituito da 90 liriche ordinate in 7 sezioni.

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Giulio Busi, grande studioso di filosofia del Rinascimento e di mistica ebraica, autore di Indovinare il mondo. Le cento porte del destino edito da Il Mulino, ci conduce in un viaggio tra mito ed esperienza quotidiana, ponendoci di fronte a un tema, la divinazione. solo in apparenza marginale. Dopo quattromila anni di storia, è ancora possibile indovinare il mondo, presentirlo, intuirlo? Presagi, presentimenti, intuizioni e delusioni: indovinare il futuro è una pretesa impossibile o è una facoltà reale, capace di sorprenderci e turbarci?Divinità classiche, eroine della tragedia greca, indovini di antiche dinastie cinesi, saggi dalla millenaria sapienza indiana, visionari dell’Israele antico o contemporaneo, ma anche personaggi della storia recente o del nostro quotidiano. L’autore con questo libro ci fa entrare nella mente dei personaggi, immaginare il contesto in cui accadono i fatti narrati, riflettere sui dialoghi, approfondire le teorie o i concetti esposti e visitare altri mondi.

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Eventi

SALERNO LETTERATURA FESTIVAL 9a edizione

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Salerno Letteratura Festival 9a edizione

a cura di Giovanna Ferro

Le giornate del 23 e 24 giugno a Salerno Letteratura sono state intense e ricche di eventi. Molti scrittori e scrittrici si sono alternati nelle bellissime location che ospitano il Festival.

Gaia Manzini presenta il suo nuovo romanzo Nessuna parola dice di noi edito da Bompiani in cui racconta la storia di un amore impossibile, della complicata maternità di Ada, della difficoltà a seguire dei binari definiti e del momento in cui invece, almeno in parte, ci si riesce, e il cammino avventuroso di chi deve nascere due volte per conoscere sé stesso

Dio, il lavoro, l’amore, la fedeltà, la famiglia, i figli o la possibilità di averne. Tutto andava in pezzi sul bordo tagliente delle parole.”La vita è il racconto che ne fai – dice l’autrice – essa è sempre pronta ad assumere la forma che vuoi darle nella tua percezione privata, nel tuo vissuto personale, nella narrazione che ne fai a chi ti circonda.”

Ilaria Gaspari autrice di Vita segreta delle emozioni edito da Einaudi, col suo stile originalissimo, senza mai assumere un tono serioso, tra riflessione e narrazione, raggiunge con questo libro il suo ambizioso progetto: provare a ripristinare l’idea, propria del pensiero antico, di una filosofia come arte di vivere, come esercizio volto non a renderci più colti ma più felici, meglio conciliati col nostro demone. E capaci di fare i conti con quelle emozioni che coincidono con la vita stessa. Il tutto, attraversando con invidiabile scioltezza la storia della filosofia e mettendo in gioco e a nudo, amabilmente, i piccoli contrattempi del vivere, la propria biografia, col suo carico di debolezze.”

Le emozioni che abitano dentro di noi ci rendono umani. Fidarsi di quello che proviamo non significa essere deboli o instabili, ma vivi, aperti all’esperienza e pronti a meravigliarsi del mondo.”Pensavo alla frase di Epicuro: “E’ vano il discorso del filosofo che non curi qualche male dell’animo umano, e mi sono detta: proviamo! Ho pur sempre studiato filosofia; tanto vale che metta quello che ho imparato, quello che ho pensato, al servizio di chi vorrà. Ho ascoltato; ho amato piú di prima, perché intorno al mio amore era cambiato, come il panorama quando arriviamo in una radura, il paesaggio delle mie paure.“

Tra venti di guerra internazionali e lotta per i diritti delle donne: siamo in un albergo di provincia, cinque ospiti, un segreto e un intrigo internazionale è la trama del secondo romanzo del salernitano Carmine Mari Hotel d’Angleterre edito da Marlin . Il romanzo si sviluppa tra storia, politica, spionaggio, amore, spinta rivoluzionaria femminile, politica e corruzione in un albergo, a Salerno, immerso un clima internazionale. Al centro della storia un giovane ex disoccupato con ambizioni da giornalista, Edoardo Scannapieco, costretto a sbarcare il lunario come maitre all’Angleterre. Dramma, ironia e suspense si mescolano fra le pagine di Hotel d’Angleterre, romanzo che ha il sapore della piccola storia che s’inserisce nella Grande Storia. Mari racconta un mondo di spie e doppio-giochi.

Gli scrittori trovano spunto dalle cose più inusuali- ci racconta- a me è capitato con la foto di una vecchia cartolina dell’Hotel d’Angleterre. I colori e il tram di una città ormai lontana mi suggerivano un’epoca affascinante: la Belle Époque. Mi è sembrato estremamente suggestivo per imbastire una spy-story: abiti di lusso, progresso tecnologico, effervescenza e voglia di vivere, senza dimenticare le perenni contraddizioni di un Paese spaccato economicamente tra Nord e Sud, il condizionamento della malavita, la miseria delle classi contadine oppresse dal latifondo, la fame e l’emigrazione.”

Caterina Soffici presenta il suo libro Quello che possiedi edito da Feltrinelli, un romanzo che ha al centro due donne, il loro dolore e il loro coraggio. Clotilde, ottantadue anni, una vita di ricchezza e privilegi e sua figlia Olivia, in piena crisi di mezza età. Protagonista di questo bel romanzo è un segreto, terribile, che Clotilde trascina con sé fin da quando è bambina. La paura, il dolore, l’ossessione e la musica che faceva da sottofondo a tutto ciò. Neanche una volta cresciuta e spostatasi questo segreto l’abbandona e diventa anche più violento.Una storia di ribellione e riscatto che è anche l’occasione per raccontare una città e il segno di una violenza che resta nel tempo.

“Troppa bellezza ammazza i luoghi e chi li abita.”

 Nel suo ultimo libro, Valerio CallieriFurie edito da Feltrinelli racconta esistenze violate, trasferendo la rabbia dalla vittima al lettore. Cosa accade dopo un abuso? Esiste un carnefice privo di un passato di persecuzione? Quanto ogni volta che subiamo un’ingiustizia riusciamo a domare le forze antiche che abitano l’animo umano? E immagina, raccontando una storia a più livelli, l’azione delle Furie, che connettono mito classico a immaginario dantesco: un gruppo misterioso che punisce gli uomini accusati di violenze sessuali. Un libro da forte impatto.

 Incontro con Vincenza Alfano autrice di Perché ti ho perduto, edito da Giulio Perrone, un romanzo liberamente ispirato alla vita di Alda Merini. E’ un libro molto particolare, quasi una biografia fantastica e romanzata che racconta l’incredibile vita di una delle più note poetesse italiane. Una storia unica di amore e follia. Una vita che sembra uscita da un grande romanzo ottocentesco nel quale l’amore, sempre devastante, imprigiona corpo e mente fino al divoramento. Si tratta della dolorosa storia d’amore tra Alda Merini, appena sedicenne, ma già conosciuta come la poetessa dei Navigli, e dello scrittore, più attempato, sposato e padre di una bambina, Giorgio Manganelli. Due grandi menti che potevano essere destinate a una storia indissolubile, ma nella quale, invece, ha prevalso un terrore così profondo che ha distrutto ogni cosa. Manganelli, attratto dalla giovane poetessa, sentiva però che su di loro aleggiavano ombre oscure. Impaurito, preferì abbandonarla scomparendo in quella famigerata fuga che da Milano, in lambretta, lo portò a Roma dove visse fino alla morte. Ma non si accontentò di lasciarla, cercò anche di convincere la giovanissima Alda che poteva imparare a essere felice senza di lui, magari con un nuovo amore. Era troppo giovane Alda, troppo innamorata. Non le restò che soccombere. Un percorso di cadute e resurrezioni. Nulla avviene per lei senza dolore. Ma la poetessa continua ad amare.

