Interviste

FacotTango – Cicero e Morata

Dall’Argentina alla Sicilia il FagotTango di Cicero e Mocata

intervista di Giovanna Ferro

FagotTango di Fabrizio Mocata & Antonino Cicero, Acqua Records 2021

Il tango non esiste più. Esisteva molti anni fa, fino al ’55, quando Buenos Aires era una città dove si vestiva il tango, si camminava nel tango, si respirava nell’aria un profumo di tango. Il tango di oggi è solo un’imitazione noiosa e nostalgica di quel tempo

dirà Astor Piazzolla che stava maturando la sua grande rivoluzione sonora e la svolta definitiva la compì nel 1974 con l’album ‘Libertango’.

Cento anni fa, l’11 marzo 1921, nasceva a Mar del Plata in Argentina, Astor Pantaleon Piazzolla.

Due musicisti siciliani Antonino Cicero e Fabrizio Mocata celebrano questa data con l’uscita del loro disco FagotTango pubblicato con la prestigiosa etichetta discografica argentina Acqua Records.

Antonio Cicero, fagottista, e Fabrizio Mocata, pianista, omaggiano con questo lavoro due grandissimi artisti, unici nel loro campo artistico: Astor Piazzolla e Anìbal Troilo.

Piazzolla considerato musicalmente l’esponente più importante del suo paese e grande riformatore del tango;Troilo tra i più grandi direttori d’orchestra del tango argentino, oltre che il più grande bandoneonista di tutti i tempi.

FagotTango è un tributo al Tango in tutta la sua espressione artistica: da quello tradizionale di Troilo a quello innovativo di Piazzolla. Un progetto ambizioso, quello dei due musicisti, che affronta il tango in una chiave inedita.

Riletture e sperimentazioni musicali fanno di questo album un condensato di poesia, musica e danza. I suoni coinvolgono il corpo e travolgono l’anima. La malinconia del tango, lento, languido e voluttuoso si evoca in brani famosi del repertorio milonguero come “Trampera”, una milonga di Troilo, “Valsecito amigo”, “Quejas de bandoneon”, “Street tango”, “Vuelvo al Sur”e l’inedita traccia che intitola l’album, “FagotTango”, scritta da Mocata.

La combinazione strumentale Fagotto e Pianoforte è alquanto atipica, come la definiscono gli stessi musicisti. Inusuale è l’uso del fagotto nel repertorio tanguero, infatti alcuni brani contenuti nell’album sono stati suonati e registrati per la prima volta con questo meraviglioso strumento. La magistrale bravura dei due musicisti non fa rimpiangere né il bandereon, né la fisarmonica, strumenti più congeniali alla musica argentina. Fagotto e pianoforte dialogano senza mai sovrapporsi: due pentagrammi, due voci, due timbri che si amalgamano con maestria e bravura.

“Mi piace pensare che anche a Piazzolla sarebbe piaciuto questo sperimentalismo“, dice il fagottista Cicero.

FagotTango: https://www.youtube.com/watch?v=LvAx-oMdRLI&list=RDLvAx-oMdRLI&start_radio=1&t=21

Cultura al femminile ha incontrato i due musicisti:

Come nasce la vostra collaborazione: chi ha trovato chi?

Antonino: La collaborazione tra me e Fabrizio nasce dalla passione comune per il tango e da una comune “atipicità” nell’affrontare il genere. Sono io che ho cercato Fabrizio per realizzare un progetto per pianoforte e fagotto che avevo in mente da tempo. Qualche anno fa sui social mi sono imbattuto in Mocata, straordinario pianista, compositore eclettico e siciliano come me; mi piace molto la sua ricerca, la sua musicalità, il suo modo di suonare il tango con una personalità ben precisa e ricca di conoscenza e di formazione. Così, attraverso conoscenze comuni, l’ho contattato, ci siamo scritti per un po’ e abbiamo pensato di realizzare qualcosa insieme.
Gli ho proposto la mia idea di un omaggio a Piazzolla per fagotto e pianoforte per celebrare il prossimo centenario della nascita, un omaggio che affiancasse a Piazzolla la figura determinante di Anibal Troilo.

Fabrizio: Ho conosciuto Antonio il giorno che abbiamo registrato il disco, avevamo comunque diversi amici in comune che sono stati il tramite per collegarsi. Ci siamo sentiti telefonicamente e mi ha proposto di vederci per una sessione di registrazione, e così e stato. In una estate, quella appena trascorsa, in cui ho deciso di risalire l’Italia a tappe musicali da Mazara del Vallo fino a Firenze, Messina è stata una tappa. Con Antonio con cui abbiamo registrato il disco in un pomeriggio, guardando dall’alto lo stretto che separa la nostra Sicilia dal continente.

Due siciliani con la passione per il tango: come mai?

Antonino:Il tango è una passione universale globale. Non siamo gli unici musicisti a essere uniti dall’amore per questo genere musicale. Io amo anche il mondo milonguero del ballo che in Sicilia è molto sentito come in tutto il mondo.
Non sono molti in Italia i musicisti che hanno esplorato il tango della tradizione argentina, quello prima di Piazzolla. Il repertorio e il groove di quella tradizione. Questo mi ha avvicinato a Fabrizio, la sicilianità ha facilitato il riconoscersi in questa ricerca ancora inusuale.


Fabrizio: Il tango è una musica universale. Personalmente l’ho incontrato più di venti anni fa a Firenze, attraverso la musica di Astor Piazzolla. Da quel momento è stato una scoperta continua, che mi ha portato a girare il mondo e a collaborare con grandi artisti. In tantissimi festival sono stato il primo italiano a presentarsi come solista e soprattutto come compositore, un privilegio unico che mi riempe di gioia.

Cosa ti ha convinto, Fabrizio, che un dialogo tra pianoforte e fagotto potesse funzionare in un genere definito, come lo è il tango?

Mi ha convinto la passione e la conoscenza di Antonio, che oltre ad essere un ottimo strumentista, dimostra di conoscere e possedere il linguaggio del tango. Per quanto riguarda tecnicamente, credo che il concetto lo esprima molto meglio Antonio, il fagotto ha un modo di emissione del suono che è affine a quello del bandoneon. A questo proposito mi è piaciuto comporre un tango dedicato a questo strumento, cercando di esplorarne sonorità e possibilità timbriche. Ringrazio Antonio per averlo eseguito.

Sperimentare, rielaborare, rileggere le musiche di due grandi musicisti, nel loro genere, Piazzolla e Troilo: come avete scelto il repertorio?


Antonino
: Io ho proposto a Fabrizio un repertorio di brani di Piazzolla che già da tempo studiavo e mi appassionava, quando abbiamo scoperto l’amore comune per la musica di Troilo, la selezione è stata più semplice del previsto. Dal momento che un omaggio a Piazzolla non poteva non contenere un omaggio a Troilo e al rapporto che ha legato questi due giganti del tango.

Fabrizio: Devo confessare che il repertorio è stato selezionato da Antonio, che ha voluto fare un tributo a due grandissime figure del tango. Per quanto mi riguarda, mi è piaciuto adattarmi alle sue scelte, cui ho contribuito suggerendo uno o due brani. Un repertorio che mescola virtuosismo, tango classico e tango sperimentale in un dosaggio molto equilibrato. Il brano originale invece l’ho scritto proprio pensando all’inusuale suono del Fagotto, che si avvicina sia per registro che per emissione a quello del bandoneon.

L’etichetta discografica di “FagotTango” è argentina: è stata una scelta casuale?

Antonino: Io sono arrivato ad Acqua Records grazie a Fabrizio che ha già pubblicato altri lavori importanti per questa etichetta, attraverso Fabrizio ho conosciuto anche  Ivan Pantarelli che ha seguito il lavoro di produzione dell’album da Buenos Aires tenendo il contatto con Acqua Records.
Per me pubblicare questo progetto con Acqua Records diventa ancora più importante, perché è un’etichetta argentina, una delle più importanti etichette di musica indipendente al cui interno troviamo molti artisti e musicisti di rilievo nello scenario contemporaneo della musica argentina e in particolare musicisti che hanno inciso molto tango.

Fabrizio: L’etichetta Acqua Records mi segue da diverso tempo, con loro ho pubblicato “Swango” e “Cruzando Aguas”, presentati presso la Academia Nacional del Tango e al Festival Mundial del Tango. Nella ultima produzione con Acqua Records, insieme a questo disco, quello con M. Alvarado “Tango y vino”. In tutti questi lavori, c’è la dedizione del produttore I. Pantarelli, che ha curato il suono che mi caratterizza.

In questo anno particolare come avete vissuto la vostra musica?


Antonino: Io ascolto tanta musica, suono ogni giorno e mi manca moltissimo suonare con altri musicisti, mi manca il rapporto con il pubblico durante il concerto.
Per questo sono un po’ contrario a fare i concerti in streaming come sostituzione definitiva del concerto dal vivo, perché per me la musica è come il tango danzato, ci deve essere la condivisione con gli altri e il contatto dal vivo anche per condivide le emozioni, i corpi, la presenza fisica, avere il pubblico come cassa di risonanza, per fare la musica io ho bisogno di queste sentire le vibrazioni che mi arrivi questa energia durante il concerto, tutte quelle emozioni necessarie del concerto live non possono essere sostituite da un concerto in streaming, dietro un monitor. Realizzare questo disco, ad Agosto, come un live è stato un momento molto liberatorio e rigenerante.

Fabrizio: La mia percezione del tango, attraverso lo streaming e i pochissimi concerti dal vivo che sono riuscito a fare nel 2020, è che l’interesse è sempre vivo, nonostante siano proibiti tutti gli eventi di ballo. Paradossalmente è un buon segnale, che ci dice che il tango è cibo non solo per i piedi ma anche per le orecchie.

Il vostro duo, perfettamente amalgamato, ci regalerà altre emozioni in futuro?


Antonino
:Noi non vediamo l’ora di poter suonare dal vivo questo disco e condividerlo con il pubblico, questa è l’emozione che ci auguriamo.

Fabrizio:Assolutamente si. Non vedo l’ora di condividere il palco, l’unico posto dove mi sento a mio agio nel mondo.

Fabrizio Mocata e Antonio Cicero

Ringrazio Antonio Cicero e Fabrizio Mocata e spero che il connubio fagotto- pianoforte ci regali altre musiche edite e inedite, meravigliose e travolgenti come quelle che hanno “raccontato” nel loro album FagotTango.

Il tango è un pensiero triste che si balla” Jorge Luis Borges

 Contatti

Spotify: https://open.spotify.com/album/4KkYIiUs9CDtQm22rKbymfsi=vQxZkk_UQm-4VLXZKNaUiw


Articolo, marzo 2021, per Culturalfemminile

Interviste

Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto di CHRIS YAN

Chris Yan – esce il nuovo video singolo | Newsimedia

Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto di Chris Yan

intervista di Giovanna Ferro

Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto, il nuovo sound contest di Chris Yan.

Chris Yan, ovvero Christian Mastronardi, sound artist, compositore e field recordist romagnolo, ci ha abituato a guardare oltre la musica e ad ascoltare le immagini.

Già conI paesaggi di Böcklin“, titolo ispirato a “Saggi sul paesaggio” del filosofo Georg Simmel e ai quadri di Arnold Böcklin, il video in time-lapse, girato alla celebre Torre di Castelnuovo, nell’Appennino Romagnolo e presunto luogo degli amanti Paolo e Francesca, smuove con i suoni un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato e in cui nulla accade.