Navid Carucci autore di La luce di Akbar, edito da La Lepre, romanzo dell’impero Moghul ambientato nell’Hindostan del XVI secolo ed è un testo che, a cavallo tra la finzione e la Storia, affronta temi sempre attuali: il dibattito religioso, la natura del potere, il dialogo tra civiltà diverse e la difficoltà ad accettare l’eredità dei padri. Franco Cardini, nell’introduzione, scrive chequando riusciremo a riappropriarci di quest’immensa cultura, allora il brigantaggio perpetrato dalla Modernità colonialista sarà battuto. Ogni pagina è una sorpresa: siamo trascinati fra sottilissime dispute teologiche e raffinate dolcezze del vivere, marce militari e città incantate che quasi stordiscono.“È strano[…]Tu ti senti bloccato perché tuo padre t’ingombra la via, io mi sento perso perché il mio non me l’ha indicata. Forse i padri sono destinati a sbagliare in ogni caso.

L’autrice italo-giapponese Laura Imai Messina presenta Le vite nascoste dei colori, edito da Einaudi in cui racconta l’ Estremo Oriente.

Nero mezzanotte con una punta di luna, indaco che sa di mirtillo, giallo della pesca matura un attimo prima che si stacchi dal ramo: Mio sa cogliere e nominare tutti i colori del mondo. Ha appreso l’arte dei dettagli invisibili guardando danzare ago e filo sui kimono da sposa, e ora i colori sono il suo alfabeto, la sua bacchetta magica, il suo sguardo segreto. Aoi, invece, accompagna le persone nel giorno più buio: lui prepara chi se ne va e, allo stesso modo, anche chi resta. Conosce i gesti e i silenzi della cura. All’inizio sembra l’amore perfetto, l’incanto di chi scopre una lingua comune per guardare al di là delle cose. Ma il loro incontro non è avvenuto per caso.”

 

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Con Maestre d’amore. Giulietta, Ofelia, Desdemona e le altre, edito da Einaudi, Nadia Fusini torna alla saggistica con un’opera dedicata all’amore, come si legge nella ouverture “convocando a madrine le donne – sì, le donne, alle quali Dante attribuisce uno spontaneo intelletto d’amore” aggiunge. Non è nuova a parlare d’amore anche in pagine di narrativa: ricordiamo il bel romanzo epistolare “L’amore necessario” o nel più recente “Maria” in cui l’amore fa male.”

Anglista, scrittrice, filosofa la Fusini ha un’idea alta della letteratura, quando è veramente grande, è una vera e propria chiave di accesso alla realtà. L’amore è tra gli oggetti conoscitivi più sfuggenti. Platone gli dedica un dialogo, il Simposio, in cui l’ultima parola l’affida a Diotima, la sacerdotessa di Mantinea, verso la quale Socrate si mostra singolarmente remissivo. È allora che forse comincia la storia della donna come intelletto d’amore e come depositaria di un segreto precluso alla parte restante dell’umanità. L’autrice accompagnerà il lettore nelle tragedie e nelle commedie di Shakespeare come fossero scene della vita, anche se è consapevole nello stesso istante di vivere la gioia della letteratura, senza sosta dentro e fuori dagli intrecci e dalle trame per vedere che ne fa la letteratura della vita.

Vero Ghero autrice di Femminili singolari edito da Effequ in cui mostra in che modo una rideterminazione del femminile si possa pensare a partire dalle sue parole e da un uso consapevole di esse, vero primo passo per una pratica femminista. L’autrice, esperta di comunicazione digitale e conosciuta anche per il suo forte impegno nella divulgazione attraverso i social,esplora e decostruisce le certezze della comunità linguistica italiana mettendo in luce come la lingua contribuisca a perpetuare stereotipi e pregiudizi, aprendo allo stesso tempo all’innovazione e alla sperimentazione.Sindaca, architetta, avvocata: c’è chi ritiene intollerabile una declinazione al femminile di alcune professioni. E dietro a queste reazioni c’è un mondo di parole, un mondo fatto di storia e di usi che riflette quel che pensiamo, come ci costruiamo. La Ghero smonta, pezzo per pezzo, tutte le convinzioni linguistiche della comunità italiana, rintracciandone l’inclinazione irrimediabilmente maschilista.

 Vivere è pericoloso, ma la felicità esiste, parola di Luc Lang, presentando il suo ultimo libro La tentazione, edito da Clichy. Vincitore del Prix Medicis 2019, Lang ha scritto un volume potente che è la storia di un mondo che precipita, fino a far diventare la realtà opposta al nostro pensiero.

L’idea di La tentazione mi è venuta immaginando un cervo che mi tagliava la strada. Una specie di visione. Lì ho iniziato a pensarci sopra ed è nata questa storia”.

Ed è proprio il cervo a diventare il simbolo di una scelta tra l’abisso e la rinascita. Il protagonista è Francois, chirurgo cinquantenne e amante della caccia. Un giorno si trova davanti un enorme cervo e colpito dalla sua bellezza, spara ma non lo uccide. Tema centrale è il sublime, incarnato da una natura selvaggia, quella che ci sommerge e ci spinge a rendere possibile la nostra capacità di trovarla nelle cose”. Ma gli spunti di riflessione sono tantissimi. A partire dai complessi rapporti tra padri e figli. La tentazione è la storia di un mondo che precipita, un vecchio mondo dove tutto improvvisamente si sgretola e si incendia, e di un nuovo mondo che sorge, dove tutto ciò che si credeva non conta più, dove ogni riferimento salta e dove la realtà ci appare improvvisamente opposta a ogni nostro pensiero.

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Eventi

SALERNO LETTERATURA FESTIVAL 9a edizione

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Salerno Letteratura Festival 9a edizione

a cura di Giovanna Ferro

Le giornate lettererarie continuano a Salerno.

Lunedì 21 e martedì 22 i magnifici luoghi, che accolgono i maestri della scrittura, hanno visto sfilare altri grandi nomi della letteratura.

Incontro con Gianluca Nativo autore di Il primo che passa edito da Mondadori. Il suo romanzo d’esordio è la storia di una dolorosa e ingenua iniziazione sessuale, un coming of age nervoso e febbrile, ma è anche il racconto potente di un amore giovane, in una Napoli sempre combattuta fra squallore e grazia. Non è solamente il racconto di un risveglio sessuale, ma anche, e soprattutto, la ricerca affannosa della propria identità in un contesto sociale e culturale che mal sopporta tale diversità.

“Le esperienze fondamentali di una vita possono contarsi sulle dita di una mano. Nel dito di poco più di un anno era cambiato tutto. Ero stato capace di concentrare in pochi mesi emozioni che andavano distribuite con calma nel corso di una qualsiasi adolescenza mi ero costruito un’identità senza programma, senza mai riconoscermi in niente se non nelle persone che sfilavano davanti al mio desiderio.”

Liliana Bellone presenta Il Libro di Letizia. Romanzo di Capri edito da Oèdipus. continua la storia di Sulle tracce di Elena, del 2018, in cui si racconta l’incredibile vita di Elena Hosmann, argentina. Letizia Cerio de Álvarez de Toledo, figlia di Edwin ed Elena, è una donna colta ed elegante, che frequenta salotti e centri culturali tra Capri, Parigi, Buenos Aires, pittrice, giornalista, disegnatrice di tele ed arredi. In questo romanzo confluiscono e si sviluppano non solo le trame familiari, ma anche le strategie narrative di una letteratura che si muove agilmente tra la realtà e la finzione, la scrittura saggistica e quella creativa.

“Il colore della ripartenza? Me lo immagino verde, ha raccontato la scrittrice e giornalista Daria Bignardi prima di ricevere il bagno di folla a largo Barbuti. 

Oggi faccio azzurroedito da Mondadoriil suo ultimo e settimo romanzo, in cui muove con maestria i suoi protagonisti in una storia di amore e di mancanze, di separazione e di luce. L’amore perduto e la vita da ritrovare, guardando il cielo: Galla ha perso il suo grande amore, il marito Doug, che l’ha lasciata improvvisamente dopo vent’anni di vita insieme. Si sente colpevole per questo, colpevole di essere stata abbandonata, responsabile del proprio stesso dolore e delle mancanze che l’hanno generato. Un giorno entrata per caso in un museo che ospita una mostra di Gabriele Münter, artista tedesca che fece parte del gruppo del Cavaliere Azzurro con Vasilij Kandinskij, Galla viene colpita profondamente dalla visione dei suoi quadri così pieni di colore e di gioia. Ne viene ipnotizzata.

Nella stanza c’erano solo due ragazzi francesi in pantaloni corti che studiavano i dipinti su vetro appesi alle pareti. Mi ero voltata da ogni parte per capire da dove arrivava la voce e l’avevo sentita di nuovo. «Mi chiamo Gabriele, come l’arcangelo» aveva detto, «ma qui in Germania è un nome da donna. Il tuo invece che razza di nome è?»

Dice la Bignardi: Il dolore passato è passato, lascia le cicatrici ma anche il sollievo di esserne usciti. Visto da fuori, fa l’autore con i suoi personaggi, può essere anche comico, ma mentre lo si vive è insopportabile. Non é mai un buon momento per lasciarsi”

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Un romanzo di formazione Io e Mr Wilder, edito da Feltrinelli, quello di Jonathan Coe, ospite in streaming all’atrio del Duomo, uno dei più formidabili autori britannici, capace di raccontare sentimenti, generazioni, vita privata e vita pubblica, scrivendo per tessere l’autobiografia di tutti .Coe si racconta:

Era il 1975, quando vidi il suo film La vita privata di Sherlock Holmes in Tv. Avevo quattordici anni. L’ho guardato perché ero un fan di Sherlock Holmes, non perché fossi un fan di Billy Wilder. Non avevo mai sentito parlare di Billy. Poi ho iniziato a pensare tra me e me: questo è meglio di Conan Doyle. Wilder aveva ricreato un perfetto Sherlock Holmes. C’era la storia ma aveva aggiunto tanto altro: umorismo, soprattutto, ma anche una vena di malinconia che trovavo molto attraente. Anche la colonna sonora, di Miklos Rozsa, era così bella!”. 

Il suo libro è un atto d’amore per il cinema, oltre che per un suo protagonista Billy Wilder, che in sé stesso rappresenta Hollywood, la celebrità, il genio, ma anche il Novecento, il nazismo, la Shoah, la fuga di tanti verso l’America.

Incontro con Giuseppe Catozzella che presenta il suo romanzo Italiana edito da Mondadori, che dice:

Ci sono i personaggi storici che vengono citati sui libri di testo come i punti cardine degli avvenimenti di una Nazione, e poi ci sono i tanti – innumerevoli – volti che la Storia invece l’hanno fatta lottando nel buio e nel silenzio. Senza di loro oggi noi non saremmo quelli che siamo.”

Maria Oliverio, meglio conosciuta come Ciccilla, è uno di questi volti che hanno combattuto per liberare tutti noi, ed è la protagonista del romanzo. La storia di questa donna rappresenta l’altra faccia dell’Unità d’Italia, spesso dimenticata. Insieme a lei si sogna, si soffre, si provano grandi delusioni e momenti di rabbia. Il coinvolgimento è totale per chi ha conosciuto grandi ideali e ha lottato per questi, oltre ogni confine regionale o nazionale.

“Volevamo fare un’Italia unita per davvero. Un’Italia che doveva trovare la sua unità nell’uguaglianza dei braccianti e del popolo, da nord a sud e non in una guerra infame che ha trattato la parte conquistata come Cristoforo Colombo ha trattato gli indiani. Volevamo scegliere di essere italiani.”

Piera Carlomagno, giornalista e scrittrice di gialli presenta Nero Lucano edito da Solferino: una Matera invernale e inquietante, di straordinario fascino tra tempeste e gravine, fa da sfondo a una corsa contro il tempo sulle tracce di un serial killer implacabile. Il magico Sud e le sue donne forti, dai Sassi di Matera alle vie dei calanchi e alla Val d’Agri dei pozzi di petrolio e delle pale eoliche, la convivenza tra il senso dell’arcaico e l’anelito alla modernità sono il contesto, in una Basilicata invernale e inquietante di tempeste e gravine, in cui si snoda la fitta trama gialla di Nero lucano.

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Emozione e responsabilità: sono queste le parole chiave che usa per raccontarsi Camilla Boniardi, autrice di Per tutto il resto dei miei sbagli edito da Mondadori. Conosciuta come Camihawke su Instagram, è una content creator seguita da 1,2 milioni di persone ed il suo primo romanzo è un bestseller.

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Ho provato emozione e responsabilità nel tentare di regalare al mio pubblico un lieto fine – ha detto – Ed è emozionante pensare come alla fine la vita privata ci accomuna tutti. L’amore è declinato in forme simili ed è sempre bello sentire che è la storia di ognuno di noi”.

 E’ amata da molti giovanissimi, che sicuramente troveranno nel suo romanzo d’esordio tantissimi punti in comune con le proprie esperienze personali. Ritroviamo un po’ di Jane Austen e un po’ di Sally Rooney nel racconto di Marta, che parla d’amore senza mai dimenticarsi della realtà, dove, mentre ondeggiano tra lacrime e sorrisi, i personaggi si abbandonano a profonde riflessioni e a coinvolgenti momenti di autoanalisi.

Gianni Solla presenta il romanzo Tempesta Madre edito da Einaudi: la madre è il centro di tutto, di tutti i suoi perché e delle mancate risposte, avere in dono una madre “che ti piove dentro come una tempesta, che ti allaga e riempie, che non ti concede tregua, che ti carica come una molla e ti lancia come un boomerang, in attesa dei continui ritorni e di nuovi cieli da fendere, con tutto l’amore disperato di cui una donna è capace quando è disperatamente infelice. Jacopo è un bambino che ascolta Cajkovskij, scrive poesie “mature” sulla carta gialla delle braciole, nella cella frigorifera della macelleria di suo padre, che forse sogna di vestirsi da supereroe a Carnevale e non metter più baffetti da Hitler, vive la sua infanzia tra la Napoli bene e il Rione delle Mosche, dentro ha un mondo troppo vasto per contenerlo interamente.Un romanzo che si fa poesia e che accarezza il cuore, che ci insegna che Tutti i grandi sono stati bambini ma non è vero che solo in pochi se lo ricordano. Lo ricordano tutti e a volte serve soprattutto per diventare adulti diversi, adulti migliori.

Eventi

SALERNO LETTERATURA FESTIVAL 9a edizione

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Salerno Letteratura Festival 9a edizione

a cura di Giovanna Ferro

Venerdì 18 giugno si è aperto il Salerno Letteratura Festival.Nel magico scenario dell’atrio del Duomo di Salerno, ad inaugurare la prima serata della nona edizione è il Premio Nobel per la Letteratura Olga Tokarczuk .