ConEppure, ricordo anche dei fiori del tuo volto”, terzo singolo che anticipa l’uscita dell’album “Blasè”, Chris Yan ha voluto regalarci un brano che è un balsamo per l’anima e un piacere per gli occhi. Tra il suono e le immagini, che sono un’esplosione di colori e di effetti, che richiamano i mood dei suoi brani precedenti, si crea la giusta alchimia.

Questa volta i suoni ambientali, del singolo precedente, lasciano, decisamente, il posto ad una sonorità più classica, più romantica, più poetica.

Il tappeto sonoro, affidato al pianoforte, crea un’atmosfera eterea e soffusa.

Una musicalità che cresce un po’ alla volta, fino ad esplodere, come avviene per le immagini, accompagnata da effetti sonori, che rimandano ad un’orchestra d’archi, per poi diminuire fino a dissolversi.

Eppure, ricordo anche dei fiori del tuo volto

“[…]Cercare la gioia nei luoghi più tristi, inseguire la bellezza là dove si nasconde.[…] Sopratutto osservare. Sforzarsi di capire.
Non distogliere mai lo sguardo.
E mai, mai dimenticare.” John Berger

Cultura al Femminile ha incontrato Chris Yan:

CaL: Prima di parlare del tuo ultimo lavoro, avrei piacere a conoscerti meglio. Ci parli di te e di come nasci musicalmente?

CY: Musicalmente nasco come bassista. Ho iniziato quasi per gioco a 11 anni, poi sul serio da 14. Negli anni ho iniziato ad approcciarmi anche al contrabbasso, ai sintetizzatori, chitarre, sitar e a ogni strumento che mi capitasse tra le mani.

Questo – e la mia benedetta curiosità – hanno fatto in modo che mi approcciassi ad apparecchiature elettroniche che mi permettessero di poter suonare e registrare insieme tutti questi strumenti.

Fino al 2009, anno in cui pubblico il mio primo disco e nasce il progetto “Chris Yan”, in cui decisi di dare un taglio quasi netto a quel che ero stato ( e che avevo fatto ) fino a quel momento. Da lì mi sono concentrato solo ad un approccio più “elettronico” – nel senso ampio del termine musicale – e che da allora è fortunatamente in continua crescita ed evoluzione. Con questo approccio sento di poter esprimere al meglio me stesso e le mie idee.

CaL: Perchè l’esigenza o il piacere di autodedicarti un brano?

CY: Non credo sia stata un’esigenza, perché questo brano non è stato per niente calcolato o pensato. Di fatti è nato un paio di giorni prima che io entrassi in studio per il mix e mastering finale, quindi quando avevo già bel che pronte le otto tracce che avrebbero composto disco.

Questo brano è entrato di prepotenza dopo un sogno davvero molto commovente e delicato, facendomi girare mentalmente quelle note di piano sul quale poi si basa tutta la composizione. Avevo finalmente fatto pace con me stesso e con quella sensazione ‘blasé’ che tratto nel resto dell’album.

Si può di fatti notare che, seppur non ne manchino i richiami, è molto differente e se vogliamo molto più “popolare” ed “ascoltabile” in confronto ai brani usciti fino ad ora e a quello che troverete nel disco.

In questo brano ho ceduto totalmente il passo al sentimentalismo musicale, contrariamente a ciò che prediligo fare nei miei ultimi processi creativi, ovvero un distaccamento dall’emotività, perché ho desiderato trattare il suono semplicemente per quello che è.

In questo brano, una poesia sonora a me stesso, mi concedo un premio. Per chi, con lo sguardo di oggi, si compiace del fatto di aver finalmente superato un periodo poco piacevole e riconosce-vede in sé la propria magnificenza.

CaL: Il supporto visivo, indubbiamente, aiuta molto. Dopo Sehnsucht, I paesaggi di Böcklin ora Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto: tematiche affascinanti, ma diverse, come pure le tecniche usate per i video. Ce ne parli?

CY: Sì. Come dici giustamente tu, il supporto visivo aiuta davvero molto. Sopratutto per brani di natura sperimentale e strumentale come questi ed è aderente all’epoca dell’immagine in cui viviamo. In questa epoca, purtroppo, senza un aiuto visivo sono in pochi a soffermarsi sul suono a meno che non sia qualcosa da canticchiare o dar far diventare virale con stupidi balletti.

Allo stesso tempo, posso dirti, che tutto il disco è stato editato e processato pensando alle tracce più come a “paesaggi cinematografici” e trovo che si sposino perfettamente e in maniera naturale ad un accompagnamento visivo.

Per quanto riguarda le tecniche usate nei video usciti fino ad ora, sono tutte legate al tempo e al suo scorrere (timelapse – motionlapse – slowmotion – carrellate di fuoco e fuori fuoco, etc… ).

L’inafferabilità e l’impossibilità di gestire il proprio tempo e il suo scorrere sono anche il tema e sottotema di tutto il disco.

Come già detto, a parte ‘Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto’, gli altri due singoli e l’album fanno riferimento ai saggi di Georg Simmel.

In particolare modo all’atteggiamento ‘blasé’ dell’individuo moderno trattato da Simmel in ‘Le metropoli e la vita dello spirito’.

Ma anche come nel caso di “I paesaggi di Böcklin” a ‘Saggi sul paesaggio’ sempre dello stesso autore.

Nell’ultimo singolo, cedendo al sentimentalismo, esula completamente dal pensiero Simmeliano e ad uno stile metodico/di studio di quel che rappresenta un saggio e abbraccia volentieri una visione più poetica. Che ammicca con poche pretese allo stile e alla dialettica delle poesie di John Berger.

CaL: Il tuo mondo spazia tra parole, pittura e una continua ricerca sonora. Cosa nasce prima?

CY: Sicuramente nasce prima la musica e la grande passione che da sempre mi lega ad essa. Ma da molto giovane, grazie alla curiosità, ho sempre trovato e maturato forti stimoli dalla poesia, letteratura, pittura, cinema, fotografia e ogni forma d’arte.

Ed è sempre grazie a questo mio unico e grande pregio dell’essere curioso ( che alle volte si trasforma anche in maledizione) che ho fatto sì che tutti questi stimoli si amalgamassero e concatenassero fra di loro senza alcun limite. Trasformando così le letture di poesie in timidi tentativi di scrittura e poi in sonorizzazione di reading e radiodrammi; l’interesse all’arte visiva in musiche per immagini e proiezioni, estemporanee e performance dal vivo con artisti; e la musica in continua ricerca sul suono in ogni sua forma e sostanza.

CaL: Di che genere definiresti la tua musica?

CY: Un pò perché non mi è mai piaciuto delimitare la mia musica e il mio lavoro in una categoria ben precisa, un pò perché appunto mi occupo di diversi aspetti che includono il suono come mezzo, non sono mai stato capace di darne una definizione chiara e netta.

Fa certamente parte della moltitudine che include in sé la definizione “musica elettronica”, seppur suoni sempre più vasto e poco chiaro.

Senz’altro con un occhio di riguardo alla musica sperimentale e strumentale: come ad esempio alla “Musique Concrète” del primo dopoguerra, fino all’Ambient Music di tempi più recenti.

Questo ultimo disco racchiude tutto il percorso e gli “stili” che ho affrontato nel mio ultimo percorso artistico e produttivo: riprendendo l’ambient dei primi due album e le varie ricerche sul suono maturate nel tempo nelle varie esperienze.

CaL: Quali sono i tuoi programmi futuri?

CY: Prima di tutto sarò impegnato nella promozione per l’uscita del disco, che vedrà la luce il 28 maggio, con la speranza che venga accolto da più persone possibili.

Sto buttando giù le idee per attribuire brevi video clip ad ogni brano del disco, oltre a quelli già esistenti, che verrano pubblicati prima online e non mi dispiacerebbe anche portarli dal vivo sotto forma di performance multimediale di presentazione dell’album, in mirati e adatti contesti.

In un secondo momento mi piacerebbe anche poter ritornare alla mia attività di Field recordist e riprendere così le ricerche e lavori, fermi dal primo lockdowns, sul paesaggio sonoro.

E poi chissà, colmando nuovamente il mio “archivio-memoria sonora” iniziare a pensare di produrre un nuovo album per il prossimo anno.

Una conversazione con Chris Yan | Wall Street International Magazine
Chris Yan

Chiudo questa intervista ringraziando e dicendo a Chris che la sua curiosità, la sua continua sperimentazione sonora, la sua ricerca poetica fanno di lui un artista eclettico e raffinato.

Contatti : https://chrisyanweb.wixsite.com/chrisyanweb

Articolo (2021) per Culturalfemminile

Interviste

BELLE EPOQUE di Emanuele Scataglini

Belle Époque di Emanuele Scataglini

intervista di Giovanna Ferro

Belle Époque progetto musicale e visivo di Emanuele Scataglini, 2021

La Belle Époque è il periodo, in Europa, che si colloca tra la fine dell’ 800 e l’inizio della prima guerra mondiale, ma è soprattutto per la Francia l’ ”Epoca bella” dei “bei tempi”.

Sono gli anni dei cabaret, del “Folies Bergères” e del “Moulin Rouge”,ma anche gli anni dei “fiori del male”, dei Bohémien, dei giocolieri, delle ballerine.

Un periodo storico affascinante, ma al tempo stesso contraddittorio.

“Noi vogliamo, per quel fuoco che ci arde nel cervello, tuffarci nell’abisso, Inferno o Cielo, non importa. Giù nell’Ignoto per trovarvi del nuovo.” Charles Baudelaire

In questo fascino e in queste contraddizioni Emanuele Scataglini, compositore, musicista, scrittore, video maker e performer, da sempre studioso di musica e di arti dello spettacolo, ci conduce, col suo ultimo album Belle Époque, nella Parigi di inizio novecento, tra pittori, scrittori, circensi, donne belle e dannate.

Belle Époque è un viaggio sonoro, in cui si amalgamano magistralmente musica, canto, ballo, recitazione e pittura.

Un’Opera Musicale, oserei dire, formata da 12 Atti unici, ognuno dei quali descrive perfettamente, con musiche cucite su misura e ad arte, personaggi, scene, suggestioni ed emozioni che sembra si tocchino.

La dinamica musicale è stilisticamente diversa ed unica per ogni atmosfera ricreata nei quadri sonori.

Il compositore Emanuele Scataglini si lascia affascinare dalla Ville Lumiere , immagina di essere un cittadino di Parigi, assiste alle funamboliche esibizioni del grande giocoliere bergamasco Rastrelli, in un locale di Montmartre, si fa trascinare dai vizi e dalla vita frivola parigina, si innamora della ballerina Sophie.

Dodici sono le tracce musicali: La Canzone della Belle Époque, Je T’aime, Il Giocoliere, Camille Claudel, Il vino e i sogni, Ballata di Parigi, Notte e giorno, Madame Saqui, La Noia, La città che non dorme mai, Bohémien e Sophie.

Alcune di queste sono corredate da video, che sono dei veri e propri cortometraggi, pennellate di colori di artisti immortali come Renoir, Manet, Cézanne, Monet, che nascevano proprio nel periodo della Belle Époque.

La Canzone della Belle Époque https://youtu.be/4Edt_Sln8y

Je T’aime https://youtu.be/ML18oV7O2No

Il Giocoliere https://youtu.be/zDQ8QpbEWjU

Camille Claudel https://youtu.be/8n4MxMbOwSM

Il Vino e i Sogni https://youtu.be/f6E_XLYwchU

Ballata di Parigi https://youtu.be/kfiX1DVYcls

Bohémien https://youtu.be/bYWLg9-GE2w

Sophie https://youtu.be/HVuQ3kEyo2c

 Abbiamo incontrato il poliedrico Emanuele Scataglini:

Cultura al femminile vuole conoscerti attraverso le tue parole: come nasci artisticamente?