“La cultura rende liberi. È una sorta di enorme contenitore pieno di idee e immagini da cui incessantemente traiamo la nostra forza”

Polacca, 59 anni, la scrittrice Olga Tokarczuk ha ricevuto il Nobel per la Letteratura 2018, consegnatole nel 2019.In un discorso pubblico ha denunciato l’antisemitismo e il colonialismo della storia polacca. Ha rifiutato la cittadinanza onoraria della Bassa Slesia, la regione polacca dove vive, per non condividerla con l’altro premiato, un vescovo ostile all’omosessualità. Di recente ha firmato, tra l’altro, un appello a Putin per la salute dell’oppositore Aleksej Navalny, in carcere:“Da sempre sostengo ogni appello per porre fine alle persecuzioni”Identità e metamorfosi sono i temi principali della sua scrittura.Tokarczuk debutta nel 1989 con la silloge di poesie Miasta w lustrach, mentre la sua prima opera in prosa è Podróż ludzi księgi, uscita qualche anno dopo.È tra le scrittrici polacche più tradotte nel mondo, è stata finalista al National Book Award e nella sua carriera ha vinto numerosi premi, tra cui il Man Booker International Prize 2018 con I vagabondi (titolo originale Bieguni, pubblicato da Bompiani con la traduzione di di Barbara Delfino). I vagabondi è un’opera che mescola generi e stili diversi, raccontando molteplici storie che danno vita a un testo dal quale emerge il senso del peregrinare degli uomini sulla terra.La prima casa editrice italiana ad accorgersi di lei è e/o, che nel 1999 pubblica Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli, in seguito proposto da nottetempo con un nuovo titolo, Nella quiete del tempo, con il quale la scrittrice si aggiudica uno dei più prestigiosi riconoscimenti polacchi, il Premio della Fondazione Koscielski.Casa di giorno, casa di notte (Fahrenheit 451), Che Guevara e altri racconti (Forum), L’anima smarrita (TopiPittori) e Guida il tuo carro sulle ossa dei morti (nottetempo) sono le altre opere dell’autrice che possono essere lette in italiano.I suoi libri affrontano temi come l’appartenenza, le radici, il viaggio e l’attaccamento ai luoghi. Le sue storie, spesso ambientate in territori a cavallo tra la Polonia, la Repubblica Ceca e la Germania, hanno qualcosa di mitologico ed esistenziale, e invitano chi legge all’introspezione e alla riflessione.

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Interviste

PREMIO BIANCA d’APONTE

Bianca d’Aponte

Premio Bianca d’Aponte : le voci di Bianca

Articolo e intervista di Giovanna Ferro

Continua “ l’onda rosa” con la 16a edizione del Premio Bianca d’Aponte Città di Aversa, Concorso nazionale per sole cantautrici diventato ormai uno degli eventi più prestigiosi e attesi della musica italiana.

Il Premio Bianca d’Aponte si avvale della direzione artistica di Ferruccio Spinetti e madrina del Concorso di questa edizione sarà Arisa; a lei spetterà il compito di presiedere la giuria, di cantare e di incidere un brano di Bianca d’Aponte, la cantautrice a cui è dedicato il Premio. Il Concorso si terrà al Teatro Cimarosa di Aversa nelle giornate del 23 e 24 ottobre 2020.

Il bando del Concorso è disponibile, insieme alla scheda di iscrizione, su www.premiobiancadaponte.it , la partecipazione è gratuita e la scadenza è fissata per il 28 aprile. Il Concorso è aperto a qualsiasi genere musicale e a brani in italiano o in un dialetto italiano.

A precedere la straordinaria Arisa, autrice e cantante, nel ruolo di madrina, nella scorsa edizione è stata Tosca; e, ancora, nelle edizioni precedenti cantanti di peso come Brunella Selo (2005), Rossana Casale (2006), Petra Magoni (2007), Fausta Vetere (2008), Mariella Nava (2009), Elena Ledda (2010) e Cristina Donà (2011), Nada (2012), Paola Turci (2013), Andrea Mirò (2014), Ginevra Di Marco (2015), Irene Grandi (2016), Rachel Bastreghi (2017), Simona Molinari (2018).

LAssociazione Musicale Onlus Bianca d’Aponte di Aversa, che organizza la manifestazione, è attiva tutto l’anno con la promozione e l’organizzazione di vari eventi artistici e culturali.

Il Premio è natoper dare alle cantautrici italiane emergenti un’opportunità per esprimere la propria arte, per creare, durante il festival, momenti di incontro, di approfondimento e di confronto con discografici, artisti di fama, promoter e addetti ai lavori” , questo è quello che si legge nel sito ufficiale del Concorso, e ancora: Il titolo del concorso, che nella stesura completa è “Sono un’isola: io, donna per una canzone d’autore”, è tratto dall’ultima canzone scritta da Bianca, Sono un’isola, appunto. Un modo per continuare da dove Bianca si è fermata, alla ricerca di quell’isola… il sogno da realizzare.


Ma ora è di Bianca che voglio parlare, di quel sogno spezzato.

Ad Enrico Degeribus, che cura l’ufficio stampa del contest, va la mia gratitudine per avermi dato l’opportunità di presentarvi questo Premio e voglio ringraziare di cuore Gaetano, papà di Bianca che ha voluto parlarmi di lei.

Difficile la mia richiesta, perchè parlare di Bianca persona e figlia gli ha creato un turbinìo di emozioni.

A Bianca piace stare tra la gente, con la gente, specie i meno abbienti, quelli che la società tiene ai margini: queste le sue prime parole.

Bianca a 6 anni inizia lo studio del pianoforte, per desiderio dei genitori che vogliono offrire alla figlia tutte le opportunità e, magari, distoglierla da distrazioni deleterie come passare inutilmente ore davanti ad un televisore. Prosegue, con impegno e lusinghieri risultati, lo studio per sei anni ma l’indole di Bianca, che accetta a fatica le imposizioni, comincia a manifestarsi e la malcelata sua propensione per il classico studio pianistico la manifesta quando, finite le medie, pone i genitori davanti a un bivio: “Lo studio del pianoforte o continuare la scuola”.

Il messaggio, fin troppo chiaro, viene ovviamente compreso dalla mamma e dal papà. E’ quello, però, per loro il momento di maggior soddisfazione perché Bianca, libera dagli schemi che lo studio “imposto” le poneva, inizia ad approcciarsi al pianoforte in piena autonomia e viene fuori il suo amore per la musica.

Negli anni del liceo, Bianca continua a cantare e a suonare e lo fa unendosi ad amici che come lei coltivano la stessa passione; si formano, così, i primi gruppi musicali: ed ecco, allora, che quelle basi musicali, acquisite nell’infanzia, con lo studio del pianoforte, tornano utili a Bianca per cimentarsi nei generi musicali che lei prediligeva.

Di lì, a cominciare a scrivere lei stessa le sue canzoni, il passo è breve. Scrive di getto parole e musica che propone sempre al giudizio di mamma Giovanna e papà Gaetano.

Finiti gli studi al Liceo scientifico, Bianca inizia a viaggiare per soddisfare la sua esigenza di esprimere il suo spirito libero e la necessità di conoscere persone e luoghi nuovi.

Inizia a suonare la chitarra, strumento forse più congeniale per accompagnare le sue canzoni; al nuovo strumento si approccia da autodidatta ma, evidentemente, l’aver studiato pianoforte per sette anni, l’agevola. In verità inizia anche a studiare la chitarra con il Maestro Piero Viti, docente di Conservatorio, ma i tempi che uno studio accademico avrebbero richiesto mal si conciliavano con i suoi. D’altra parte lei stessa dice che la chitarra le serve per comporre ed accompagnare le sue canzoni non per fare la musicista.

Bianca scrive e scrive bene le sue canzoni, parole che toccano l’animo delle persone.

Papà Gaetano insegna all’”Alessandro Volta” di Aversa; Bianca un giorno va a trovarlo e, durante una pausa di un gruppo di allievi che prova dei canti pasquali, l’amore per la musica la coinvolge e canta. Una collega del papà la sente e ne rimane estasiata, tanto da proporre un’audizione con Fausto Mesolella. Detto fatto, la collega di Gaetano, amica della moglie del musicista, combina un appuntamento con Mesolella.

Chi era Fausto Mesolella? Chitarrista, compositore, componente storico della Piccola Orchestra Avion Travel guidata da Peppe Servillo. Tra un tour e l’altro, insieme a Paolo Belli e con gli Avion Travel, nel 1994 forma il Nada Trio. Mesolella è anche produttore: cura i lavori di Alessio Bonomo, Nada, Patrizia Laquidara, Giorgio Conte; lavora per Samuele Bersani, scrive il brano Na stella per Gian Maria Testa, Gianna Nannini lo chiama per una collaborazione. E ancora, arrivano Tricarico, Maria Nazionale, Raiz degli Almamegretta, Fiorella Mannoia. Compone la colonna sonora dell’unico film da regista di Fabrizio Bentivoglio, Lascia perdere Jonny, ricevendo il premio Ennio Morricone il 15 dicembre del 2007 come miglior compositore al Film Festival di Roma proprio per le musiche composte per il film. Era instancabile Fausto Mesolella, purtroppo ci ha lasciati nel 2017.

Fausto Mesolella

Giunti all’appuntamento, papà e collega, che li aveva accompagnati, erano un po’ tesi, Bianca, invece, in compagnia della sua chitarra, si mostra tranquilla ed una volta presentatisi, Fausto la invita cantare.

Mentre lui continua a lavorare al suo computer, ascolta Bianca e alla fine le dice:

” Piccirè , devi uscire dal minore. Tra un mese ci risentiamo e prepara un book fotografico”.

L’ avventura di Bianca come cantautrice ha inizio.

Mesolella diventa, per lei, il primo riferimento certo. E’ attento all’interpretazione, punta alle emozioni, su quello che Bianca attraverso le sue parole e con la sua voce riesce a trasmettere. Molto più peso alla voce lo dà Mara Maionchi, che Bianca ha la fortuna di conoscere all’Accademia di Sanremo e che, dopo averla adocchiata, la invita per qualche giorno a casa sua; la Maionchi, però, dava molta importanza all’impostazione vocale, tanto che Bianca inizia a prendere lezioni di canto.

Ma il suo essere libero, la sua indipendenza, non resistono a regole e convenzioni. Bianca viaggia e scrive tanto. Registra su musicassette le sue creazioni e le consegna, tutte le volte, a papà Gaetano affinchè giungessero, comunque, a Fausto Mesolella.

Nei suoi brani si sente la necessità di essere profondi ma, contemporaneamente, di arrivare a più gente possibile, con un linguaggio trasversale che voglia spronare l’ascoltatore.

L’ascesa di Bianca fortunatamente continua: due anni al Cet di Mogol, poi l’invito di Oscar Avogadro a Milano, il contratto con la Bmg Ricordi, i preparativi per il disco. Il primo singolo doveva uscire a settembre 2003, e invece Bianca ad agosto se n’è andata, per un’aneurisma. Aveva solo 23 anni.

Partirò, con il sole andrò. Verso chi, verso cosa non so…..”“Come Dorothy” di Bianca d’Aponte

Il Premio

Il nome di Bianca ora lo portano un’Associazione e un Concorso.

L’ idea parte da Gaetano d’Aponte che, dopo una conversazione telefonica con Fausto Mesolella, trova solidarietà e approvazione.

Papà Gaetano racconta: il desiderio di restituirle ciò che un destino, che lei stessa definiva beffardo, le ha sottratto proprio quando stava per realizzare il suo sogno.”

Il primo punto dello Statuto dell’Associazione prevede la creazione di un Premio a nome di Bianca d’Aponte. L’Associazione doveva prendere vita il 16 febbraio 2004, compleanno di Bianca, ma per motivi organizzativi viene presentata il 14 febbraio al teatro della Scuola media “Parente” di Aversa, che aveva frequentato.

Ed ecco il Premio che, nelle intenzioni di Gaetano, doveva avere qualcosa che lo caratterizzasse e lo distinguesse dai tanti già esistenti sulla scena musicale italiana.

E ancora da Mesolella parte l’idea di riservare il Premio al cantautorato femminile, una creatura unica in Italia.

Ecco allora che nasce il Premio Bianca d’Aponte Concorso nazionale per sole cantautrici, e Fausto Mesolella ne assume , per sua volontà, la direzione artistica.

Dalla 1a edizione il Premio è cresciuto tantissimo. Ma per arrivare ad affermarsi come uno dei più prestigiosi in Italia, Fausto ha lavorato tantissimo, mettendo in campo tutto il suo talento e carisma.

Allo stesso modo Gaetano e Gennaro Gatto, amico delle elementari di Bianca e vera anima del Premio e della Associazione, hanno viaggiato tanto per dare visibilità al Premio e cercare proseliti: Sanremo, il Premio Tenco, da cui è stato accolto con entusiasmo, benevolenza ed affetto. Ed al Tenco Gaetano distribuiva anche i CD del Premio d’Aponte con i 10 brani partecipanti e un brano scritto da Bianca e cantato dalla madrina di turno. Tra i destinatari, l’attuale direttore artistico del “Premio Tenco”, Sergio Secchi, dopo Amilcare Rambaldi ed Enrico De Angelis, che seguiva il Premio d’Aponte; con lui la musica di Bianca valica i confini italiani e raggiunge Barcellona.

Nasce e continua per tre anni, il Bianca d’Aponte International, manifestazione voluta e organizzata da Cose di Amilcare, che riesce a portare in Catalogna questa eccellenza italiana.

Cose di Amilcare è un’associazione culturale senza scopo di lucro, con sede a Barcellona, intitolata ad Amilcare Rambaldi, fondatore del Club Tenco di Sanremo.

Le canzoni di Bianca verranno interpretate in molte lingue da numerose artiste internazionali: catalano, spagnolo, inglese, tedesco, francese, basco e perfino maori.

A Barcellona ci sarà anche Fausto Mesolella, direttore artistico del Premio Bianca d’Aponte, che riceverà il Premio Rambaldi 2015.

Nell’occasione Mesolella accompagna con la chitarra la voce registrata di Bianca su “Canto di fine inverno”

Anche Enzo Avitabile nel suo album “Lotto infinito” ha voluto omaggiare Bianca d’Aponte con “Bianca”, duettando con Renato Zero “Ho voluto cantare questa storia scabrosa di perdita, castità, assenza” ha detto l’artista.

Alla 10a edizione del Premio Bianca d’Aponte è stato presentato, per volontà di Mariella Nava, il CD “Anima Bianca”, contenente 10 canzoni di Bianca cantate dalle 10 madrine che hanno preso parte alle altrettante edizioni del Premio.

Il Premio

A luglio di quest’anno il CD sarà ripresentato a Rimini nel corso di una Rassegna dedicata alle donne.

Sono un’isola” è il titolo dell’ultima canzone che Bianca d’Aponte che scrisse nel 2003, poco prima della sua tragica scomparsa.

“Che c’è oltre casa mia? Che c’è un po’ più in là? Che nome avrei e chi pregherei se non fossi qua?”.