Sento da sempre una spinta innata verso le arti. La musica è sempre stata la forma che ho amato di più. Quando ero bambino fui molto colpito dalla forza dell’inizio della Quinta Sinfonia di Beethoven. La ascoltai e per caso stavo guardando alla televisione una scenetta di un mimo che usava questa musica e ne rimasi esterrefatto. Così mi feci comprare una cassetta per il mangianastri da mia mamma proprio con quella sinfonia, ricordo che era di colore rosso. Naturalmente non riuscivo a capire tutta la musica, ma solo quell’inizio portentoso. Da lì in poi, pur nelle diverse forme, la musica non mi ha mai abbandonato.

Nei tuoi album si vive e si respira l’ARTE nella sua interezza: immagini, musica, movimento, recitazione. Perché questa scelta “multidisciplinare”?

Mia madre e mio padre erano grandi appassionati di cinema, ci andavamo tutte le domeniche. Ricordo di aver visto moltissimi film, alcuni anche molto impegnati, naturalmente non mancavano quelli più adatti ad un bambino. Tutto questo mi è rimasto nel sangue e mi sono interessato alle forme d’arte più diverse, alla fine il cinema è sicuramente un’arte molto multidisciplinare. Questo retaggio familiare mi ha portato poi a studiare recitazione e ad analizzare la grammatica della regia. Da qui il passo verso le altre forme espressive è stato breve.

La tua è una vera e propria ricerca musicale, letteraria e teatrale: come nascono le tue opere?

Penso che dipenda dai miei studi di Filosofia. Io ho avuto all’Università un grande insegnante, Giovanni Piana un filosofo straordinario che aveva la capacità di riflettere sulle arti da prospettive diverse. Sono molto curioso e mi piace estendere le mie conoscenze, ma ho anche un forte senso pratico nel senso che se imparo qualcosa la voglio elaborare e farla mia.

Il tuo lavoro precedente, Surreal World, opera surrealista, in cui ogni brano ha la sua storia, ispirato a personaggi, foto, quadri, tradotti in sensazioni sonore, è stato un progetto ambizioso di grande spessore artistico. Con Belle Époque ripercorri un’epoca affascinante, un periodo intenso per la Parigi di allora. Come nasce questo lavoro?

Nasce tutto dai miei studi di arte contemporanea e di storia del circo. Fui molto colpito dal mondo del cabaret della Belle Époque e dalla figura di artisti italiani leggendari come il giocoliere Enrico Rastelli.

I suoi manifesti dell’epoca mi colpirono molto, con il suo costume in stile orientale sembrava una divinità. Poi sono stato invitato dall’Istituto Italiano di Cultura Italiana a Parigi a fare un video concerto nella capitale francese e ho messo insieme un po’ di storie dedicate proprio al periodo della Belle Époque. Alla fine, ci ho lavorato molto, per i testi, la scrittura delle parti, l’uso degli archi, ideare i video. È stato molto bello lavorarci.

Nelle tue musiche si coniugano magnificamente elementi elettronici con quelli acustici. Parti sempre da una base classica?

Di solito ascolto prima un po’ di musica di vari generi che mi scuote emotivamente, poi mi metto a scrivere e mi vengono delle idee, però la base di ogni brano nasce dal pentagramma con un approccio che potremmo definire classico. Infatti, anche se faccio dei brani totalmente elettronici li assemblo pensando ad uno spartito.

Certo ho anche ascoltato ed amato molti generi musicali tra cui l’opera lirica, il Jaz , il Rock e anche l’elettronica. Alla fine, spesso i mie brani sono un “masala”.

Ogni brano di Belle Époque è un vero e proprio quadro, una magica fusione tra musica e teatro, in cui ti sei avvalso dell’interpretazione di tanti giovani artisti. La scelta dei ruoli, affidati ad ognuno di loro, è stata casuale?

Conoscevo già alcuni musicisti, nel senso che ci avevo già suonato o registrato assieme.

Altri li ho contattati per il progetto, perché li avevo sentiti dal vivo e mi sembravano adatti per quel ruolo. La collaborazione con loro è stata molto bella.

Possiamo definire la tua musica “colta”, destinata a un pubblico raffinato e amante delle arti?

Sicuramente sì, anche se secondo me i brani sono anche molto orecchiabili e potrebbero essere ascoltati da tutti, certo magari un po’ di concentrazione ci vuole.

Che difficoltà hai riscontrato lavorando in un anno particolarmente limitante, dovuto alla pandemia?

Molte difficoltà, soprattutto per i video, siamo stati spesso bloccati nelle riprese proprio dalla pandemia, ad esempio, alcuni musicisti non hanno potuto partecipare ai video perché ogni volta che organizzavamo scattava una zona rossa. Quando abbiamo girato il video di Je T’aime alcune parti dei take, a causa di problemi informatici, si sono rovinate. Il giorno dopo eravamo in zona rossa. Per rifarlo abbiamo dovuto aspettare la fine delle limitazioni. Questo però mi ha dato modo di pensare al dettaglio dei video, alla scelta del trucco, delle location e dei costumi: ho reagito creativamente.

Stai già pensando alla prossima Opera Musicale?

Ho un bel po’ di materiale musicale nuovo, ho fatto le chitarre, le percussioni e il basso e scritto le parti per il violino e altri strumenti. Un nuovo disco arriverà presto.

Ora, soprattutto, non vedo l’ora di fare di Belle Époque , uno spettacolo dal vivo.

Ho già contattato una compagnia con cui ho collaborato per uno spettacolo di danza un po’ di anni fa, vorrei farne uno spettacolo che unisca il circo la narrativa e la musica; speriamo arrivi presto il tempo in cui si possa tornare a fare progetti Live.

Se mi permettete invito tutti i lettori a seguire i miei social per le novità.Vorrei anche ringraziarvi di cuore per i tutti gli appezzamenti che avete fatto al mio lavoro.


Noi ringraziamo te Emanuele per averci fatto rivivere il mondo fascinoso della Belle Époque.

EMANUELE SCATAGLINI: Lo straordinario mondo della Belle Époque
Emanuele Scataglini

Emanuele Scataglini, artista eclettico, unisce lo studio teorico alla pratica artistica. Ha lavorato come compositore e sound designer per diversi brand, tra cui Marni, Margiela, Moleskine e Yoox. La sua vocazione è la composizione di colonne sonore per video, performance, spettacoli di danza e installazioni e per questo collabora con diversi artisti visuali e performer. Suona la chitarra, le percussioni ed altri strumenti che ama unire al suono elettronico nella composizione digitale.

Gli artisti che hanno preso parte al Progetto sono: Gabriella Favaro, Simona Daniele, Mitia Maccaferri, Renato Spadari, Marta Pistocchi, Stefano Sergeant, Valentina Sgarbossa, Barbara Rosenberg, Andrea Brunetto, Erica Meucci, Andrea Ferrari, Alice Brizzi e Gabriele Reboni.

Contatti :http://www.scataglini.info

Articolo (2021)per Culturalfemminile

Interviste

THE MOUNTAIN di Marco Mondelli

The Mountain: l'ultimo canto di libertà di Marco Mondelli

The Mountain: l’ultimo canto di libertà di Marco Mondelli

intervista di Giovanna Ferro

Là in basso, la cascata, di mille pieghe screziata,
brilla, come nell’ombra un mantello di raso.”
Victor Hugo

Le mille pieghe screziate, come recita Victor Hugo, sono quelle delle Cascate di Barbiano che fanno da sfondo alle parole e alla musica del cantautore Marco Mondelli.

Il suo nuovo videoclip musicale dal titolo “The Mountain”, uscito il 17 Dicembre 2020, vede protagoniste, appunto, le Cascate che si trovano oltre il paese di Barbiano sopra Ponte Gardena, in Valle Isarco, tra le meravigliose montagne del Trentino fino a raggiungere le rovine del Castel Federer, nella Bassa Atesina.

The Mountain è la testimonianza che in un periodo di difficoltà, di stasi, di disagio in cui si trovava, e ancora versa, il nostro Paese, la musica non si è fermata e darà sempre voce a chi, come Marco Mondelli, ha saputo esprime appieno quello che ognuno di noi avrebbe voluto Urlare, come dice nella sua canzone: voglia di libertà, voglia di ritrovarsi, respirando la propria anima.

Il cantautore ha sempre parlato, nelle sue canzoni, di problematiche attuali, trattandole con sensibilità ed attenzione, come solo il canto può fare.

The Mountain: https://www.youtube.com/watch?v=SVmJYq95OOc

Il fragore dell’acqua fresca e pungente, che si schianta al suolo sulle rocce, non va in conflitto con la voce calda e profonda di Marco Mondelli, arricchita magistralmente dalle risonanze e dai cromatismi della chitarra di Francesco Montanile.

Le loro chitarre si amalgamano, formando un connubio musicale in cui generi diversi si muovono sulle note dello stesso pentagramma, dall’inizio alla fine di The Mountain.

Due amici, due artisti, Marco e Francesco, che grazie alla passione per la musica, e perchè no, per la natura, si sono incontrati, costruendo insieme un percorso artistico di grande spessore.

Culturalfemminile ha incontrato Marco Mondelli:

C: Marco ci parli un po’ di te e della tua storia musicale?

Sono nato a Salerno il 17/12/84 ed ho iniziato a cantare e suonare la chitarra all’età di 15 anni dapprima da autodidatta, poi studiando presso la scuola di musica “Tribal Groove” di Battipaglia dal 2008 al 2010 e successivamente dal Vocal Cotch Marco Colella (decennale corista di Mino Reitano) nel 2011 a San Giorgio del Sannio nel beneventano;

Contemporaneamente agli studi musicali, ho partecipato a diversi master discografici (con Mario Biondi, Mario Rosini, Lighea, Rossana Casale, Lena Biolcati, Gigi D’alessio, Fabrizio Pausini, Franco Fasano, Lisa, Maria Grazia Fontana, Gabriela Scalise, Fabrizio Palma, Charlie Rapino ecc.) e ho partecipato a diversi concorsi canori nazionali, tra i quali il Festival Canoro di Giffoni, Premio Mia Martini, Festival di Paestum, Videolive festival e fra i tanti, in occasione del Dancing and Singing 2010, tenutosi al teatro augusteo di Salerno, sono stato premiato da Rossana Casale e Lena Biolcati, quale vincitore del concorso e miglior brano inedito “Sei Come allora” (brano contro la droga che si può ascoltare sul mio canale youtube).

Dopo diverse esperienze con le band del salernitano, mi sono trasferito ad Avellino, dove ho militato in una cover band locale dei red hot chili peppers, suonando nei locali dell’ irpinia fino al 2011. Nel 2012 presso la B&D Records di Battipaglia, ho prodotto il mio primo album dal titolo “Scorre questa Vita” con 9 brani da me composti entrati in rotazione radiofonica nel circuito “Ear one” e le “100 Radio più belle d’italia” firmando con l’etichetta discografica “Hydra Music” di Roma ; alla realizzazione dell’album hanno collaborato professionisti tra i quali Marco Colella, Carlo Fimiani già chitarrista per Mango e Gino Paoli, Max Vangone batterista per diversi artisti tra i quali Jenny B. e al Master finale del disco, effettuato a Los Angeles, ha lavorato l’ingegnere del suono di fama mondiale Bob Katz al quale in passato sono stati riconosciuti 3 Grammy Awards per miglior album. Dal 2012 trasferitomi a Bolzano, mi sono integrato nella scena musicale altoatesina suonando dapprima con alcune band del posto, per poi proseguire come cantautore con il recente brano Cuori che si Abbracciano” e “The Mountain“, singoli che faranno entrambi parte del mio 2° album di inediti che vedrà luce proprio nel corso di quest’anno.