Bianca vive attraverso le parole e la voce di tante giovani artiste che ogni anno sperano di realizzare un sogno partecipando al PremioBiancad’Aponte

www.premiobiancadaponte.it

Grazie Bianca ! Grazie Fausto !

Interviste

VOCI PER LA LIBERTA’ -Una canzone per Amnesty

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Articolo e intervista di Giovanna Ferro

I DIRITTI UMANI il leitmotiv di 20 brani musicali, di 20 artisti che hanno caratterizzato la quattro giorni di Rosolina Mare, Rovigo, nella “22a Edizione 2019 di “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty” il festival che coniuga canzoni e diritti umani, con l’assegnazione del Preio Amnesty International Italia.

Questa edizione ha visto la solidale unione della forza di due Festival “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty” con la direzione artistica di Michele Lionello e “DeltArte – il Delta della Creatività”, a cura di Melania Ruggini, dove musica e arte si combinano per “dar voce a chi voce non ce l’ha”.

Questa “22a Edizione 2019 di “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty”, ha visto aggiudicarsi il Premio Amnesty International Italia, sezione Big, come miglior brano sui Diritti Umani “Salvagente”, di Roy Paci, trombettista, compositore e arrangiatore siciliano , & Aretuska con il rapper Willie Peyote.

E sulla vittoria lo stesso artista ha commentato : “… è il coronamento di una missione che ho condotto negli ultimi 20 anni, a fianco ad Amnesty International. Non potrei mai immaginare una separazione tra la mia vita di musicista e ciò che accade intorno a noi, le due cose sono inscindibili.”

Salvagente”, canzone sul tema dell’integrazione, scelto da una prestigiosa giuria composta da giornalisti, addetti ai lavori e esponenti di Voci per la libertà e Amnesty International.,

“…IO NON HO MAI VISTO DIFFERENZE
C’È CHI DÀ E C’È CHI PRENDE
CIÒ CHE DAI TI RITORNA SEMPRE

IO NON HO MAI VISTO DIFFERENZE
TUTTI ASPETTANO UN SALVAGENTE
RIPETONO QUA NON SI SALVA NIENTE
…”

E’ un brano che fa riferimento alla salvezza, quella insita in tutte le cose, la pace scevra dall’ipocrisia dei nostri giorni per diventare condivisione di intenti.

ART.2 1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico internazionale del paese o del territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

( dalla Dichiarazione universale dei diritti umani)

Michele Lionello, Direttore artistico del Festival “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty”, ci parla di questa grande iniziativa che da anni si tiene a Rosolina Mare, in provincia di Rovigo:

Come e quando è nata l’idea di creare un Festival e legarlo ad Amnesty International?

Nel 1998 un primo gruppo di volontari inizia a riunirsi all’interno del Centro Ricreativo Giovanile di Villadose , in provincia di Rovigo: accomunati dal desiderio di diffondere e promuovere il rispetto dei diritti umani attraverso la musica, decidono di dar vita ad un concorso musicale aperto a band emergenti proprio nell’anno in cui decorre il 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Nasce così il festival “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty”. Fin dalle origini, la manifestazione viene sostenuta e promossa dalla Sezione Italiana di Amnesty International che crede nelle potenzialità dell’evento, unico nel panorama italiano. Quello che rende unico il festival “Voci per la Libertà – Una Canzone per Amnesty”, è che non si tratta di un evento che vuole raccogliere fondi a favore di Amnesty International, ma vuole che sia la musica sostenere la difesa dei diritti umani e dei principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti umani.

Quest’anno il Festival giunge alla sua 23a edizione. Come si è evoluto dai suoi inizi ad oggi?

In questi oltre vent’anni di storia di passi in avanti e di riconoscimenti ce ne sono stati veramente tanti. Anno di svolta è stato indubbiamente il 2003, anno in cui si crea l’Associazione Culturale Voci per la Libertà, viene introdotto il Premio Amnesty International Italia sezione Big e il Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza premia la manifestazione come “Festival dell’anno“.

Raggiunta una notevole rilevanza a livello nazionale grazie anche ad una crescente copertura mediatica, nel 2010 il festival è stato insignito della Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ricevendo inoltre un messaggio di stima e incoraggiamento da parte del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg. Nel 2018 il cd della XX Edizione del festival vince la prestigiosa Targa Tenco per il “Miglior album collettivo a progetto”.

Sul palco di Voci per la Libertà, a fianco degli emergenti sono saliti come vincitori del Premio Amnesty o in veste di ospiti, tra i più importanti big della scena italiana, come: Ivano Fossati, Modena City Ramblers, Paola Turci, Samuele Bersani, Subsonica, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Fiorella Mannonia, Frankie Hi-Nrg, Enzo Avitabile, Alessandro Mannarino, Edoardo Bennato, Nada, Brunori Sas, Roy Paci, Enrico Ruggeri, Perturbazione, Marta sui Tubi, Levante, Niccolò Fabi, Diodato, Africa Unite, Marlene Kuntz, Bandabardò, Morgan, Tre Allegri ragazzi Morti, Cristina Donà, e tantissimi altri.

Voci per la libertà” non è solo musica, ma tanto altro. Quali sono le attività su cui vi state concentrando?

L’Associazione, oltre al concorso, ha dato vita a tantissimi eventi culturali e musicali in tutta Italia, favorendo l’espandersi di una cultura che, partendo dal cuore, vuole essere un megafono per tutte le voci che hanno un messaggio di rispetto e tolleranza da diffondere.

Negli anni abbiamo indubbiamente ampliato il nostro raggio d’azione, partendo dalla musica arrivando all’arte contemporanea, al cinema, alla fotografia, al teatro; tutta l’arte a favore dei diritti umani. È stato un percorso che ci ha portato davvero a grandi soddisfazioni. A partire dal 2013 organizziamo il festival “Deltarte, il Delta della creatività”. Il progetto d’insieme si pone come un esperimento creativo di rigenerazione culturale, che fin dalla prima edizione assume il carattere della manifestazione itinerante d’arte contemporanea sul Parco Regionale del Delta del Po basata sulla fluidità del dialogo aperto tra creatività giovanile e ambiente. Negli anni successivi anche l’importante evoluzione che l’associazione mette in campo: dagli eventi alle produzioni culturali. Nel 2015, in occasione del 70° anniversario dell’eccidio nazista di Villadose (proprio dove è nata l’associazione) la produzione del film documentario “Presi a caso”, l’opera presentata anche a Montecitorio è stata premiata a Torino nell’ambito del Concorso “Filmare la Storia”. L’anno successivo la realizzazione di “Inalienabile”, progetto multimediale che esplora il rapporto tra musica e diritti umani attraverso l’intreccio di fotografie, voci, luci, video, grafiche, musiche che racchiudono le esperienze, le idee e i significati personali dei grandi big che hanno partecipato al festival “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty”. Per il ventennale del festival viene prodotto un volume di 176 pagine a colori che racconta le emozioni e i contenuti di due decenni fitti di esperienze, con oltre 50 interventi scritti dei protagonisti e con tantissime foto artistiche. Per i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti umani nuova produzione editoriale “In arte DUDU”, la Dichiarazione universale dei diritti umani illustrata da giovani artisti italiani che racchiude un’illustrazione per ciascuno dei 30 articoli della Dichiarazione universale con ulteriori approfondimenti testuali.