C: “Cuori che si abbracciano”, scritto in quarantena, è una canzone di speranza e voglia di ricominciare; in “The Mountain”, invece, c’è un’ esplosione di libertà quasi tangibile, è nato in conseguenza a quella che è stata la tua esperienza in solitudine?

Con “The Mountain” ho voluto appunto descrivere l’importanza di allontanarsi dalla frenesia di tutti i giorni, come se perdersi nella natura, potesse servire in qualche modo per ritrovare se stessi, lontano da malvagità umane, instaurando con la Montagna un rapporto intimo con il quale ascoltare in silenzio i propri pensieri, per poi (citando il ritornello) liberarcene urlando, buttando fuori tutte le nostre domande immersi nella meraviglia che ci circonda. Certo, relativamente a questo delicato periodo storico che stiamo vivendo, la voglia di ritrovare questa libertà è tanta e mi auguro presto che tutto possa tornare alla normalità.

C: Le immagini sicuramente sono un valore aggiunto alla tua musica. La scelta di quelle montagne è stata casuale?

Per il videoclip insieme al videomaker Juri Verani e Francesco Montanile (grandissimo amico e compagno di viaggio in questa avventura musicale) abbiamo concordato come location le Cascate di Barbiano, in quanto incarnavano perfettamente la nostra idea di natura, libertà e solitudine, con diverse caratteristiche che volevamo includere come il folto bosco e la cascata, per poi spostarci successivamente alle rovine di Castel Feder sfruttandone gli spazi ampi e la veduta su tutta la valle.

C:In questo brano ti avvali della magistrale interpretazione di Francesco Montanile: due generi diversi i vostri. Ci parli di questa collaborazione?

Ho conosciuto Francesco Montanile circa 7 anni fa’ ascoltando la band degli Skarn, della quale è chitarrista e ne sono rimasto subito affascinato; poi probabilmente complici le origini campane di entrambi, la comune passione per la musica e un sentito rispetto reciproco, ci siamo avvicinati molto anche con le rispettive famiglie, mogli e figli, instaurando un magnifico rapporto. Quasi per gioco, una sera che eravamo a cena, a Francesco è venuta l’idea di fare un brano insieme, io gli ho chiesto: “Su cosa?” e lui, con le idee molto chiare ha risposto: “Sulla montagna!” In realtà non aspettavo altro, il giorno seguente gli ho inviato la demo con testo e musica, una sorta di bozza in bianco e nero che lui ha saputo colorare nel migliore dei modi con i suoi fraseggi di chitarra, integrandosi perfettamente con il mio genere pop rock.

C: C’è un progetto alla base di tutto ciò?

Sia io che Francesco Montanile abbiamo svariati progetti musicali individuali per il futuro, lui sta’ completando il 2°album di colonne sonore, nonchè un nuovo album con la band degli Skarn, ed io sto’ completando il 2°album di inediti autoprodotto, ma aldila’ dei nostri singoli percorsi mi auguro presto di collaborare nuovamente con lui, soprattutto suonando dal vivo, cosa che in questo periodo manca ad entrambi molto.

C: Dopo quest’ultimo originale lavoro, quali sono i tuoi programmi futuri?

Come cantautore cerco di raccontare la realtà che mi circonda, dopotutto l’arte in genere serve proprio a trasmettere agli altri le emozioni che abbiamo dentro;

Nel 1°album “Scorre questa vita“(2012), registrato in studio, avevo trattato il tema della droga, dell’amore, le aspettative di vita in un bambino che sta per nascere, la smania di protagonismo del trash odierno, la fine di una storia d’amore, la corruzione, lo scorrere del tempo e la lontananza.

La sostanziale differenza del mio 2° album, che uscirà proprio quest’anno, è che stavolta non mi sono avvalso di professionisti , turnisti, ingegneri in studi di registrazione, ma il tutto (come è stato per il singolo “The Mountain” suonato, registrato e mixato semplicemente in casa, con da un lato una qualità audio probabilmente inferiore, ma dall’altro un risultato più genuino, reale, senza trucchi o correzioni di Autotune, trattando temi attuali come la voglia di tornare ad abbracciarci, di libertà, l’amore per un figlio, una coppia che torna insieme dopo tanto tempo, la storia di due anziani che ripensano agli anni andati, lasciandosi indietro con orgoglio tutti gli ostacoli superati che è quello che mi auguro faremo nel corso di questo 2021 tutti noi.

The Mountain: l'ultimo canto di libertà di Marco Mondelli
Marco Mondelli

Ringrazio Marco Mondelli e spero che la sua musica le “corde” giuste facendo vibrare l’anima di chi ascolta le sue meravigliose canzoni.

The Mountain

Testo, voce, chitarre ritmiche e tastiere: Marco Mondelli

Arrangiamento Chitarre soliste e Basso Elettrico: Francesco Montanile

Riprese Cascate di Barbiano:Juri Verani

Riprese Castel Feder: Marco Mondelli e Francesco Montanile

Montaggio: Marco Mondelli

Articolo (2020) per Culturalfemminile

Interviste

OLD WALLS di Francesco Montanile

MUSICA. "Old Walls" è il titolo del nuovo video di Francesco Montanile, il  musicista bolzanino di origini irpine. VIDEO - Bassa Irpinia News -  Quotidiano online

Old Walls di Francesco Montanile: quando la musica racconta

intervista di Giovanna Ferro

Tra passato e presente, in un luogo dove il tempo sembra essersi cristallizzato, un luogo in cui si può immaginare l’amore vissuto da Tristano e Isotta o le avventure di Re Artù e i suoi cavalieri, Francesco Montanile gira il suo ultimo videoclip Old Walls, prodotto insieme al videomaker Carmelo Costa.

Siamo tra Bolzano e Gries, su uno spuntone di roccia a picco sul torrente Talvera, dove si erge il Castel Roncolo, chiamato anche “maniero illustrato” perché vanta il più ampio ciclo di affreschi profani di epoca medievale al mondo.

Ed è tra questi affreschi che il musicista e compositore, irpino di nascita e bolzanino di adozione, decide di evocare magicamente, con la sua chitarra, immagini da favola.

Anche per il suo primo album, Inside The Castle, Francesco Montanile ha scelto di ambientare il suo video nei preziosi luoghi dell’ Alto Adige, posti a lui cari. E come dargli torto.

In Old Walls le corde della sua chitarra vibrano creando un’atmosfera irreale; il cigolìo di una porta che si apre provoca un senso di paura, per poi reimmegerti in un mondo sospeso.

Tra il suono e l’ambiente, che lo ospita, si crea una tale alchimia, tanto che le immagini rimandano a tempi antichi, quando alla corte del signore del momento cavalieri e cortigiane cantavano lamor cortese, quando per amore o per potere erano pronti a sfidarsi a duello. Un viaggio nella storia attraverso le note.

Old Walls https://m.youtube.com/watch?t=172s&v=6HBLvPEajVo

Cultura al Femminile ha incontrato Francesco Montanile:

Prima di parlare del tuo videoclip vorrei che mi parlassi un po’ di te e come nasci musicalmente.

Mi chiamo Francesco, 37 anni e sono un musicista di origini irpine, ho iniziato a suonare la batteria all’ età di 14 anni.

Giunto a Bolzano nel 2005, inizio a suonare la chitarra da autodidatta cimentandomi in alcune band, ultima ed ancora attuale band Metal “Skarn” con la quale ho avuto diverse esperienze live anche fuori regione.

Intraprendo un percorso di studio ad indirizzo Jazz, presso l’ Istituto Musicale Vivaldi di Bolzano, concludendo nel 2018.

Attualmente collaboro in diverse formazioni musicali e compongo colonne sonore dalle atmosfere ambient, che fanno da sfondo per video-documentari.

Alcune di queste sono state trasmesse in diverse Tv locali, tra queste anche la Rai Regionale.

Come definisci il tuo genere musicale?

Mi piace spaziare e sperimentare, il mio primo album “Inside The Castle” è un album strumentale fusion, che raccoglie un insieme di generi.

Il secondo, che vorrei ultimare per la fine dell’anno, è interamente improntato sull’ ambient-guitar ma non solo. Trattandosi di musiche di sottofondo raccoglie diverse sonorità, eseguite non solo da chitarra elettrica/acustica ma anche da violini, tastiere,rumori ecc.

Le tue musiche sono ispirate da componimenti scritti, da immagini o ti lasci guidare dallistinto nel momento in cui componi?

In genere traduco il mio sentire in note, in suoni e rumori per raccontare al meglio l’atmosfera che vivo in quel momento e della quale sono attratto.

Cito una frase del grande Ennio Morricone

La musica esige che prima si guardi dentro sé stessi, poi che si esprima quanto elaborato nella partitura e nell’esecuzione”.

Il supporto visivo aiuta molto e l’idea di fare un video con immagini di un castello medioevale dà ancora più vigore alla tua interpretazione. Come è nata l’idea?

Sicuramente, per un musicista ogni situazione è fonte di ispirazione visiva o meno.L’ idea era nata già durante la pubblicazione del primo album per il quale ho utilizzato appunto l’immagine di Castel Roncolo come copertina, volevo utilizzare il brano “Inside The Castle”, ma poi ho pensato che ci voleva qualcosa di più corposo, musicalmente parlando. A quel punto ho deciso di comporre la colonna sonora “Old Walls”, la quale è composta da vari suoni di chitarra acustica ed elettrica, tastiere, violini e rumori di porte che si aprono. Questo per raccontare al meglio l’atmosfera che si vive dentro e fuori le sale del castello, il quale sembra scaturire direttamente da una favola.

Quanto c’è della tua terra di origine e quanto di quella di adozione nella tua musica? Ci sono influenze culturali e stilistiche?

Della mia terra di origine i valori saldi; la famiglia e sicuramente la voglia di mettersi sempre in gioco con determinazione e senza alcun timore. Di quella di adozione l’esperienza musicale fatta negli anni, grazie alle diverse opportunità. Vivo una forte attrazione per la natura e l’ Alto Adige, quando scopro una location suggestiva cerco di immergermi dentro con tutto me stesso e raccontarla in musica. Riguardo alle influenze di stile mi ispiro a diversi compositori, ma quello più significativo per me è sicuramente il compositore e chitarrista sopraffino Bill Frisell.

Dopo quest’ultimo originale lavoro, quali sono i tuoi programmi futuri?

Avrei il piacere di pubblicare il mio secondo album; sicuramente tornare a suonare dal vivo e a realizzare nuovi videoclip in nuovi posti suggestivi che mi attraggono. Sono sempre alla ricerca di nuove modalità per promuovere la mia musica soprattutto in un momento di crisi come questo, nel quale occorre mettere in campo tutte le forze.

Francesco Montanile: dall'irpinia a Bolzano, si racconta
Francesco Montanile

Ringraziamo Francesco per averci fatto sognare con il fiabesco Old Walls

e-mail: francesco.montanile@virgilio.it
facebook : https://www.facebook.com/francymontanile/

Articolo (2020) per Culturalfemminile

Eventi

PeM!Parole e Musica in Monferrato

PeM!Parole e Musica in Monferrato

intervista di Giovanna Ferro

Qualcuno che la sa lunga

mi spieghi questo mistero:

il cielo è di tutti gli occhi,

di ogni occhio è il cielo intero

……………..perchè il cielo è uno solo

e la Terra è tutta a pezzetti.”