Altro aspetto fondamentale su cui negli ultimi anni stiamo investendo molto sono i laboratori didattici all’interno delle scuole. Il progetto “L’arte per i diritti umani” ha l’obiettivo di sensibilizzare gli studenti alle tematiche legate ai diritti umani, comprendendo il valore dell’uguaglianza attraverso gli stimoli creativi che derivano dall’arte.
Tutte queste attività, a partire dal 2017, sono rientrate in “Arte per la Libertà – il festival della creatività per diritti umani”, volto da una parte alla trasmissione dei valori dei diritti umani attraverso l’arte e la musica e dall’altra alla valorizzazione del territorio e del patrimonio culturale.

Da poco è uscito, in coincidenza anche con il 71° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il CD 20×22, che come leggo nella presentazione “non è un semplice CD e non è un semplice libro”. Mi spiega di cosa si tratta?

Come anticipato “20×22” non è un semplice cd e non è un semplice libro. È l’unione delle anime di due festival: “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty e DeltArte – il Delta della Creatività, una più musicale e una più artistica, unite sotto l’insegna di “Arte per la Libertà – il festival della creatività per i diritti umani”.

20×22” è una produzione culturale che vuole celebrare in particolare la 22a edizione di “Voci per la Libertà”, la manifestazione musicale legata ad Amnesty International Italia, con 20 brani di 20 artisti che si sono esibiti nel 2019 nella quattro giorni di Rosolina Mare (Rovigo) e in tutti gli altri eventi di “Arte per la Libertà”. Ma non solo, a fianco di ciascun brano compare un’illustrazione di un artista contemporaneo che ha rappresentato la canzone con una sua opera.

20×22” non è solo un prodotto fisico ma anche un progetto multimediale dal forte impatto emotivo, che vede alternarsi illustrazioni, musiche, fotografie, luci, video, grafiche che si possono trovare su www.20×22.it

Sono ripartiti i lavori per la 23a edizione del Festival “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty”: ce ne vuole parlare?

Sì, con l’inizio dell’anno 2020 sono partiti il bando di concorso per gli emergenti e le selezioni dei brani dei big della musica italiana che porteranno a dare i due Premi Amnesty, quello appunto per gli emergenti e quello per il big durante il festival che quest’anno è in programma dal 17 al 19 luglio a Rosolina Mare (Rovigo). Per quanto riguarda gli artisti emergenti, è disponibile il bando di concorso per questa nuova edizione, a cui possono partecipare cantautori e band che abbiano un brano che parli di diritti umani, in qualsiasi lingua o dialetto e di qualsiasi genere musicale. La scadenza del bando è fissata per lunedì 4 maggio e tutte le informazioni si possono trovare sul nostro sito http://www.vociperlaliberta.it

Dal 2003 Amnesty International Italia e Voci per la libertà premiano una canzone (uscita nell’anno precedente) di un nome affermato della musica italiana sui diritti umani, il Premio Amnesty International Italia sezione Big. Negli anni hanno vinto questo premio: Daniele Silvestri, Ivano Fossati, Modena City Ramblers, Paola Turci, Samuele Bersani, Subsonica, Vinicio Capossela, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Fiorella Mannoia e Frankie Hi-Nrg, Enzo Avitabile e Francesco Guccini, Max e Francesco Gazzè, Mannarino, Edoardo Bennato, Nada Malanima, Brunori Sas e Roy Paci. Una prima selezione è partita proprio in questi giorni. Tutti possono segnalare all’indirizzo info@vociperlaliberta.it, entro il 15 febbraio 2020, brani che abbiano queste tre caratteristiche: pubblicati tra il 1 gennaio 2019 e il 31 dicembre 2019; composti/interpretati da un artista italiano noto; su un tema legato alla Dichiarazione universale dei diritti umani.

Quanto sono importanti i due “Premi Amnesty International Italia”, non solo musicalmente? Soprattutto quale messaggio vuole lanciare a un paese come il nostro in cui il rispetto dei Diritti Umani sembra venir meno?

La notorietà del festival è chiaramente legata al premio dei Big ma per noi è fondamentale la sezione Emergenti. Il promuovere la musica che nasce dalla base, gli artisti che hanno veramente qualcosa di significativo da trasmettere per noi è imprescindibile.
La musica però è lo strumento, il tutto parte dalla necessità di veicolare il valore dei diritti umani e le campagne di Amnesty. Negli ultimi anni questa necessità si fa sempre più pressante non solo per la situazione globale ma proprio per la condizione italiana. Proprio nell’ultima edizione del festival lo slogan che abbiamo portato avanti è stato: “Sui diritti umani non si torna indietro”. Uno slogan che parte dal 10 dicembre 1948, quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite proclamava la Dichiarazione universale dei diritti umani. Per la prima volta veniva scritto che esistono diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per la sola ragione di essere al mondo. Eppure la Dichiarazione è disattesa, anche perché ancora troppo sconosciuta.

Vorrei concludere questa nostra intervista con il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani e con una significativa frase di Eleanor Roosevelt, una delle principali promotrici della Dichiarazione stessa.

Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Art. 1 Dichiarazione universale dei diritti umani

“Dove, dopo tutto, hanno inizio i Diritti dell’Uomo? Nei luoghi più piccoli, vicino casa, così piccoli e vicini da non essere menzionati neppure sulle carte geografiche. Tuttavia questi luoghi rappresentano il mondo del singolo individuo; il quartiere in cui vive, la scuola o l’università che frequenta; la fabbrica, la fattoria o l’ufficio dove lavora. Questi sono i luoghi dove ogni uomo, donna e bambino cerca eguale giustizia, eguale opportunità, eguale dignità senza discriminazione.”

Eleonor Roosevelt

Ringrazio il direttore artistico Michele Lionello per aver illustrato così ampiamente “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty”, volta al superamento della divisione, della discriminazione e dell’odio tra gli esseri umani.

Che siano questi i valori che l’animo umano deve coltivare e riuscire a trasmettere: e se la musica è il miglior tramite, allora viva ed onore a “Voci per la Libertà “, in cui le sono persone sono determinate a creare un mondo più giusto, in cui ogni persona possa godere dei diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.

Vorrei ringraziare l’Ufficio stampa di Voci per la libertà, nel nome di Enrico Deregibus.

Recensioni

L’AMORE ADDOSSO – Sara Rattaro

L' amore addosso - Sara Rattaro - copertina

L’AMORE ADDOSSO di Sara Rattaro

recensione di Giovanna Ferro

“Esiste un momento preciso nel destino di ognuno di noi in cui una cosa diventa chiara:siamo sempre noi gli unici responsabili delle nostre azioni.”

Ero reticente nel leggere questo libro. Mi dicevo “Sarà la solita storia d’amore”, che poi solita non è mai…ma mi sono dovuta ricredere.

In questo romanzo Sara Rattaro ha tracciato, attraverso la figura di Giulia, la protagonista, sentimenti belli e contrastanti. Giulia è donna, figlia, sorella, moglie, amante e madre: in ogni suo essere si palesa in maniera differente. Sembrano tante figure che convergono nella stessa.

La sua lotta, sin da piccola, con una madre che le soffoca anche i pensieri; un marito facoltoso, affettuoso, ma assente; l’altro, quell’amore che lei non ha cercato, ma che l’ha completamente travolta.

“È sempre bello innamorarsi. Sì, è sempre bello anche se non puoi vivere l’amore, se ti devi nascondere o se sai che da adesso in poi non dormirai più. Ma, nonostante le avvertenze scritte in rosso, ti senti appagato, vivo e così giovane da pensare di ipotecarti ancora il futuro. Perché a innamorarsi e a fare follie non sei quasi mai tu, ma la parte migliore di te, e questa a volte sembra essere più che sufficiente per infilarsi in un mare di guai. “

L’Amore addosso è una storia di segreti, di bugie, di amori e di tradimento.

Giulia che vuole far pace col suo pesante passato, che non riesce a perdonarsi, ma che vuole vivere il presente a dispetto di tutto e di tutti, andando contro regole e pregiudizi, accantonando dubbi e difficoltà. Forse per dispetto?

All’inizio il lettore potrebbe non condividere il comportamento di Giulia, ma scorrendo le pagine del libro scoprirà di quante sfaccettature è composto il suo amore.

“Avevo deciso che tutto il mio dolore doveva trovare un posto preciso e smetterla di starmi dappertutto”.

Una scrittura scorrevole, leggera, ma puntuale che invoglia il lettore ad immedesimarsi nella vita della protagonista, nel bene e nel mare. Dall’inizio alla fine, senza sosta, la lettura ti travolge. Solo una donna che conosce le donne poteva far ruotare un romanzo intorno ad una sola protagonista: Giulia, con le sue due vite appese ad un solo filo.

“Ero solo l’unione di due metà sbagliate. “

Sara Rattaro è nata a Genova. È già autrice di cinque romanzi, accolti con grande successo da librai, lettori e critica, e tradotti in nove lingue: Sulla sedia sbagliata, Un uso qualunque di te, Non volare via (Premio Città di Rieti 2014), Niente è come te (Premio Bancarella 2015), Splendi più che puoi (Premio Rapallo Carige 2016).

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Titolo: L’amore addosso

Autore: Sara Rattaro

Edizioni: Sperling &Kupfer

Recensioni

IO, LA MIA STELLA – Federica Magnani

IO, LA MIA STELLA di Federica Magnani

recensione di Giovanna Ferro

Io, la mia stella è un romanzo di Federica Magnani edito da Albatros nel 2020.

L’amicizia e l’amore non si chiedono come l’acqua, ma si offrono come il tè.”

Proverbio giapponese



Una lettura semplice, scorrevole, delicata, in cui i sentimenti più importanti che vivono in una persona, l’amore e l’amicizia, si intrecciano, si fondono per poi trasformarsi diventando unici e diversi tra loro. Sentimenti senza i quali la vita sarebbe più povera.

La storia è quella di Stella e Giulia, due amiche da sempre, che finita la maturità decidono di prendersi un anno sabbatico per la voglia di scoprire luoghi e vivere nuove esperienze, prima di decidere il corso della loro vita.

Madrid farà da palcoscenico alla loro avventura.

La nuova città, un lavoro, condividere la stessa camera renderà ancora più salda e meravigliosa la loro amicizia. Ma un amore inatteso per Stella cambierà quella serena quotidianità che un po’ per volta si erano conquistate.

La passione, l’evasione di attimi, un sentimento profondo, coinvolgente, corrisposto travolgerà Stella. Non mancheranno delusioni ed aspettative infrante.

Sembra che il destino si sia divertito con lei. Stella però ha Giulia: la loro amicizia è forte e indistruttibile.

Per quanto si sia esigenti in amore, si perdonano più errori che nell’amicizia.”

Jean De La Bruyère

La freschezza di questo libro non manca di emozioni.

Sembra quasi che Stella e Giulia siano quelle amiche che hanno percorso con noi un pezzo di vita; attraverso loro ci rituffiamo nei buoni sentimenti, nelle belle amicizie, nella spensieratezza e in quegli amori non più adolescenziali, che forse da adulti abbiamo un po’ bistrattato.

Quello che Stella ci invita a fare è amare noi stessi, perchè solo volendoci bene siamo liberi di dare e disposti a perdonare.

Stella Magnani, moglie, mamma, ingegnere e appassionata di scrittura.

Attraverso i suoi romanzi sostiene il valore e il potere che le donne hanno nella società moderna.

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Titolo: Io, la mia stella

Autore: Federica Magnani

Edizioni: Albatros,2020

Recensioni

LA TREDICESIMA STORIA – Diane Setterfield

LA TREDICESIMA STORIA di Diane Setterfield

recensione di Giovanna Ferro

Quando comprai questo libro non conoscevo l’autrice, mi lasciai conquistare dalla sua copertina e dalla presentazione del The Times “ Un libro splendido, una fuga incantata per chiunque ami la letteratura”.


“Una volta morte, le persone scompaiono. La voce, le risate, il calore del loro respiro. La carne. E alla fine le ossa. Il ricordo perde ogni elemento vitale. É una cosa tremenda e naturale. Qualcuno però fa eccezione a questo annullamento. Perché continua a esistere nei libri che ha scritto. […], ciò che secondo le leggi di natura dovrebbe svanire viene, grazie al miracolo dell’inchiostro sulla carta, conservato. É una specie di magia.”

Questo passo tratto dal libro La Tredicesima storia di Diane Setterfield è un omaggio ai libri e a ciò che rappresentano, come incarnazione dell’immortalità dell’uomo.

E’ un romanzo nel romanzo, un libro che parla di letteratura, in cui le protagoniste vivono attraverso i libri: una li scrive, l’altra li “custodisce”.

E’ un romanzo misterioso, che si scopre un po’ per volta, si avvicina allo stile gotico, è intrigante, con colpi di scena improvvisi. L’atmosfera sembra evocare i romanzi inglesi dell’ ‘800, la sua campagna, la brughiera, i paesaggi nebbiosi, dove misteri e fantasmi non mancano.

La storia ha inizio in una polverosa libreria, quando la sua “custode”, così ama definirsi Margaret Lea, riceve una lettera da Vida Winter, una scrittrice alquanto enigmatica.

Margaret che ama i libri più delle persone, che adora le biografie tanto da cimentarsi, ogni tanto, a scriverne qualcuna, viene invitata dalla famosa romanziera nello Yorkshire per redigere la sua biografia. Vida Winter ha sempre raccontato la sua vita in maniera celata a chiunque l’avesse intervistata, ora ha l’esigenza, forse per l’andare degli anni, di rivelare la sua misteriosa vita. Margaret un po’ titubante accetta e si reca nello Yorkshire dove verrà ospitata dalla stessa Vida.

Due donne di generazioni diverse che si incontreranno e si scontreranno fino a raccontarsi e a ritrovare quelle verità nascoste anche a loro stesse. Margaret viene un po’ alla volta rapita dalla storia della famiglia Angelfield, ma in particolar modo dal libro che Vida non ha mai voluto pubblicare: la Tredicesima storia. Quante volte Margaret leggerà e rileggerà i suoi appunti senza venirne mai a capo. Un intreccio di avvenimenti, di drammi, di vicende a dir poco spaventose, ma anche momenti di affetto e di passioni che riveleranno finalmente la vera storia di Vida Winter.

“Volete conoscere qualcuno? Mente anima e cuore? Chiedetegli di raccontarvidi quando è nato. Ciò che ne ricaverete non sarà la verità; sarà una storia. E niente è più rivelatore di una storia” Vida Winter

Una scrittura chiara, fluida, coinvolgente. Non si perde mai il filo del racconto tra un capitolo e l’altro; il mistero dei suoi personaggi e delle ambientazioni catturano la curiosità del lettore. Descrizioni precise e dettagliate. Le pagine del romanzo hanno un sapore dolce e amaro, di nostalgia e di tristezza. E’ un libro che parla di presente e passato, di libri e di scrittura, ma anche dell’amicizia di due donne.

La Tredicesima storia è il romanzo di esordio di Diane Setterfield, uscito nel 2006 è stato pubblicato in 38 paesi in tutto il mondo e ha venduto più di tre milioni di copie.

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Titolo: La tredicesima storia

Autore: Diane Setterfield

Edizioni: Mondadori