Il cielo è di tutti di Gianni Rodari

Il cielo del Monferrato dal 1° al 27 settembre 2020 sarà di tutti, perchè parte la 15a edizione di “PeM! Parole e Musica in Monferrato”,la Rassegna che si snoda tra le colline piemontesi di San Salvatore, Lu-Cuccaro e Valenza, che unisce due mondi, quello musicale e quello letterario, che hanno come palcoscenico, appunto, il Monferrato, sito protetto dall’Unesco.

Il Festival, che da tempo ha valicato i confini piemontesi, da l’opportunità di ascoltare tanta musica, di leggere pagine di poesia, raccontare e raccontarsi.

La voce e le parole di artisti illustri accompagneranno lo spettatore, anche fisicamente, tra le bellezze naturali delle colline al tramonto e animeranno le serate monferrine.

Sette gli appuntamenti di “PeM! Parole e Musica in Monferrato” che si avvale della direzione artistica di Enrico Deregibus, coadiuvato da Riccardo Massola, ideatore del Festival nel 2007.

Cultura al femminile ha incontrato Enrico Deregibus e sarà lui a parlarci ampiamente di questa meravigliosa Rassegna:

Poesia e Musica in Monferrato è giunta alla 15a edizione sotto la tua direzione artistica, da chi e da cosa è nata l’idea di unire poesia e musica?

Il Festival si chiama PeM! e il sottottitolo è Parole e Musica in Monferrato. Il nome in origine era solo Parole e Musica in Monferrato, poi da sei o sette anni è diventato PeM, che è ovviamente l’acronimo di Parole e Musica.

Il festiva è nato quindici anni fa ed io non c’ero, sono stato chiamato sette anni fa per occuparmi della direzione artistica; conoscevo però già bene il Festival, lo frequentavo come pubblico, come ascoltatore e nella 1a edizione ho partecipato come ospite con un intervento su Fabrizio de Andrè.

L’idea di mettere insieme Parole e Musica, inizialmente, era quella di voler proporre delle serate in cui si poteva ascoltare un po’ di musica, ma anche di chiacchierare attorno alla stessa. Quindi, sin dall’inizio c’era l’idea di unire parola e musica, e veniva fatta in modi differenti da chi se ne occupava all’epoca, che era Riccardo Massola l’ideatore insieme a Corrado Tagliabue, sindaco di allora e che adesso è vice sindaco di San Salvatore Monferrato, che è il comune capofila di questa Rassegna.

Realizzare serate di vario tipo, in cui c’era la presenza sia della parola che della musica, è stato un lavoro decisamente egregio, ma aveva una portata molto locale. Finchè un po’ di anni fa mi è stato chiesto di prendere le redini della Rassegna provando in qualche modo a fare un salto di “quantità”, cercando di avere una risonza nazionale, proporre ospiti e artisti più conosciuti e quindi attraverso questo dare maggiore risalto al Monferrato.

Da lì io ho iniziato il lavoro e diciamo che è avvenuto abbastanza naturalmente: la maggior parte degli appuntamenti sono interviste con artisti: abbiamo avuto Nada, Diodato, Irene Grandi, Luca Barbarossa, Marina Rey e molti altri.

Forse il cuore del Festival è appunto questo: incontri di solito condotti da me che sono interviste con questi artisti, che non solo interpretano qualche canzone, ma più che altro si raccontano, parlano del loro percorso artistico e, in qualche caso, umano.

La scelta delle colline del Monferrato, come cornice al Festival, è stata dettata dalla casualità, dal meraviglioso luogo, che permette questo tipo di manifestazione, oppure c’è un legame affettivo con questa terra?

La scelta delle colline del Monteffato, in questo caso, sono le colline che hanno scelto me, in qualche modo. Per prima cosa perchè sono monferrino di nascita, anche se vivo a Roma ormai da diversi anni, sono molto legato alla mia terra che è una terra fra l’altro non molto conosciuta; diciamo che in Piemonte sono molto più conosciute le langhe che sono le nostre cugine un po’ più ricche, un po’ più fortunate, però il Monferrato credo sia una terra molto bella, fra l’altro buona parte del Monferrato è sito Unesco, è patrimonio dell’umanità.

Diciamo che il festival è anche un modo per far conoscere queste zone e devo dire che ci sono molti arrivi anche dalle regioni vicine, non solo dal Piemonte, dalla Liguria, dalla Lombardia anche dall’Emilia e dal Veneto, quindi mi fa piacere che ci sia un afflusso di questo tipo.

La scelta, poi, è stata quella di alcuni amministratori comunali illuminati, che io ringrazio sempre, che hanno voluto innanzitutto realizzare la Rassegna e poi invitare me a fare il direttore artistico della stessa. Credo sia fondamentale, ovviamente, per questi festival, per questi eventi avere una copertura economica, che in questo caso è assicurata da alcuni comuni e in piccola parte da Fondazioni e altre cose.

C’è ovviamente una parte affettiva indubbia, perchè come dicevo prima sono molto legato a queste terre, che sono quelle in cui sono cresciuto e in cui fra l’altro torno ancora molto spesso.

Un Festival itinerante che spazia tra letteratura, musica, natura, con la presenza di tanti artisti e che arriva dopo un lungo periodo di blackout, quindi immagino non sia stato semplice organizzare tutto ciò.

Quest’anno indubbiamente non è stato semplice organizzare la Rassegna per vari motivi,direttamente o indirettamente, legati alla pandemia, basta dire che a febbraio avevo imbastito alcune trattative con vari artisti e per alcuni ero già arrivato alla definizione e al contratto, e poi è successo quello che tutti sappiamo e, a maggio e a giugno, ho dovuto riprendere in mano tutto quanto per realizzare il programma.

Anche in questi giorni stiamo lavorando, non io direttamente, perchè io mi occupo più della parte artistica, però si sta lavorando anche a tutta la parte organizzativa, in senso stretto, in senso pratico, i distanziamenti, gli ingressi, le prenotazioni, insomma è complicato, ma penso che sia un bel segnale quello di, comunque, mettere in piedi ugualmente una Rassegna in questo momento complicato.

Credo che ci sia la voglia di ritrovarsi in alcune sere di settembre ad ascoltare delle interviste, degli incontri, anche un po’ di musica, penso che faccia bene a tutti, sono abbastanza orgoglioso di essere riuscito a portare avanti questo Festival, a cui tengo in modo particolare.

Sette gli appuntamenti in programma.

Il programma di quest’anno prevede 7 appuntamenti spalmati su tutto il mese di settembre dal 1° al 27. Come dicevo prima, la parte preponderante è sempre quella legata alla musica, saranno ospiti tre artisti: Motta, Enrico Ruggeri e Tosca, artisti piuttosto differenti tra di loro, come è solito in questa rassegna, anche generazionalmente, storie molto diverse, estrazioni stilistiche differenti, tre modi diversi di intendere la musica. Quarto appuntamento legato alla musica è quello con Carlo Massarini che non ha bisogno di presentazioni, come si suol dire; con lui presenteremo un libro bellissimo fotografico, ma non solo, in cui ripercorre una parte della sua vita professionale, il libro ha come titolo “Dear Mister fantasy” e ne parleremo raccontando, appunto, anche aneddoti della sua storia professionale.

Poi c’e un quinto appuntamento musicale, a cui tengo in modo particolare perchè è un appuntamento molto differente dagli altri. E’ una serata in cui festeggeremo un personaggio che si chiama Gildo Farinelli che è un fonico, non un artista ma un fonico, e che quest’anno compie 50anni di carriera, chiamiamola così e ci saranno vari artisti locali che lo omaggeranno e lui ci racconterà un po’ della sua vita.

L’idea di questo appuntamento non è mia ma è di Riccardo Massola, che come dicevo prima è l’ideatore di PeM!, però io ho subito aderito con grande entusiasmo, un po’ perchè Gildo è il fonico che accompagna sempre tutte le serate di PeM ed è una persona squisita, oltre che un ottimo professionista, ma anche perchè festeggiando lui, in qualche modo, vogliamo festeggiare tutta quella categoria di lavoratori dello spettacolo, quindi della musica, e non solo, del teatro, del cinema, di TUTTO lo spettacolo e la cultura, per il comparto musicale o comunque artistico culturale.

Di solito, si crede che “quelli” non hanno bisogno di soldi, perchè erroneamente si pensa subito ai grandi come Vasco Rossi, Jovanotti, De Gregori o Ligabue. In realtà nel mondo dello spettacolo ci sono tantissimi altri personaggi come i fonici, come tutti i tecnici, ma anche gli uffici stampa, e tanti altri, insomma, mi ci metto anche io, che rendono possibile che gli artisti possano salire su un palco ed esibirsi. Quindi una serata a cui tengo in modo particolare.

E poi due altri appuntmenti, che in qualche modo sono legati perchè in parte saranno un modo per ricordare Gianni Rodari nel centenario della nascita.

Ci sarà una serata con Fabio Troiano, che è un artista, un attore molto conosciuto che leggerà delle cose di Rodari, oltre a raccontare anche un po’ il suo percorso artistico.

Un’altra serata, invece, è una passeggiata sulle colline, che è un po’ una tradizione in PeM! Nella passeggiata sulle colline quest’anno ci sarà Franco Arminio ad accompagnarci, poeta e paesologo come lui ama definirsi: cammineremo sulle colline nel tardo pomeriggio in mezzo alla natura, accompagnati dai racconti dello stesso Arminio e da un ricordo di Gianni Rodari.

Ringrazio Enrico, grande professionista, per averci catapultato, anche se solo attraverso le sue parole, sulle meravigliose colline del Monferrato, facendoci sognare con canzoni e poesie.

Rassegne come PeM! danno lustro al mondo artistico e culturale italiano.

 www.facebook.com/PAROLEeMUSICAinMONFERRATO

Articolo (2020) per Culturalfemminile

Interviste

Donne di nessuno di SCAPESTRO

Donne di Nessuno - di Scapestro a cura di Gianna Ferro
copertina

Donne di Nessuno : la Magia di Scapestro

intervista di Giovanna Ferro

Una vera poesia il nuovo concept di Scapestro “Donne di nessuno”, che segue l’uscita del suo videoclip “Essere di Luce” , del giugno del 2019.

Fulvio Di Nocera, in arte Scapestro, cantautore napoletano, ha debuttato nel 2015 con il primo singolo ”Vado per un po’” con Nut Label e nell’estate 2018 è uscito il suo primo album “Shurhùq” ; a settembre dello stesso anno, in esclusiva per Repubblica TV , esce il nuovo videoclip “Sempre uguale” con la regia di Stefano Cormino.


Ma Scapestro non poteva fare regalo più bello nel giorno della Festa della donna che omaggiarla con il video “Donne di nessuno”, una rivisitazione sonora della canzone del grande Fred Buscaglione, che lo stesso Scapestro definisce “un gangster in bianco e nero ma con un cuore enorme”. Un testo del 1958 e ad accompagnare il video immagini di 60 donne , come 60 sono gli anni passati dalla scomparsa di Buscaglione.

Un testo minimale “Donne di nessuno” con parole semplici, ma allo stesso tempo dolci e struggenti:


“Sei rimasta sola ad aspettare il grande amor

Donna di Nessuno
Per volere troppo sempre no dicesti al cuor
Donna di nessuno
Sola coi tuoi sogni disprezzi la realtà
Ma cerchi il sole nell’oscurità
La felicità ti sei negata in gioventù
Donna di nessuno
Piangi sul passato che non tornerà mai più
Donna di nessuno sei tu
Sola coi tuoi sogni disprezzi la realtà
Ma cerchi il sole nell’oscurità
La felicità ti sei negata in gioventù
Donna di nessuno
Piangi sul passato che non tornerà mai più
Donna di nessuno sei tu “

Queste le parole che hanno catturato la sensibilità di Scapestro intorno alle quali ha costruito una sonorità delicata, quasi sfuggente, melanconica, come la sua tonalità in minore; la chitarra ricorda un po’ il genere reggae; nella parte ritmica, stilizzata, vi è un leggerissimo accenno di percussioni, in cui si percepisce un claps di mani; il violino, che fa da commento alla voce, riecheggia una dolce melodia quasi orientaleggiante e continua in un assolo con una vera e propria improvvisazione che non sconfina, però, in interpretazioni jazzistiche.

Le immagini, che accompagnano la canzone, catturano attimi di mondi interiori e di vita quotidiana di donne semplici, libere e fiere: un sorriso, una lacrima, un gesto, la gioia, la tristezza, la sicurezza, la fragilità, la timidezza, in cui ogni donna, che guarda ed ascolta questo video, può riconoscersi.

Donne di nessuno” è una vera dichiarazione d’amore, un inno alla Donna.

Ma lascio raccontare a lui, Scapestro, la bellezza di questo lavoro.

Mi sono avvicinato alla musica da adolescente, iniziando a suonare e a studiare il basso elettrico. Da lì le prime esperienza live e in studio di registrazione.

Il legame è stato forte da subito, sapevo di voler fare musica nella mia vita. Ho approfondito la mia conoscenza e i miei studi negli anni di Conservatorio dove mi sono dedicato allo studio del Contrabbasso acustico, ma tra i vari linguaggi quello della scrittura è stato sempre presente. Ho dovuto “solo” trovare il coraggio di fare uscire le mie storie dal cassetto; così è nato il personaggio di Scapestro.

Il nostro è un blog al femminile e la tua idea di omaggiare la femminilità ci è tanto piaciuta. Come sei arrivato alla rilettura musicale di “Donne di nessuno”, un classico di Fred Buscaglione?

Ho ascoltato la sua musica , le sue canzoni, ma con “Donna di nessuno” è stato un vero incontro!

L’ho sentita molto vicina alle mie corde, ho risuonato e vibrato insieme a questa canzone che veniva da lontano, la sua eco è diventata subito presente ed è nata una rilettura con un nuovo vestito sonoro.

Credi che con questa rivisitazione tu abbia riscattato anche un po’ l’immagine che si ha di Fred Buscaglione?

Assolutamente si, è uno degli intenti.

Un autore è anche un “attore”. Fred ha creato il suo personaggio, come mi è capitato già di definirlo: “un gangster in bianco e nero ma con un cuore grande”.

Il supporto visivo aiuta molto e l’idea di fare un video con immagini di donne diverse, in situazioni diverse, dà ancora più vigore alla tua interpretazione. Come è nata l’idea?

Come nascono tutte le idee, arrivano come una illuminazione; prima sono solo un immagine sfocata, poi iniziano a prendere forma.

L’idea era un omaggio alla figura femminile con tutta la sua fragilità, ma anche con la sua

determinante forza, la forma per rendere l’idea era riprendere tante donne e in luoghi diversi ma identificati per ciascun volto. Le donne e il loro mondo, raccontato in modo semplice, ma diretto.

Sono donne, musiciste bravissime, quelle che accompagnano i tuoi lavori, i tuoi live. Mi piacerebbe conoscerle attraverso le tue parole e come nasce questa vostra collaborazione.

Ho una super band, sono contento della sinergia creata con le ragazze. Ci sono legami che ci uniscono da tempo e su livelli diversi.

Chiara Carnevale, voci e percussioni, è in questa circostanza anche una parte fondamentale per il videoclip in quanto ha curato la ripresa e il montaggio, Antonella Bianco, chitarre elettriche , Caterina Bianco, violino. Adoro la loro sensibilità musicale, la complicità che va oltre le parole.

Dopo quest’ultimo originale e stupendo lavoro, quali sono i tuoi programmi futuri?

Sto già lavorando assiduamente alla pre-produzione del nuovo disco, che spero trovi luce nel 2021.

Festa della donna, Scapestro rilegge “Donna di nessuno” di Fred Buscaglione  - Il Mattino.it
Fulvio Di Nocera in arte Scapestro

Io te lo auguro Scapestro. Spero che la tua musica possa toccare il cuore e la sensibilità di tutte le persone che ascolteranno le tue canzoni.

Interviste

PROMESSA di CYRANO

Promessa”, l'amore al tempo delle migrazioni, il nuovo singolo di Cyrano

Promessa di CYRANO: l’ultimo gesto d’amore

intervista di GIOVANNA FERRO

Alla ricerca di un futuro migliore, di un paese che non sia in guerra, di un paese che li possa accogliere e consentire una vita dignitosa: questa è la “speranza” che muove migliaia di uomini, donne e bambini ad affrontare un viaggio, senza ritorno, per mare, pagando uomini senza scrupoli per un posto in un barcone.

Non ti resta che aspettare

che io scriva

la mia prossima lettera

giungerà dall’altra parte

del mondo

questa è una Promessa…”

E Promessa è il titolo del nuovo singolo del cantautore catanese Carlo Festa, in arte Cyrano, uscito in streaming e in digital download, prodotto da Jonio Culture, accompagnato da un videoclip realizzato da Luca Condorelli.

Come dice lo stesso Cyrano: Promessa è una canzone che racconta l’amore al tempo delle migrazioni e delle innumerevoli, inaccettabili morti nel Mediterraneo.”

Come si evince dalle prime parole del testo, Cyrano racconta il dramma calandosi nell’animo di chi lo vive: persone con una tragica storia che diventano un numero, “una cosa tra le cose”, come lui stesso le definisce, persone alle quali viene tolta la dignità e l’identità.

Parole di speranza, di amore, di consapevolezza: una umida lettera che non arriverà, un’ultima richiesta di aiuto, un ultimo abbraccio alla vita, un ultimo gesto d’amore.

…Basterebbe un bacio

trasportato dal vento,

per tirarmi su,

vienimi a salvare,

vieni a prosciugare

questo mare immenso

che mi tira giù…”

Una canzone che induce sicuramente a riflettere e a non giudicare. Le parole pungenti, dolorose e di rassegnazione, scritte nel testo, si imprimono nella mente e nel cuore di chi le ascolta, dando una lettura diversa e personale delle vicende che i media passano ogni giorno.

Le immagini del videoclip, che fotografano una triste realtà, fanno da sfondo ad un sound trascinante, incalzante, in cui spesso gli archi fanno da controcanto ad una ricca linea melodica che a tratti diventa malinconica, per dare ancor più rilievo a ciò che si sta raccontando.

Promessa di Cyrano https://www.youtube.com/watch?v=2qCebhrIN3c

Promessa” anticipa l’album atteso per i primi mesi del 2021, “Atto Primo – Il Faro dei Perduti”.

Cyrano, classe ’90, si è avvicina alla musica giovanissimo, la prima canzone la scrive a quindici anni. Ha continuato con la scrittura di brani a sfondo sociale, che hanno ricevuto positivi apprezzamenti. Ha compiuto i primi passi nel mondo della musica inedita nel 2016 con la partecipazione al Tour Music Fest, raggiungendo i quarti di finale. Si esibisce in vari concerti e partecipa a concorsi come l’ArtRockMuseum di Bologna e il Lennon Festival di Belpasso, aggiudicandosi il premio per il miglior testo con il brano “Futuro”, scritto insieme a Giovanni Timpanaro dei Miqrà.

Alla fine dello scorso anno ha pubblicato il suo primo EP “Proemio”.

Culturalfemminile ha incontrato Cyrano:

Cyrano, ovvero Carlo Festa, ci piacerebbe conoscerti meglio. Ci parli di te e di come nasci musicalmente?

Non ho molto da dire su di me.Intendo, personalmente: so che ci si aspetta una storia importante con delle esperienze significative, poste all’estremo confine del presagio mistico, per questo genere di percorso singolare. Ma, la mia, sarebbe la storia normale di un ragazzo che ha imbracciato una chitarra e sta provando a tramutare in versi quello di cui già parlava in maniera disordinata e prolissa. Pertanto, non sono nemmeno certo di essere “nato” musicalmente. D’altronde, la canzone non è un certificato di nascita, credo sia più un fatto empirico: se esisti nel brivido di chi ti ascolta allora, probabilmente, avrai una prova a tuo favore che testimoni la tua esistenza. Nel dubbio, rimetto questa domanda alle orecchie di chi mi ascolta.

Perchè hai scelto di chiamarti Cyrano?

La prima cosa che ovviamente, a buon ragione, sovviene, è una sorta di assonanza familiare dettata dal repertorio di gucciniana memoria. Direi di sì, appunto. Anzi, lo confermo. Aggiungo che l’intento è sempre stato quello di scrivere canzoni che possedessero una dimensione espressiva “pungolante”, come fosse un verso-fioretto. La canzone come lama, il contenuto come ambizione di potenza sferzante.

La tematica delle tue canzoni è prevalentemente a sfondo sociale, in particolare narri di un riscatto da parte di chi non ha riferimenti culturali. Ce ne vuoi parlare?

Io ambisco a parlare la lingua degli orfani di paternità culturale: la grammatica del complesso di Telemaco. Non esiste qualcuno che sia sprovvisto di riferimenti culturali. Non esistono bussole che non puntino da nessuna parte. La direzione indicata potrebbe rivelare la via più insidiosa o un tesoro inatteso, o semplicemente la strada più sbagliata. Pur sempre indicherà un sentiero da percorrere.

Io vorrei allora raccontare il dramma di chi avverte la virata verso il disastro del nostro mondo, privo di validi capitani sui quali contare e di equipaggi all’altezza della missione di coesistenza alla quale siamo chiamati.

Dalla penombra di questo sfondo, fa breccia la necessità di trattare certi temi sociali contenuti nelle mie canzoni.

Quanto c’è della tua terra, la Sicilia, nella tua musica? Ci sono influenze culturali e stilistiche?

Devo essere sincero? Nella maniera più assoluta. Ma non perché ambisca ad un cambio di residenza verso Antenòra; semplicemente non ho mai avvertito la necessità di servirmi di certe misure e altrettanti strumenti nostrani, sia sotto il profilo “poetico” che sotto quello musicale, per esprimere qualsivoglia pensiero o affetto.

Semmai possiamo trovare innumerevoli riferimenti al Mar Mediterraneo, doverosi per esprimere quanto questo nasconda ormai da anni, una necropoli sommersa, ben curata dagli indifferenti del mondo.

“Promessa” è il singolo che anticipa il tuo primo album “Atto Primo – Il Faro dei Perduti”. Hai detto che hai pensato a questo brano come a un racconto politicamente sentimentale: perchè?

Perché tenta di raccontare la dimensione umana, e quindi sentimentale, di un soggetto che, abitualmente e inspiegabilmente, è confinato nella narrativa della cronaca nera della politica. Ciò che si nasconde dietro un fatto politicamente rilevante, è la sfera sentimentale di chi dà vita a determinate circostanze di pubblica attenzione. Persino dietro il movimento farraginoso delle Istituzioni, può nascondersi il miracolo del sentimento, e di questo ne ha parlato ampiamente Pasolini.

In “Promessa” narri l’amore ai tempi delle migrazioni. Senti particolarmente questo tema?

Io non sento particolarmente questo specifico tema: sento particolarmente il tema degli ultimi. E chi sarebbe oggi ultimo, se non tutti coloro ai quali è stata negata non soltanto la dignità dell’identità ma, anche e soprattutto, il riconoscimento della propria umanità?

Chi sono i tuoi compagni di viaggio?

Mi avvalgo di inestimabili professionisti. C’è chi è stato di passaggio, chi invece è rimasto nonostante tutto e chi invece presta il suo talento per occasioni determinate.

Gli archi che potete sentire in ogni mio brano sono suonati da Salvatore Randazzo e Sunah Choi, sia nell’EP uscito a Novembre, “Proemio” che nell’ultimo singolo del quale abbiamo parlato.

Le tastiere, le linee melodiche del fagotto e l’inserimento dei sinth elettronici contenuti in Proemio, appartengono rispettivamente a Mario Guarnera, Gabriele Randazzo e Carlo Longo.

Le suggestive curve suggerite dalla lapsteel in “Promessa”, sono di Gaetano Santagati, con il quale conto di completare l’intero album d’esordio.

Gli inserti elettronici, le atmosfere ambientali, il tappeto pianistico che raccontano lo scenario di “Promessa”, sono state invece arrangiate assieme al Maestro Garofalo, con il quale collaboro per la realizzazione dell’intero progetto discografico.

C’è un progetto alla base di tutto ciò. Ci farebbe piacere conoscerlo.

Come anticipato sopra, l’obiettivo è la realizzazione del mio primo Album: “Atto I – Il Faro dei Perduti.”

Sarà il primo capitolo discografico che rifletterà il tema degli ultimi.

Il faro come paradigma di speranza nel deserto di un oceano; ovvero nell’oscurità sorda dell’indifferenza dei più. Chiunque si senta smarrito, dimenticato, privato di una sua identità naturale, spogliato della sua semplice esistenza, prega l’avvistamento di un faro da scorgere, durante ogni propria quotidiana tempesta, affinché possa orientare verso porti sicuri (metaforici ed espliciti).

Dopo quest’ultimo originale e stupendo lavoro, quali sono i tuoi programmi futuri?

Ribadisco, a parte l’uscita dell’album nei primi mesi del 2021, ho solo sorprese da dichiarare. Una che certamente potrebbe manifestersi nel mese di settembre, chissà…

Le altre sono ancora un mistero per me stesso.

Promessa, una canzone - di Cyrano a cura di Gianna Ferro
Carlo Festa – Cyrano

Grazie Carlo. Mi auguro che i tuoi “misteri” si palesino a noi il prima possibile. Che narrino storie d’amore e di umanità come hai fatto con “Promessa”, scavando un solco nel cuore di chi le ascolta.

Contatti: FACEBOOK  https://www.facebook.com/cyranopage/

INSTAGRAM https://www.instagram.com/carlo.festa.cyrano/

SPOTIFY https://open.spotify.com/artist/0GOeOe5wfLk3CJj0eAXB4V

Interviste

Notte insonne di CARLA MAGNONI

Notte insonne di Carla Magnoni su Amazon Music - Amazon.it

NOTTE INSONNE di CARLA  MAGNONI: una voce per le donne

intervista di GIOVANNA FERRO

   Con “Notte Insonne Carla Magnoni torna sulla scena musicale italiana dopo un lungo periodo di silenzio. Il singolo anticipa l’imminente nuovo album “Cento passi avanti” prodotto da Valter Sacripanti.

   Carla Magnoni, toscana di Chiusi, cantautrice, pianista, arrangiatrice ed autrice per sé e per altri, si dedica allo studio della musica classica sin da piccola, per poi passare allo studio del pianoforte moderno e armonia all’età di sedici anni.

   Scrive musica dall’età di undici anni e comincia a fare anche i primi arrangiamenti. Approfondisce gli studi in musica leggera, conseguendo diversi titoli importanti. Partecipa a vari contest, ma dal 2000 inizia ad avere i primi riconoscimenti in ambito musicale. Dal 2009 al 2018 è stata direttrice e arrangiatrice del gruppo vocale pop a cappella “SetteOttavi” con cui ha inciso due CD.

   Suona, oltre al pianoforte, chitarra e il sax contralto.

  Carla ha anche una laurea in Ingegneria ed ha lavorato presso una grande multinazionale, fino a quando la passione per la musica, suo primo amore, le fa abbandonare la professione per riprendere l’attività di cantautrice nel giugno del 2018.

Ed eccoci a Notte Insonne

“… è tutta colpa dell’amore

se mi sento un po’ distratta

dopo questa notte insonne

tutto sembra una disfatta…”

  Chi dopo una Notte Insonne non si sente un po’ folle, cullato dalla leggerezza, ubriacato di felicità e anche se fuori piove, dentro splende il sole. Una visione quasi fantastica dove la realtà diventa ingenuamente alterata.

   Uno stato che forse dovremmo portarci dentro più a lungo, lasciarlo sospeso per un po’, non solo dopo aver vissuto una notte magica d’amore.  

  Notte insonne è accompagnata da un videoclip diretto da AnimatorShama e dalla stessa Carla Magnoni, in cui animazione, ironia, ritmi diversi e voce portano una ventata di freschezza e di allegria.

   Ed è l’amore, nelle sue tante sfaccettature, che troveremo narrato in tutte le nove canzoni, scritte da Carla per il suo primo album “Cento passi avanti”.

  Brani arrangiati insieme a Valter Sacripanti, album in cui si annovera la presenza di musicisti di prestigio come Giuseppe Barbera, Giuseppe Tortora, Mario Gentili, Riccardo Ciaramellari, David Pieralisi e lo stesso Valter Sacripanti.

Conosciamola meglio Carla Magnoni:

  • Carla parlaci di te donna e della tua nascita artistica.

  Appartengo senza dubbio a quel genere di donna che ama le donne! Nel senso che ho sempre pensato che le donne non solo debbano avere gli stessi diritti e doveri degli uomini, ma che debbano anche essere trattate con profondo rispetto non fosse altro per quella capacità materna che le caratterizza. Con capacità materna non intendo solo la possibilità di mettere al mondo delle nuove vite, ma soprattutto quel sesto senso che le rende particolarmente empatiche, recettive e spesso protettive nei confronti degli altri.

Nella mia vita mi sono trovata sempre ad essere donna in mondi maschili, l’ingegneria è sicuramente un ambito maschile ma anche la musica lo è, soprattutto se parliamo di musicisti e non solamente di cantanti. Ho sofferto e ho lottato per vincere quel senso di diffidenza con cui iniziava un mio qualsiasi rapporto lavorativo (sia da ingegnere che da musicista) e ho capito che per avere 10 dovevo dimostrare di sapere 100… Comunque nell’album che uscirà a settembre ci sarà una canzone interamente dedicata alle donne.

La mia nascita artistica è avvenuta molto presto, così presto che non mi ricordo come sia avvenuto, nei miei primi ricordi di bambina già suonavo il pianoforte e già leggevo la musica. Mio nonno, che era un musicista, mi aveva messa a sedere sullo sgabello del piano appena aveva potuto. Ci aveva già provato con i suoi due figli e con i due primi nipoti senza successo, quando sono arrivata io non ci sperava più! Ho iniziato così, da bambina piccola, e non ho mai smesso.

   E’ stato difficile conciliare gli studi musicali con quelli universitari della facoltà di ingegneria?

  La facoltà di ingegneria non è proprio una passeggiata e ci sono stati dei periodi in cui purtroppo non lasciava tanto spazio alla musica, ma io ho sempre ripreso e ho sempre continuato a suonare nei locali anche perché questo mi permetteva di guadagnare qualcosa ed essere più indipendente dai miei genitori.

  Alla fine ha prevalso la musica: perché? Cosa vuoi trasmettere con le tue canzoni?

 
  Alla fine, dopo tanti anni di lotta fra il lavoro da ingegnere e la musica, ha vinto lei perché ho capito che si vive una volta sola e che la vita è breve, e che questa è realtà non una semplice frase fatta.

La musica per me è sempre stata una necessità e non farla mi provoca un profondo senso di vuoto e insoddisfazione. Con le mie canzoni cerco sempre di esprimere un concetto o raccontare una storia, qualcosa che comunque alla fine possa lasciare uno spunto di riflessione. Si può scrivere su tutto basta avere un punto di vista originale e trovare un risvolto che possa far pensare o semplicemente emozionare.

  – “Notte insonne” un singolo dopo tanto tempo. Come mai solo ora?

  Un mio caro amico buddista risponderebbe che le cose arrivano quando siamo pronti per accoglierle…. e forse, in questo caso, è andata così. Già nel 2001 avevo praticamente un album pronto che non ho mai fatto uscire ( e che a questo punto non vedrà mai la luce) perché in quel momento ho preferito scegliere altre strade. Questo album per nascere ha aspettato che Carla diventasse adulta, una donna matura in grado di affrontare e mettere in musica anche argomenti difficili, come potrete ascoltare quando l’album uscirà.

  Ascoltando il tuo singolo mi colpisce lo stile misto a ballata e ad accenni di samba, tu invece come lo definisci?

  L’arrangiamento si basa principalmente sulla sezione ritmica che è stata la prima (dopo il piano) ad essere realizzata dal grande batterista Valter Sacripanti (anche produttore artistico di tutto l’album). Su quelle tracce ritmiche e il pianoforte io e Valter abbiamo aggiunto basso, synth vari e fiati, volevamo dare la sensazione di qualcosa tra l’antico e lo sgangherato, con un po’ di sapore di circo e di gioia infantile.

 “Notte insonne” anticipa l’album “Cento passi avanti”, in cui ti avvali della collaborazione di tanti artisti. Cosa ti aspetti e ti auguri con l’uscita di questo nuovo lavoro?

  Si in effetti nell’album hanno suonato diversi grandi musicisti (Valter Sacripanti, David Pieralisi, Guseppe Tortora, Mario Gentili, Riccardo Ciaramellari, Giuseppe Barbera) e di questo sono molto orgogliosa, perché hanno accettato di mettere il loro nome vicino al mio su questo lavoro e per questo li ringrazio tanto.

Quello che mi auguro è che questo album arrivi al cuore di qualcuno e diventi il suo compagno di viaggio per un certo periodo di tempo, facendo da sottofondo per un po’ ad altre vite diverse dalla mia. Mi piacerebbe molto che un giorno qualcuno, risentendo il mio disco, possa associare a quelle canzoni dei ricordi propri, degli avvenimenti, dei pensieri, dei profumi legati ad un periodo della propria vita e si emozionasse come quando li ha vissuti.

Notte insonne di Carla Magnoni: una voce per le donne
Carla Magnoni

 Grazie Carla. Ci auguriamo che le tue canzoni raggiungano, soprattutto, il cuore delle donne  e che possano, attraverso le tue parole, trovare semplicità e leggerezza.

Contatti:

https://www.carlamagnoni.it/
https://www.facebook.com/carlamagnonimusica/
https://open.spotify.com/artist/7dlnawaSLZZ42NLFiGxFAV?si=YZIaxBG5T42Tvh6kGsiVXQ
https://youtu.be/j-yGux4T1vE

Interviste

Mondi Paralleli di DANIELA MASTRANDREA

Daniela Mastrandrea - Mondi Paralleli | SOund36 Magazine di Cultura  Musicale, Arti e Spettacolo

MONDI PARALLELI di Daniela Mastrandrea: emozioni in musica

di GIOVANNA FERRO

 Ognuno di noi possiede dentro di sé un bagaglio di pensieri, emozioni, abitudini, mondi diversi, che procedono parallelamente, ma che convergono verso la stessa direzione.

  Tutto ciò prende forma in Mondi paralleli di Daniela Mastrandrea, il suo quarto lavoro per pianoforte, un lavoro intimo, emozionale, alla continua scoperta di un mondo interiore che si manifesta attraverso la sua musica.

  Daniela Mastrandrea, nata nella meravigliosa Gravina in Puglia, piccolissima inizia lo studio del pianoforte e compone i suoi primi pezzi. Si diploma in pianoforte presso il Conservatorio di musica “Nino Rota” di Monopoli affiancando gli studi di composizione. Segue corsi di perfezionamento e master di interpretazione pianistica, duo pianistico e musica da camera.

  Vincitrice di diversi concorsi Internazionali di Composizione, i suoi brani e le sue orchestrazioni sono stati eseguiti da diverse orchestre e formazioni nel mondo.

Numerose le sue collaborazioni con artisti nazioni ed internazionali.

 Ha al suo attivo tre album, prettamente strumentali, dove raffinatezza e classicità fanno da tappeto alle note del suo pianoforte: il suo esordio Volo di gabbiani, che raccoglie musiche da lei composte tra gli 11 e i 18 anni; Fluide risonanze del 2016 e Lo specchio del 2018.

  L’uscita del quarto album della compositrice e pianista pugliese Mondi Paralleli viene anticipato dall’omonimo singolo e dal videoclip, pubblicato il 20 Marzo ideato e diretto da Domenica De Leonardis, girato nella sua città natale Gravina in Puglia, dove arte, storia e cultura hanno inevitabilmente influenzato la musica di Daniela Mastrandrea

  Una visione meravigliosa le immagini girate sul Ponte Madonna della Stella a Gravina, che vede la musicista suonare il pianoforte sospesa tra passato e presente.

https://www.youtube.com/watch?time_continue=11&v=AvJkSpz3o58&feature=emb_logo

“Mondi Paralleli rappresenta la dualità che da sempre mi abita, i miei opposti, due mondi paralleli in lotta tra loro. Viviamo in un mondo apparente e sotto la superficie si nascondono vari livelli di profondità. Io cerco di individuarli e portarli a galla di volta in volta. Non è semplice ma se si è in ascolto, tutto si rivela”.

 Così Daniela parla del suo ultimo lavoro.

 Un quadro i suoi brani, dove delicatezza, fragilità, forza, romanticismo, melanconia, si intrecciano in un’unica melodia. Un dipinto di Monét, uno spartito di Debussy, uno scritto poetico: a questo e ad altro ancora possono condurre le note, suonate dalle fluide dita di Daniela sulla tastiera del pianoforte.

 Tra stile classico e sprazzi di jazz, la musicista racconta il suo mondo interiore, le sue emozioni, ma anche la bellezza della sua terra.

 Sentimenti che non si possono scrivere, ma che solo la musica intima e raffinata di Daniela Mastrandrea riesce a trasmettere.

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Daniela Mastrandrea

Cultura al Femminile incontra Daniela Mastrandrea:

   Daniela parlaci un po’ di te come donna e di come il tuo percorso di studi classici, un diploma in pianoforte e lo studio della composizione, ti ha portato a quello che tu componi oggi.

  Ognuno di noi ha un’immagine di sé nella propria mente che trasmette all’esterno. Consciamente o inconsciamente siamo il riflesso della nostra mente, un prolungamento di essa. Cosa potrei dire di me come donna… sono abituata a pensarmi solo e soltanto con, per e nella musica. Non penso mai a cosa vuol dire essere donna perché in me vive ancora la bambina spensierata di un tempo con un solo e unico desiderio… scrivere musica! In merito a come è cambiata la mia scrittura musicale, invece, sicuramente il mio percorso di studi classici, un diploma in pianoforte e lo studio della composizione, hanno contribuito a creare quello che oggi scrivo, ma è altresì vero che, se la mia scrittura è cambiata, lo devo principalmente alla mia instancabile tenacia (non sarei al quarto album) ed alla sensibilità musicale ed emotiva che coltivo e cerco di affinare ogni giorno, attraverso ascolti e continui processi creativi di scrittura ma anche attraverso gli incontri, che sono il vero motore vitale della mia musica. È solo grazie a questo se la musica che scrivo è cambiata nel corso di questi anni.

  Che nome daresti al tuo genere musicale?

  Spesso la musica è così contaminata che è difficile racchiuderla in un solo genere. Quella sul web è solo una minima parte di tutto ciò che ho scritto fino ad oggi e chi mi conosce da vicino sa che scrivo davvero di tutto. Nel 2019 ho iniziato il progetto dal titolo “Quatto Singoli per le Quattro Stagioni”. Ho pubblicato quattro singoli volutamente differenti tra di loro, nello stile e nel genere, proprio per esprimere al meglio la mia versatilità. Da “Rendezvous”, una beguine allegra e vivace ricca di colori e strumenti, a “Claudine & Jean-Pierre”, un valzer parigino per violoncello e pianoforte, passando per “NUMA”, per pianoforte e orchestra d’archi, fino ad arrivare a “Sottovoce”, un brano per flicorno e pianoforte dalle sonorità un po’ jazz e dal colore e mood newyorkesi. Vi invito a vedere i videoclip di questi brani che mi hanno portata in alcune delle città più belle al mondo… Bari, Parigi, Venezia, New York!

 Quello del 2019 è stato un esperimento ben riuscito direi, visto i risultati raggiunti, tanto da pensare di mantenere “Quatto Singoli per le Quattro Stagioni” per i prossimi anni. La musica raccolta nei miei album la scelgo appositamente secondo una certa linea guida, un viaggio musicale unico per l’ascoltatore in ogni album. Se dovessi darle un nome, la chiamerei “classica”. Non la improvviso, la scrivo nota per nota. Linguaggio, fraseggio, ritmo, melodia e armonia sono di stile classico. Sì, spesso mi viene attribuita una certa affinità con le armonie jazz ma la realtà e che delle armonie che ad oggi vengono attribuite al jazz ne è piena la letteratura pianistica da Bach a Beethoven, Chopin, Ravel, Debussy e molti altri.

  Il contributo che ha dato e dà la Puglia in campo musicale è grandioso. Quanto c’è della tua terra, Gravina in Puglia, nella tua musica? Ci sono influenze di stili diversi, se sì, quali?

  La Puglia come istituzione nelle varie sue forme, ha dato e dà tanto s o l o ai suoi prescelti. Tutto ciò non mi ha mai fermata e non mi ferma. Io credo in un unico e grande contributo, quello che diamo a noi stessi a prescindere da ciò che abbiamo intorno e dal luogo che ci circonda. Della mia Gravina in Puglia c’è molto nella mia musica se si pensa che sono nata e cresciuta in una casa che affaccia sul famoso Ponte Romano Madonna della Stella. Il pianoforte era difronte a questa incantevole visione… come non lasciarsi ispirare! Ho sempre suonato di tutto da quella vista, da Keith Jarret ad Alan Parson, dai Dire Straits ai classici della letteratura pianistica che studiavo in quel momento. L’elenco è davvero lungo perché amavo molto leggere a prima vista e perciò ripercorrevo in lungo e in largo tutti i libri che avevo. Se vogliamo parlare di influenze… chi di noi non è influenzato da qualcosa o qualcuno? Impossibile non esserlo! Una cosa è certa… quando mi siedo al pianoforte per scrivere musica sono solo me stessa, non cerco di ricalcare un’idea o uno stile prestabilito… mi lascio semplicemente andare!

  Il tuo è un curriculum di tutto rispetto: molti premi come pianista, come compositrice, come arrangiatrice e tantissime collaborazioni con musicisti noti. Ma il ruolo in cui ti senti più te stessa qual è?

  Il curriculum è il percorso che facciamo, i passi che si snodano al raggiungimento della meta. Ho iniziato studiando pianoforte, non immaginavo minimamente che avrei potuto scrivere, poi ho iniziato a farlo ed ho capito che potevo davvero. E così, di volta in volta, esperienze generano nuove esperienze e ti fanno prendere consapevolezza di chi sei e cosa vuoi davvero. Mi piace molto stare al pianoforte e suonare la mia musica e quella di altri ma, ancor di più, mi piace immaginarla la musica… fissare il vuoto e captarla dal silenzio! Compositrice è il ruolo in cui mi sento più me stessa.

  Le tue musiche sono ispirate da componimenti scritti, da immagini o ti lasci guidare dall’istinto nel momento in cui componi?

Mi è capitato di scrivere su richiesta e quindi di dovermi necessariamente ispirare a scritti poetici o a immagini. Ricordo che una volta mi è stato chiesto di lasciarmi ispirare semplicemente dalla copertina di un libro, senza leggerlo, e di scrivere una composizione che sarebbe stata eseguita in prima assoluta per la presentazione del libro. È così nacque nel 2010 “Luci ed Ombre” (album “Fluide Risonanze”) ed il libro in questione era “Come piante tra i sassi” di Mariolina Venezia. Altri esempi di composizioni ispirate a poesie sono “Chiaro di luna” (album “Lo Specchio”) e “Danza Lenta” (album “Mondi Paralleli”), ispirate entrambe a componimenti poetici. Esempi come questi sono sporadici nella mia musica e, se pur ispirandomi a qualcosa, la tendenza è sempre a lasciarmi guidare dall’emozione del momento. Mi ascolto e mi lascio andare. Non mi piace che la mente prenda il sopravvento. Mi piace semplicemente stare a vedere dove la mia voce interiore mi porterà.

  Quali sono i “mondi paralleli” che coesistono dentro di te?

Dentro di noi c’è un universo che si muove fuori dal nostro controllo. Noi stessi siamo piccoli universi facente parte di un unico grande universo. Siamo molto più di ciò che immaginiamo ed è fuori di dubbio che in noi coesistono innumerevoli mondi. In quanto essere umani siamo volubili e vulnerabili e perciò instabili ed incostanti nell’umore e nel fronteggiare le situazioni più disparate della vita. Quello che ci da forza è la volontà, la tenacia ad andare avanti e a fare meglio. In queste mille contrasti, dubbi e domande che ci poniamo, che io stessa mi pongo, ho provato a descrivere musicalmente i mondi paralleli che coesistono dentro me e, credo, in noi tutti, che altro non sono che i nostri stati d’animo, le nostre sensazioni ed i nostri sentimenti in lotta tra loro, tra inconscio e ragione.

  Quali sono i tuoi programmi futuri, stai già lavorando ad un altro meraviglioso album?

Questa domanda è la più bella per me perché mi rende fiera ed orgogliosa del fatto che mi porto sempre avanti dal punto di vista della scrittura musicale. In effetti sì, “Mondi Paralleli” era in procinto di uscire ed io pensavo già ai miei prossimi brani con l’obiettivo di un nuovo album. E vi dirò di più, c’è un disco pronto dal 2013 al quale continuano ad antecedere album, al momento “Lo Specchio” e “Mondi Paralleli”.

Chissà se sarà il prossimo! Ha già il titolo… ma non lo sveliamo! I miei programmi e progetti futuri sono tanti e uno solo… scrivere!

Mondi Paralleli: il nuovo singolo di Daniela Mastrandrea
Daniela Mastrandrea

Nota Personale:

Daniela Mastrandrea ha composto anche dei brani singoli. Vi voglio segnalare l’ascolto di

Claudine & Jean-Pierre, per pianoforte e violoncello https://youtu.be/cRcKK2CAKe0